Quaranta minuti aspettando Goria di Massimo Gramellini

Quaranta minuti aspettando Goria Il neoministro delle Finanze arriva in ritardo, slitta la cerimonia del giuramento al Quirinale Quaranta minuti aspettando Goria Nino Cristofori s'è rotto un piede, arranca sulle stampelle Un giornalista a Ronchey: «La prossima volta tocca a noi» ROMA. Qual è il vero volto del nuovo governo? Quello sofferente di Nino Cristofori che va a giurare arrancando sulle stampelle, neoministro della Previdenza Sociale tanto imprevidente da rompersi un piede alla vigilia della promozione? O quello assente e imbronciato di Claudio Martelli, in silenzio per quasi tutta la cerimonia, lo sguardo che galleggia sui soffitti istoriati del Quirinale? 0 magari quello per nulla imbarazzato di Giovanni Goria, in ritardo di quaranta minuti e accolto al suo ingresso da un accenno di coro da stadio: «Ale ohò»? No, forse è proprio quello del presidente della Repubblica: un volto stanco e smagrito, come se Scalfaro si portasse addosso tutte le fatiche e i dolori di questo difficile parto governativo. Una fila di calzini grigi e, in mezzo, una poltrona vuota. E' l'immagine del salone delle Feste, alle sei e quaranta della sera. Seduti con la gamba destra accavallata, i ministri di Giuliano Amato aspettano da oltre mezz'ora di giurare fedeltà alla Repubblica italiana. Hanno in mano il cartoncino con la formula di rito e lo usano per farsi vento. A spiegare Yempasse c'è quella sedia rossa ancora sgombra: non si hanno notizie dell'inquilino, il nuovo ministro delle Finanze Giovanni Goria. In attesa dietro la porta chiusa, il novarese Scalfaro e il torinese Amato staranno discettando sul concetto di puntualità degli astigiani. Il vero colpevole risulterà poi essere l'aereo, che doveva decollare da Genova alle quattro e invece si è deciso a farlo soltanto un'ora dopo. I ministri fremono, arrostiti dalla luce dei lampadari e da quella ancor più rovente delle telecamere. Sono rimasti in piedi per un bel po', intenti a baciarsi e complimentarsi fra loro. Poi non hanno resistito più: il socialdemocratico Facchiano ha adocchiato la poltrona con il suo nome e ci si è seduto sopra. Uno dopo l'altro, lo hanno imitato tutti. Sì è seduto il social-radicale Carlo Ripa di Meana, con una cravatta verde elettrico, forse scelta da sua moglie. E, vicino a lui, in diretta dalle spiagge di Fregene, si è seduto il giornalista-ministro Alberto Ronchey, uno dei più eleganti e sicuramente il più abbronzato. Alla fine, dopo molte incertezze, si è seduto anche Raffaele Costa, il liberale ammazza-sprechi. Per lui, addirittura, un posto in prima fila. L'arrivo trafelato di Goria interrompe i silenzi di Martelli e le chiacchiere di Ronchey, che dà retta un po' a Ripa di Meana e un po' alla Boniver, ma non disdegna un breve intermezzo serioso con il neoministro del Tesoro, l'occhialuto e impassibile Piero Barucci. Eccoci: preceduti dai corazzieri, entrano Scalfaro e Amato e vanno a mettersi in piedi, dietro la scrivania: sembrano il preside e il suo professore di fiducia. La scolaresca dei ministri si irrigidisce sull'attenti. Poi comincia l'appello e men- tre Facchiano, il primo dei chiamati, si avvicina un po' emozionato alla cattedra, gli altri si tuffano sul foglietto del giuramento, che fino a un attimo prima aveva svolto egregiamente la funzione di ventaglio. Il più agitato è Costa, che recita la formula con voce rattrappita. I più rilassati, i socialisti: dal veterano Martelli all'esordiente Andò, scandiscono le parole con tono chiaro e volume alto. Barucci, invece, più che parlare sussurra, quasi Scalfaro fosse davvero un confessore. Lo riscatta Guarino, il cui «Giuro!» sale stentoreo e irresistibile. Cristofori ha l'handicap delle stampelle e finisce proprio come a scuola: con gli altri ministri che ridacchiano alle sue spalle e il preside Scalfaro che lo accoglie con un sorriso largo e paterno, imitato da quello a tutte gengive di Giuliano Amato. Ronchey arriva quasi alla fine: camminata agile, mentre dal fondo della sala un giornalista grida: «La prossima volta tocca a noi!». Inizio difficile, ma dopo tre parole è già a suo agio e pronuncia le ultime sillabe come se fossero le cifre del disavanzo del bilancio: stessa gravità professorale. Siamo alla foto di gruppo, con Martelli che si nasconde in terza fila e Scalfaro che vuole accanto a sè il tailleur sabbia di Margherita Boniver e quello blu della Russo Jervolino, le due uniche donne del governo. Scalfaro stringe mille mani e a tutti sorride e dice «auguri». Ma a Ronchey aggiunge: «La sua nomina mi ha fatto veramente piacere». Se ne va prima che in sala irrompano l'immancabile Gigi Marzullo e il figlio dell'andreottiano Vitalone, che il papà sta presentando a tutti i colleghi: «Questo, vedi, è il ministro dell'Interno». Mancino si gira e gli allunga una pacca distratta sulla spalla. Al portone, i carabinieri fanno il saluto militare al nuovo ministro della Difesa Salvo Andò, che sta parlando dentro un telefonino. Viva l'Italia. Massimo Gramellini Per Scalfaro foto di gruppo con le signore Boniver e Jervolino Da destra: Giovanni Goria (Finanze) e Ferdinando Facchiano (Protezione Civile) Sopra: Claudio Martelli riconfermato alla Giustizia A sinistra Salvo Andò (psi) nuovo ministro della Difesa

Luoghi citati: Genova, Italia, Meana, Roma