1992, fuga dal lavoro e corsa alla pensione di Gian Carlo Fossi

1992, fuga dal lavoro e corsa alla pensione MANOVRA ECONOMICA & SOCIETÀ' Scuola, sanità, enti locali, ministeri: raddoppiato il ritmo dei pensionamenti, oltre 300 mila richieste 1992, fuga dal lavoro e corsa alla pensione La paura della stangata fa scattare un maxi-esodo volontario ROMA. E' ormai una corsa folle verso la pensione. Voci allarmistiche, quanto ingiustificate, sul ricorso a decreti-legge per tagliare i migliori trattamenti hanno suscitato preoccupazioni e disorientamento fra milioni di lavoratori privati e pubblici. I sindacati, i patronati, i giornali sono sotto il fuoco di fila di telefonate, telegrammi e lettere che sollecitano chiarimenti, chiedono consigli di fronte a quella che viene vissuta dagli interessati come un'«emergenza». E, soprattutto nel settore pubblico, sono cominciate ad arrivare valanghe di domande per il pensionamento anticipato, favorite dal fatto che esse non costituiscono (come, invece, avviene nel privato) una scelta definitiva, ma una sorta di prenotazione per la pensione nell'eventualità che le cose volgano al peggio. Scuola, sanità, enti locali, ministeri, parastato, poste e altre aziende autonome, università: una parte consistente del personale si sta ponendo il problema se sia conveniente o meno, in rapporto alle proprie condizioni economiche e familiari, di lasciare il servizio anche con parecchi anni di anticipo piuttosto che inciampare in nonne restrittive. Ma, anche nel settore privato, dove non esistono le «pensioni-baby», non pochi lavoratori con 57 o 58 anni di età se uo¬ mini, 52 o 53 se donne, mordono il freno in vista del paventato innalzamento dell'età pensionabile a 65 anni. Manca una «mappa» delle fughe dal lavoro, ma le prime valutazioni indicano un raddoppio del «trend» degli ultimi anni nella scuola, nella sanità, negli enti locali e nei ministeri. Solo nella scuola si parla di 60-70 mila persone, concentrate nell'istruzione secondaria superiore e nella materna. In totale, fra i vari settori, si azzarda un'ipotesi di 150 mila unità, alla quale si aggiunge quella del settore privato (lavoro dipendente e autonomo). L'Inps denuncia nel primo quadrimestre l'arrivo di ben 287 mila domande di pensioni di anzianità (35 anni di contributi, indipendentemente dall'età), oltre a 25 mila prepensionamenti da smaltire entro l'autunno. La maggior parte delle pensioni di anzianità sono richieste dai coltivatori diretti, che dal '92 conseguono questo diritto e per il prossimo anno si preannuncia un'ondata di richieste degli artigiani e subito dopo dei commercianti. E' un'emorragia per i bilanci della previdenza italiana, che assumerebbe proporzioni drammatiche se l'allarme, per adesso ingiustificato, dovesse invece trovare conferma in decisioni avventate. «Se dovessero essere modificate le attuali norme senza le necessarie cautele - afferma un esperto della Cgil-scuola - si potrebbe avere un esodo in massa nel pubblico impiego. Più di un milione di dipendenti abbandonerebbero il servizio, con grave danno anche per il funzionamento delle amministrazioni». Ma è giustificata la paura di un colpo di mano? «Amato l'ha escluso in modo tassativo», replica Giuliano Cazzola (Cgil), autore di un libro-inchiesta su «La fabbrica delle pensioni». Aggiunge: «Su una materia così delicata, non si può neppure pensare lontanamente a decreti leggi. Certo, il sistema previdenziale è alle corde e bisogna pur disporre misure per la salvaguardia degli stessi interessi dei lavoratori nel futuro, ma tutto deve essere discusso e concordato, e soprattutto attuato con la tutela dei diritti acquisiti e con gradualità. Quindi, a mio avviso, è da deplorare l'alternarsi di voci allarmistiche. Nello stesso tempo, però, non posso condividere decisioni prese in modo avventato, senza rendersi conto di cosa può succedere in realtà». Il rischio maggiore, è chiaro, riguarda le pensioni-baby, cioè quelle che un dipendente pubblico può ottenere con 15 anni di anzianità se donna coniugata o 20 anni se uomo (20 e 25 anni per gli enti locali) senza alcun tetto di età, cioè pure soltanto a 35 o 40 anni. Saranno le prime a saltare nel quadro di un riordinamento generale tendente ad unificare le principali regole tra privato e pubblico, e di conseguenza a ridurre progressivamente gli oneri. Il progetto del ministro Marini, che sicuramente costituirà la base per la riforma del nuovo governo, prevede l'estensione a tutti i lavoratori, privati e pubblici, del diritto a chiedere la pensione di anzianità con 35 anni di contribuzione. Il tutto con un meccanismo di gradualità che salvaguarda, in misura esattamente propurzio- naie, le anzianità maturate prima dell'entrata in vigore della riforma. Inoltre, si escludono dalle nuove norme i lavoratori che, avendo già maturato i requisiti minimi (15 e 20 anni nello Stato e 20 e 25 anni negli enti locali) abbiano acquisito il diritto di usufruire di più favorevoli forme di pensionamento anticipato. Così pure c'è una larga fascia di lavoratori privati e pubblici che non hanno nulla da temere da un eventuale innalzamento obbligatorio dell'età pensionabile fino a 65 anni. In ogni caso, infatti, a difesa delle aspettative dei lavoratori collocati nelle fasce di età più vicine al pensionamento di vecchiaia, l'età pensionabile resterà ferma a 60 anni per gli uomini e a 55 per le donne, per i dipendenti che, al momento dell'attuazione della riforma, abbiano già compiuto rispettivamente 57 anni e 52 anni. Per quanto riguarda, poi, altre restrizioni ipotizzate nel progetto Marini vi è uno spartiacque tra il vecchio e il nuovo sistema: chi lascerà il lavoro, ad esempio, tra 10 anni con 40 anni di contribuzione, si vedrà calcolare la sua pensione con le vecchie norme per tutti gli anni fino al momento della riforma (30 o 31 anni) e con le nuove per il rimanente periodo. Anche dovesse andare avanti la proposta del presidente designato Amato di affidare al governo una delega legislativa per l'attuazione del nuovo sistema previdenziale, non va sottovalutato il fatto che il disegno di legge delega dovrà essere approvato dal Parlamento sulla base di criteri precisi soprattutto in merito ai punti qualificanti, ma anche più scottanti. Ci sarà così il tempo per riflettere e prendere decisioni meditate, non semplicemente sotto la spinta dell'emotività. Tanto più che, è sicuro, non spira aria di colpi di mano. Gian Carlo Fossi INPS IN ROSSO FISSO IMPORTI IN MILIARDI DI LIRE Il ministro del Lavoro Franco Marini

Persone citate: Franco Marini, Giuliano Cazzola

Luoghi citati: Roma