Nasce all'ombra del Quirinale la «rivoluzione» di Forlani

Nasce all'ombra del Quirinale la «rivoluzione» di Forlani Nasce all'ombra del Quirinale la «rivoluzione» di Forlani RETROSCENA IL RUOLO DI SCALFARO E DE MITA \m ROMA ™ nata su quel canale riservato che collega da un mese nuovamente il Quirinale del «dopo-Cossiga» con piazza del Gesù: Arnaldo Forlani ne è stato l'ideatore, Ciriaco De Mita il motore e Oscar Luigi Scalfaro l'alleato. E' morta a Villa Madama in un colloquio tra un segretario della de il più possibile dialogante, un Giuliano Amato perplesso e un Bettino Craxi indispettito. Ma forse risusciterà nella de, per far fuori dal governo i ministri «scomodi»: da Giulio Andreotti a Carlo Bernini, da Gianni Prandini a Remo Gaspari, e così via. Un fatto comunque è certo, la proposta avanzata nei panni di «consulente» di Amato da Forlani, cioè l'incompatibilità tra mandato parlamentare e incarico di goverr.o, è stata un colpo da maestro: nel giro di una nottata il segretario della de dimissionario ha posto le condizioni per rendere il rinnovamento della compagine governativa democristiana meno traumatico e, contemporaneamente, ha ripulito, per quel che era possibile, l'immagine di un partito sul banco degli imputati per la questione morale. Eppure l'altra sera la sortita di Forlani era giunta inaspettata nella direzione de. Il dibattito era stato abbastanza generico e nessuno aveva avuto il coraggio di avanzare le due proposte che nei giorni precedenti erano state ipotizzate per cambiare radicalmente la delegazione de al governo facendo fuori lo stesso Andreotti (1'«azzeramento» dei ministri de presenti nell'ultimo governo o un criterio che fissasse un tetto di cinque anni consecutivi di permanenza ministeriale). Verso la fine, però, Bruno Tabacci, un demitiano di ferro, ha ventilato l'ipotesi dell'«incompatibilità» tra ministri e parlamentari. Forlani, con il solito «savoir faire», l'ha ripresa nella replica disorientando tutti i presenti. E De Mita l'ha appoggiata con forza. Così, come avviene ogni tanto, il patto di San Ginesio, cioè l'antica alleanza che tanti anni fa unì il giovane Forlani al giovane De Mita, l'altro ieri è tornato a funzionare scombussolando i programmi di una crisi di governo avviata a soluzione nel rispetto delle vecchie liturgie. Un vero imprevisto che ha fatto fare buon viso e cattivo gioco a tanti de, ha mandato sui nervi gli alleati del quadripartito e ha spiazzato vecchie volpi come Marco Pannella e esperti di «svolte» come Achille Occhetto. L'iniziativa di Forlani ha soprattutto creato una strana atmosfera nella de. Nessuno se l'è sentita di sparare contro quell'idea, a cominciare dalle possibili vittime dell'operazione. «L'hanno fatta - ha detto il ministro dei Trasporti Carlo Bernini, con l'aria di chi vuole mostrare a tutti di essere tranquillo - per far fuori Andreotti, nessuno me lo leverà dalla testa». E un linguaggio diplomatico ha usato anche un altro ministro che molti danno per «non riconfermato», Gianni Prandini: «Sono sostanzialmente d'accordo ha spiegato - ma deve valere per tutti, anche per i capicorrente». Poi i vari personaggi del partito hanno cominciato a farsi i conti, tentando di rispondere ad un interrogativo: vale più un mandato parlamentare o un ministero? «Questo è un governo che durerà un anno e mezzo - è stata la valutazione di Bonferroni, grande amico di Prandini - e difficilmente ce ne sarà un altro in questa legislatura, per cui molta gente si dimetterà per fare il ministro e tra questi vedo proprio Prandini e Bernini». Un altro che si è candidato subito alle «dimissioni per un ministero» è stato il sottosegretario Romeo Ricciuti, che da dieci anni soffre il veto del conterraneo Remo Gaspari sul suo approdo ad un posto al sole nel governo: «In politica - ha sentenziato - bisogna saper rischiare». Mentre c'è stato anche chi si è prenotato per un ritorno alle antiche usanze: «La trovata di Forlani - ha spiegato Ugo Grippo - se la capisco bene è geniale: adesso mandiamo al governo i "tecnocrati", i direttori generali dei ministeri, gli facciamo fare una manovra lacrime e sangue, eppoi li cacciamo via al grido "maledetti tecnici"». Di tutt'altro tipo la reazione socialista. Il vertice del psi ha sentito subito puzza di bruciato nella proposta democristiana. Eppoi quell'inedito trio Forlani-De Mita-Scalfaro con l'appoggio di La Malfa gli ha dato impressione che tutto fosse un imbroglio. «E' tutta una presa per il sedere», è stata la reazione di primo mattino del capo della segreteria Gennaro Acquaviva. E il sospetto è endato via via aumentando nel corso della giornata: «Forse è nata ha spiegato a una cert'ora Claudio Martelli - da un tentativo di risolvere i problemi interni della de, ma nessuno ci toghe dalla testa che questa storia è uscita fuori all'improvviso proprio per ostacolare il tentativo di Amato e ritirar fuori l'ipotesi del solito monocolore de». Così quando Forlani e Craxi si sono affrontati davanti ad Amato a Villa Madama la sorte della proposta era già segnata. «Non vogliamo creare problemi ad Amato - ha cercato di spiegare Forlani - anzi, in questo modo lui sarebbe più Ubero nella scelta dei ministri. Comunque, se voi non ci state noi abbiamo intenzione di applicarla lo stesso come regola interna della de». Ma Craxi non ha fatto neanche una piega nel dire il suo «no»: «L'idea - ha detto - è interessante, c'è da studiarla, solo che potevate avanzarla prima e non mentre Amato è in corsa. Eppoi non mi sembra che liberali e socialdemocratici ne siano entusiasti». Così, alla fine la de si è ritrovata sola: da un punto di vista questa è la condizione migliore per guadagnare sul piano dell'immagine; dall'altro sarà sicuramente più difficile per Forlani e De Mita, adesso, far ingoiare ai ministri democristiani l'amara medicina. Comunque, nel vertice di ieri sera a casa di Antonio Gava i vecchi capi del partito, escluso Andreotti, hanno deciso di tentare lo stesso: probabilmente questa è l'unica strada per dimostrare che nella de il «vero rinnovamento» (sono parole di De Mita) possono farlo soltanto loro. Augusto MEnzolini Nessuno si oppone nella de Ma tutti fanno già i conti Vale di più un ministero o un mandato parlamentare? Il presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro (qui accanto) A destra il segretario del psi Bettino Craxi A sinistra il presidente del Consiglio incaricato Giuliano Amato

Luoghi citati: Roma, San Ginesio