Il gay in scena amore negato di Masolino D'amico

Il gay in scena amore negato L'omosessualità e il teatro Il gay in scena amore negato TNlRITICO drammatico 1 de\l'Evening Standard, Nicholas de Jongh ha dedi1 i cato un interessante stuSéi dio al modo con cui la figura dell'omosessuale maschio è stata trattata nel teatro inglese e americano dagli anni 1920 a oggi. Questo libro - Not in Front of the Audience, Homosexuality on Stage (Routledge) - può apparire un tantino viziato dalle intenzioni polemiche dell'autore, che tende ad applicare la sua ottica militante ad epoche e personaggi ad essa estranei. Egli accusa spesso, per esempio, autori o attori gay del passato di timidezza, di reticenza o di schiavitù al pregiudizio; ad altri non gay (o «straight», come dicono gli inglesi) lesina i meriti, anche quando sono John Osborne autore di Un patriota per me, o Richard Gere interprete di Beni. Controversie a parte, la ricchezza del materiale esaminato illustra, primo, la crucialità della questione nel mondo di lingua inglese - in Inghilterra come si ricorderà gli atti omosessuali anche fra adulti consenzienti rimasero punibili col carcere fino ai tardi Anni 60 - e secondo, con buona pace dell'autore, la vivacità con cui quel teatro era ed è disposto a parlare di conflitti sociali di attualità. D'accordo, in Italia la materia è sempre stata molto meno scottante, e i gay in quanto tali non rischiavano la galera. Ma si trattava pur sempre di uno stigma sociale, e il fatto che i nostri scrittori non lo abbiano, a quanto mi risulta, mai affrontato - se non nella scandalosa e quirìdi proibita Arialda di Testori, nonché, di straforo, in Anima nera di Patroni Griffi - indica la scarsa propensione dei nostri palcoscenici, sempre tanto aperti ai classici, ad occuparsi dei fatti del momento. O forse semplicemente la nostra borghesia frequentatrice delle sale non provava curiosità in proposito. Quando due attori di gran richiamo come Renzo Ricci e Paolo Stoppa proposero // sottoscala di Charles Dyer sulla vitarella di due barbieri gay (gran successo internazionale, seppur trovato da De Jongh prono al cliché del «diverso» vergognoso della propria condizione), fu un tonfo. L'anno era il 1968; in seguito i vari «Vizietti» avrebbero reso la situazione finalmente accettabile ai nostri pubblici riprendendola in chiave ridanciana. In Inghilterra e in America, invece, la condizione del cosiddetto invertito, del cosiddetto anormale, meritò l'attenzione di molti drammaturghi. Il primo testo segnalato da De Jongh, nonché forse ancora oggi il migliore, è una aspra, autobiografica commedia dell'estroso J. R Ackerley, intitolata The Prisoners ofWar (1925). Come La grande illusione, si svolge in un campo per ufficiali prigionieri durante la Grande Guerra. Si tratta, dati i tempi ancora cavallereschi, di un albergo in Svizzera, dove i personaggi, tutti giovani, sono logorati dal senso di inazione. In questo clima irreale, di vita sospesa, ogni inezia assume importanza, e la piccola gelosia del protagonista per il ragazzo che ha preso a proteggere si gonfia fino a sfiorare la tragedia. La finezza di Ackerley, che era un gay con senso di colpa (avrebbe trovato la pace soltanto in età relativamente avanzata, tramite la simbiosi con un cane) è messa da De Jongh a contrasto con The Drag ( 1927), volgare copione per Broadway di Mae West, proprio lei, dove l'omosessualità è presentata come corruzione e vizio irredimibile. Un gran successo ripreso fino agli Anni Cinquanta fu poi The Green Bay Tree (1933), in cui recitò anche Laurence Olivier, nella parte di un giovane proletario «comprato» da un vecchio e ricco edonista che quando si innamora e vuole sposarsi si rifiuta di lasciarlo andare. Il primo omosessuale presentato francamente come tale e non messo in una luce negativa fu, anni dopo, Oscar Wilde, in una pièce di L. e S. Stokes ricavata dai verbali del processo all'esteta, trampolino di lancio del simpatico attore Robert Morley, scomparso in questi giorni. Dopo la guerra ebbe gran fortuna Tè e simpatia ( 195 3) di R Anderson, anche filmato. De Jongh gli rimprovera di presentare la tentazione omosessuale della quale 10 studente protagonista sembra succube, alla stregua di una malattia da sconfiggere con la volontà; ma gli riconosce al contempo il merito di insinuare per la prima volta che un tipo viriloide come l'accusatore del ragazzo, sportivo, ammogliato e fumatore di pipa, possa nutrire tentazioni inconfessabili. Prima della guerra la censura inglese aveva vietato perfino Desiderio sotto gli olmi di O'Neill e i Sei personaggi di Pirandello, rappresentati, come tanti altri lavori banditi, in teatri trasformati in club per l'occasione; figuriamoci se avrebbe tollerato la storia di delusione amorosa fra uomini che pare Terence Rattigan avesse impostato nella prima versione di Profondo mare azzurro (1952), poi riscritto cambiando il sesso di un protagonista. Sia pure timidamente, lo stesso autore avrebbe in seguito osato mettere un omosessuale fra gli ospiti dell'albergo dove si svolgono gli episodi di Tavole separate (1954). Qtiaint Honour (1958), notevolissimo quadretto di iniziazione in una «public school» firmato da R Gellert, passò quasi inosservato nell'anno in cui Londra importò, sempre col sotterfugio della programmazione per soci di un circolo, due elettrici drammi di Tennessee Williams, La gatta sul tetto che scotta, con un ex campione di atletica che beve per non affrontare il rapporto con la moglie, e Improvvisamente l'estate scorsa, dove un omosessuale predatore viene simbolicamente linciato e divorato da una frotta di ragazzetti del Terzo Mondo. Erano anche gli anni di Uno sguardo dal ponte col suo bacio fra uomini. Fra gli immigrati italiani di Miller la taccia di omosessualità era un'ingiuria atroce; per fortuna in Sapore di miele (1958) Shelagh Delaney presentava intanto un mite gay come una sorta di angelo del focolare. Nel 1958 il censore tolse il bando all'omosessualità sul palcoscenico, aprendo la strada a A Song at Twilight (1964) di Noel Coward e al surricordato Staircase (1966) di Charles Dyer, ma non a Un patriota per me ( 1965) di Osborne, che fu proibito lo stesso. Tuttavia i costumi erano cambiati, e De Jongh saluta il beffardo, paradossale Entertaining Mr Sloane di Joe Orton ( 1964) come il primo testo in cui 11 rapporto omoerotico viene presentato come un dato di fatto, senza commenti negativi; un passo ulteriore fu compiuto con The Boys in the Band di M. Crowley (1968. Da noi si vide il film, Festa per il compleanno del caro amico Harold), visione di un mondo omosessuale in cui l'unico «straight» si sente come un pesce fuor d'acqua. Seguiranno, ma qui ormai siamo arrivati ai tempi nostri, testi apologetici quando non addirittura propagandistici, con in testa Bent (1979) di M. Sherman, sul triste destino dei gay sotto il nazismo. Accettando per primo la parte del protagonista l'attore gay Ian McKellen, or ora diventato Sir Ian, dichiarò per la prima volta orgogliosamente la propria condizione. Masolino d'Amico

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