«Quel pamphlet è mio non di Longanesi»

«Quel pamphlet è mio non di Longanesi» Parla un autore della «Famiglia De Paolis»: così spingemmo al voto l'Italia del '48 «Quel pamphlet è mio non di Longanesi» I NDRO Montanelli, polemizzando con Silvio Lanaro, autore di Storia dell'Italia repubblicana, viene a discorrere tra l'altro dell'opuscolo intitolato Non votò la Famiglia De Paolis. Lettere scritte domani, attribuendone la sola paternità a Uguccione di Sorbello {La Stampa, 19 giugno). In realtà quel pamphlet, che ebbe grande successo nell'imminenza delle elezioni del 18 aprile 1948, fu scritto a quattro mani da Uguccione e da me. Vale forse la pena ricordarne la storia. L'ispirazione non era nuova; riprendeva quella di Adresse Unbekannt (Indirizzo sconosciuto), un libro apparso in Germania, che ricordava la storia di una famiglia ebraica tedesca perseguitata e distrutta dai nazisti. Il nostro era un breve romanzo epistolare. Un certo professor De Paolis, asfissiato dalla propaganda elettorale, preferisce non votare il 18 aprile. Con la famiglia se ne va a fare una gita in campagna, voto più voto meno che conta? Ci penseranno gli altri a salvarlo dai comunisti. Succede però che molti altri De Paolis fanno lo stesso ragionamento. La percentuale dei votanti risulta bassa; ma i comunisti sono andati tutti alle urne, e insieme coi socialisti raggiungono la maggioranza. Da quel momento comincia il massacro degli «utili idioti» e la conquista del potere assoluto da parte dei comunisti. Quello che succede in Italia viene raccontato dal professor De Paolis ad un congiunto che vive in Venezuela, e questi gli risponde sempre più allarmato. Ma il regime incalza, la famiglia del professore viene perseguitata, sicché un'ultima lettera da Caracas, che implora per avere notizie, non avrà più risposta. La lettera ritorna al mittente con la sovrapposizione «indirizzo sconosciuto». In conclusione l'opuscolo, dopo avere descritto agli italiani quale sarebbe stata la loro vita in un re- girne comunista, invogliava gli elettori a votare rimandando la gita in campagna ad altra epoca. La breve ma agghiacciante storia, che apparve poi sotto il titolo Non votò la Famiglia De Paolis, fu scritta parte davanti ad una platea di amici che assistevano allo scontro, spesso vi¬ vace, dei due autori. Fra i più interessati al parto, o alla nascita di quel pezzo a quattro mani, erano Ivan Matteo Lombardo, i colleghi giornalisti Nanni Fontana, Dino Terra e George Bri a dell'Associated Press. Quando il testo fu pronto, si trattò di diffonderlo. Con chi trattiamo? Ci chiedemmo. Ma Sorbello, che era assolutamente i sprovvisto di senso pratico, si eclissò. Lui era l'atto puro, non conosceva l'arte del negoziare. E quando ci si metteva, creava guai senza fine. Quindi, il compito spettava a me. Innanzitutto, coi socialdemocratici era inutile perdere tempo, non erano attrezzati per un tale lavoro. Infognarsi nell'Ufficio propa-; ganda della de, assediato dai scrittori, pittori, cartellonisti,; persuasori occulti, negromanti e così via, era un'impresa da scartare. Infine decisi di chiedere udienza a Giulio Andreotti. Questi lesse il testo in meno di mezz'ora e decise all'istante: «Lo prendiamo». Chiamò Umberto del Ciglio, che era da sempre il più vicino collaboratore, e lo incaricò di passare alla fase esecutiva. ; In un baleno (o santa efficienza di una volta, dove sei finita?) fu deciso che l'editore Longanesi avrebbe stampato la ; Famiglia per conto della demo- ; crazia cristiana, che ne preno-1 tava 250 mila copie. Gli autori percepirono il modesto com-i penso totale di 200 mila lire. Ma siccome ih quell'epoca io ero collaboratore dell'Europeo,, portai il testo atì Arrigo Benedetti chiedendogli se sarebbe1 stato disposto à pubblicarlo anche sul settimanale. Benedetti esitò, chiese di pensarci. Ma io avevo bisogno di una risposta immediata, e capii che lui non me l'avrebbe data. Il momento era molto caldo e a Milano i ricchi avevano già trasferito beni o famiglie in Svizzera; può darsi che le esitazioni di Benedetti fossero in parte giustificate. Ma 10 capii che la mia amicizia con un direttore che pure mi aveva insegnato tante cose era finita. Dalla sede dell'Europeo corsi direttamente a quella di Oggi e invitai Edilio Rusconi a leggere 11 manoscritto. Rusconi accettò subito, e anzi per l'occasione incrementò la tiratura di Oggi. Da quel momento io presi ad apprezzare il piccolo Edilio, e divenni collaboratore del suo settimanale. Intanto Longanesi aveva indovinato una bellissima copertina e stampava le copie dell'opuscolo in una tipografia presidiata dalla polizia. Infatti, come mi dichiarò poi Gian Carlo Pajetta al ristorante Re degli Amici, un compagno tipografo aveva portato le prime bozze della De Paolis alla direzione del partito, chiedendo che cosa dovessero fare «con quella roba». Ma proprio in quei giorni era terminato uno sciopero dei tipografi, e non se ne poteva proclamare un altro, senza danneggiare la stessa stampa del partito. «Sei fortunato», mi disse Pajetta guardandomi male. Donato Martucci «La de ne prenotò 250 mila copie. Lo pubblicammo anche su Oggi: Benedetti disse no per l'Europeo» j| § Leo Longanesi, cui lo storico Silvio Lanaro attribuisce, smentito da Montanelli, la paternità del racconto pubblicato anonimo nel '48 Sopra, un manifesto della de: la storia della famiglia De Paolis era un apologo sulle conseguenze spaventose dell'astensionismo

Luoghi citati: Caracas, Germania, Italia, Milano, Svizzera, Venezuela