Pete Seeger canzoni in carcere
Pete Seeger canzoni in carcereAl Ferrante Aporti Pete Seeger «Let the midnight special shine its light on me» - fa' che il treno di mezzanotte mi illumini...Pete Seeger smette di cantare, e spiega: «Questa canzone parla di una leggenda dei carcerati americani: se la luce di un treno filtra attraverso le sbarre e ti raggiunge, significa che presto potrai andartene». Risolini tra il pubblico. Vicino al Ferrante Aporti non passano treni, quindi non c'è da contarci sulle leggende. Però la musica è bella, e ì ragazzi del carcere minorile sembrano discretamente interessati a questo strano vecchietto allampanato, che è venuto a suonare per loro. Certo, sono ancor più interessati alla statuaria vocalist di colore Ranzie Mensah, che ieri pomeriggio ha fatto da interprete al settantatreenne Pete Seeger. Seeger è il padre nobile della canzone di protesta americana, il maestro di Bob Dylan: «una leggenda per quelli della nostra età» dice il direttore. E i ragazzi del carcere stanno seduti li, una trentina, nello stanzone che hanno decorato con murales dove si vedono catene spezzate e muri in rovina. Seeger canta, accompagnandosi con il banjo, vecchie canzoni che questi ragazzi, nella loro breve vita difficile, non hanno ascoltato mai. Canzoni che parlano di lotte per un mondo migliore. I volontari dell'Arci - che lavorano con l'assessorato alla Gioventù per portare dentro al carcere qualche briciola della vita «normale» - ogni tanto convincono i musicisti di passaggio a Torino a visitare i ragazzi. E' venuto Baglioni, ed è venuta Miriam Makeba. Adesso c'è Pete Seeger, che domani canterà allo Stadio Comunale. D'accordo, da noi non è famoso come Baglioni e ai ragazzi non fa lo stesso effetto. Però ascoltano. Qualcuno ridacchia, qualcuno ostenta indifferenza per mostrarsi duro. Ma alla fine sono in tanti a circondarlo, a chiedergli di lui, della sua storia. E a raccontare la loro. «Siamo zingari» gli dicono tre con gli occhi nerissimi. «Zingari? Ma lo sapete che siete stati voi a portare la chitarra in Europa, dall'Asia, settecento anni fa?». Loro si pavoneggiano. E uno dice al sorvegliante: «Abbiamo fatto delle cose importanti, visto? Dovreste lasciarci andare». «Spero di tornare a Torino, - saluta Seeger. - Spero di rivedervi presto». Applauso. «Beh, non necessariamente qui», aggiunge. Applausone. [g.Ter.]
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