Su Maastricht Kohl scopre il Major-pensiero

Su Maastricht Kohl scopre il Major-pensiero Su Maastricht Kohl scopre il Major-pensiero Vertice dei Dodici a Lisbona, anche Bonn contro il superstato LISBONA DAL NOSTRO INVIATO Il moloch deve cadere: per andare avanti l'Europa deve guardarsi indietro, riconoscere i suoi errori e correggerli. A parlare di moloch è il cancelliere tedesco Helmut Kohl: pensa al ruolo mostruoso, da «superstato», che svolge la commissione e - quasi allineandosi al pragmatismo di John Major - recita la lezione danese. Non basta pensare alle nuove risorse finanziarie o all'allargamento della Cee, i due temi al centro del vertice con cui l'Europa si è riavviata dopo il no di Copenaghen: bisogna sottoporre a un profondo esame tutte le norme europee che tengono in vita il moloch. Ecco allora, fra le decisioni di Lisbona, un capitoletto dal titolo innocuo - «Un'unione vicina ai cittadini» - che nasconde invece la vera rivoluzione della Cee in questo momento di crisi: l'impegno a rivedere e modifi¬ care tutte le norme comunitarie ritenute superflue, lesive delle identità e delle sovranità nazionali. «Tutto quello che potrà essere cancellato - dice raggiante Major - dovrà esserlo». E' l'attuazione del principio di sussidiarietà: quello «strano animale», come l'ha definito il presidente della Commissione Cee Jacques Delors, che gli eurocrati hanno inventato per indicare l'opportunità di adottare norme comunitarie soltanto quando un problema non può essere adeguatamente risolto a livello nazionale. Kohl è stato un inatteso alfiere in quella nuova ricerca di trasparenza e realismo cui Delors si era piegato per salvare il suo ruolo europeo e sbloccare le riserve britanniche sulla sua riconferma. «Lo sviluppo armonico - ha detto il cancelliere - dipende dalla stretta applicazione del principio di sussidiarietà da parte di tutte le istituzioni». E ha citato, a esempio della «demenza centralizzante» della Cee, la normativa sui giocattoli. La Commissione si è così impegnata, in futuro, a «giustificare la pertinenza di ogni sua iniziativa al principio di sussidiarietà». E così dovranno fare i ministri dei Dodici, ogni volta che vorranno modificare una proposta di Bruxelles. Ma per il vertice Cee di dicembre, quando i capi di governo dovranno riprendere e finalizzare tutte le idee incompiute di Lisbona, sarà elaborato un rapporto per il riesame - in chiave di sussidiarietà - delle norme dei passato. «Vogliamo uscire dal vertice - ha detto ieri Delors rassicurando gli europei che quest'Europa è per loro, non contro di loro». Ma tutto serve per rilanciare l'Europa. A parole i Dodici hanno offerto ieri uno show di compattezza. Kohl ha parlato di una «tappa intermedia» dopo le decisioni di Maastricht, di «una marcia non rallentata ma accelera¬ ta». Il cancelliere, e con lui gli altri leader, hannp ripetuto che il trattato per l'unione politica e monetaria non si tocca, ma che «la porta resta aperta per la Danimarca». E Andreotti ha ripetuto che la ratifica di Maastricht, «anche se non si è in Dodici», deve assicurare in ogni caso l'entrata in vigore del trattato dal 1° gennaio: «Undici Paesi vanno avanti e chiedono alla Danimarca di tenerne conto». La ratifica di Maastricht - e questa è stata una sconfitta inglese - condiziona anche l'avvio del negoziato con i Paesi dell'Erta (Svezia, Austria, Svizzera e Finlandia) che hanno già bussato alla porta di Bruxelles. Più tiepide invece le espressioni di disponibilità per Cipro e Malta, quasi fredde quelle per la Turchia. Ma per quanto riguarda l'Efta la subordinazione alla ratifica è una condizione precisa, come l'approvazione del «pacchetto» sulle risorse comunitarie che è emerso a Lisbona come un mezzo fallimento. Su quel progetto, che fa paura anche all'Italia perché significherebbe un più gravoso impegno per il nostro Paese, non c'è stato accordo e Delors è stato costretto a ritirare la sua proposta di compromesso, che prevedeva di fare slittare il nuovo sistema su 7 anni. Delors lo ha fatto per le pressioni della Spagna, che insisteva per la rapida applicazione del nuovo regime; ma a Gran Bretagna e Germania si è dovuta fare un'altra concessione: eliminare l'impegno a un raddoppio - voluto proprio dalla Spagna - dei fondi strutturali Cee, che saranno invece «adeguati». Sono i bizantinismi della Cee; ma dietro quello scontro, che ha fatto concludere il vertice con qualche ora di ritardo, si intravedono contrasti difficili da eliminare prima di dicembre, quando la Cee dovrà davvero fare un passo in avanti. [f.gal.]