Freni inglesi per il treno dei Dodici di Aldo Rizzo

Con le dita incrociate viaggiando nel '93 r DOPO COPENAGH1 1 Con le dita incrociate viaggiando nel '93 LISBONA A Maastricht a Lisbona via Copenaghen. Il «no» danese al Trattato per l'Unione europea pesa su questo vertice in Portogallo, anche se la parola d'ordine è che si va avanti come prima, tutti gli altri pronti a ratificare, e solo dopo si riparlerà della Danimarca. Ma il clima è cambiato, il grande sospiro di sollievo per il «sì» dell'Irlanda si è presto esaurito di fronte alla mole dei problemi incombenti. Nella stessa Maastricht l'atmosfera non era granché. Il vertice finì a notte fonda dopo un negoziato estenuante, soprattutto con gli inglesi, che firmarono solo con la riserva di potersi chiamare fuori, eventualmente, dall'Unione economica e monetaria, oltre che dalla legislazione sociale comune. Però era stato compiuto un grosso passo avanti e si fidava sull'irreversibilità del processo europeo. Ciò alla fine ebbe ragione della grande stanchezza. Ora, nonostante l'ottimismo ufficiale, il timore è che si sia fatta tanta fatica per niente, che si deb"ba riconiinciare daccapo' E' un timore certamente eccessivo. L'Europa in qualche modo andrà avanti. Ma i fattori d'incertezza sono oggettivamente aumentati. Basti pensare al referendum francese, in programma a settembre. Andrà bene, ma... tutti tengono le dita incrociate. E intanto si sviluppa l'esame di coscienza. Dov'è che si è sbagliato? Perché le opinioni pubbliche sono svogliate? La risposta più diffusa è che la costruzione europea si è fatta col tempo troppo burocratica, distante dagli interessi della gente, a volte inutilmente mortificante per le identità nazionali. Per cui sburocratizzazione, decentramento, «sussidiarietà» (cioè primato, finché è possibile, delle leggi dei singoli Stati). Il problema è fissare il limite tra un legittimo ripensamento e un riaffiorare degli egoismi nazionali. Ed è poco rassicurante che a farsi portavoce dei nuovi sentimenti europei sia la Gran Bretagna, che avrà la presidenza co¬ munitaria nei prossimi sei mesi. E' in questo clima che si è decisa la conferma di Jacques Delors alla testa della Commissione di Bruxelles, per altri due anni. Delors ha grandissimi meriti nella costruzione europea. E' uno dei padri del Mercato unico, che prende l'avvìo il 10 gennaio 1993. Ed è suo lo schema dell'Unione economica e monetaria, discusso per anni dai governi e infine approvato a Maastricht. Per essere incisivo ha però rafforzato (o forzato?) i poteri o almeno i toni della Commissione, cioè del braccio esecutivo della Cee, e perciò è apparso, a un certo punto, nell'occhio del ciclone. I soliti inglesi, in particolare, non lo hanno mai amato. Anzi. E così anche Delors ha fatto la sua autocritica e ha promesso un nuovo modo di essere della Comunità. Più che giusto. Ma sarebbe assurdo fare della Commissione la responsabile della battuta d'arresto dello spirito europeo, una specie di capro espiatorio. Senza la tenacia dell'esecutivo, e di Delors, forse non sarebbe bastata la buona volontà di alcuni governi, pur importanti. Oggi il vertice si chiude, dopo le discussioni sul nuovo bilancio finanziario della Comunità e sulla possibile adesione di nuovi Paesi (il cosiddetto «allargamento»). Un problema, questo secondo, particolarmente delicato, quando sono ancora indefinite, in qualche misura, le prospettive dell'integrazione e le regole decisionali tra i vecchi membri. Ma ci sono anche le questioni politiche, di politica estera, prima fra tutte la Jugoslavia. La Cee vuole andare avanti, nonostante tutto, ma deve farsi coraggio. Aldo Rizzo ao^J

Persone citate: Delors, Jacques Delors

Luoghi citati: Bruxelles, Danimarca, Europa, Gran Bretagna, Irlanda, Jugoslavia, Lisbona, Portogallo