Di Pietro fa cadere altre teste di Fabio Poletti
Di Pietro fa cadere altre teste Di Pietro fa cadere altre teste Chiesto il rinvio a giudizio di 21 accusati MILANO. Conosciuto solo dai giudici. E' ancora silenzioso il decimo parlamentare coinvolto nelle indagini sulle tangenti a Milano. L'informazione di garanzia, spedita dalla procura, giace probabilmente nelle sue tasche. Da un paio di giorni. Il balletto di voci continua. Ma intanto i giudici di Tangentopoli hanno chiuso un altro stralcio delle indagini chiedendo nuovi rinvii a giudizio. Matteo Carriera più 20. Così si chiama il fascicolo ora all'esame del gip Italo Ghitti. In 15 pagine, più una montagna di carte allegate, i giudici Di Pietro, Colombo e Davigo, chiedono il rinvio a giudizio di 21 persone. 16 i capi d'imputazione contestati dal 1986 a oggi: tanti episodi per un totale di otto miliardi in mazzette. A beneficiare erano proprio tutti, Matteo Carriera in testa. «Zio Matteo» incassava mazzette sugli appalti e sulle forniture e poi distribuiva. A tutto il consiglio d'amministrazione, hanno accertato i giudici. Quattro i consiglieri per cui viene chiesto il giudizio: Bruno Cremascoli, pds, Gabriele Bonatti, psdi, Federico Taglietti, de e Adolf Giarini. Completano il quadro degli amministratori Francesco Scuderi, direttore generale dell'ente assistenziale, e Ivando Tamagni, un semplice funzionario. A pagare erano naturalmente gli imprenditori. Piccoli e grandi. E tra i grandi, anche in questo troncone dell'inchiesta, spiccano Fabrizio Garampelli della IFG Tettamanti e Clemente Rovati della Edilmediolanum. Due imprese tra le più attive a Milano, i cui nomi compaiono in vari pezzi delle indagini sulle tangenti. 390 milioni arrivarono dalla Colombo Costruzioni Edilizie, 120 milioni dalla Fratelli Proverbio. Altri ancora pagarono cifre minori. Le accuse contestate ai 21 imputati vanno dalla corruzione alla concussione, dalla truffa all'abuso d'ufficio passando per la turbativa d'asta. Sui terreni venduti dall'Ipab l'inchiesta è ancora aperta. C'è di mezzo, tra gli altri, il costruttore Salvatore Ligresti. Un consigliere dell'Ipab, Bruno Cremascoli, ha raccontato ai giudici di avere incassato 100 milioni dall'architetto Pasquini per conto del «re del mattone». Un regalo per un affare andato a buon fine: 700 mila metri quadrati a Pioltello, alle porte di Milano. Per un'indagine ancora aperta altre due, fanno sapere dalla procura, stanno per arrivare in dirittura d'arrivo. Entro pochi giorni verrà chiesto il rinvio a giudizio per le tangenti sulla ristrutturazione dell'obitorio e per la ricostruzione del centro storico di Iesi. Del primo episodio, tra gli altri, deve risponde- re il consigliere comunale socialista Walter Armanini, ancora detenuto. «Ci sono reati particolarmente gravi, per cui il processo in aula è necessario», dice il procuratore capo Francesco Saverio Borrelli anticipando le richieste dei difensori di alcuni imputati che già stanno pen- sando a riti alternativi al dibattimento. Ma Borrelli non vuole solo la linea dura: «Per le posizioni meno gravi o per chi ha dato un contributo rilevante all'accertamento dei fatti la procura non ha difficoltà ad arrivare al patteggiamento». Dichiarazioni di disponibilità, mentre l'inchiesta arrivata a 51 arresti sembra tutt'altro che finita. Negli ultimi giorni i giudici hanno lavorato soprattutto sulle carte sequestrate alla Sea, la società che gestisce gli aeroporti. Giovanni Manzi, psi, che della Sea è presidente continua ad essere latitante. Dal 16 giugno quando i magistrati spiccarono contro di lui un ordine di cattura. Concussione l'accusa. Per aver intascato centinaia di milioni da un gruppo di imprenditori. Tangenti divise anche con altri: dal de Roberto Mongini che ha collaborato con i giudici al manager pubblico Alberto Zamorani, ex dirigente di Italstat, anche lui finito a San Vittore. Fabio Poletti Matteo Carriera, presidente dell'Ipab milanese e coinvolto nello scandalo delle tangenti. Ha scritto una lettera a Scalfaro: rinuncio alla carica di cavaliere
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