Guerra di pubblicità: basta shock, ora si sorride

Guerra di pubblicità: basta shock, ora si sorride Gavino Sanna prepara la campagna di Stefanel e polemizza con Benetton: «Hanno perso la testa» Guerra di pubblicità: basta shock, ora si sorride «E soprattutto niente tv: per vendere maglioni andremo sui giornali» "/vi MJXANO ! ' ONTRO la pubblicitàI shock di Benetton, da 1 i oggi Stefanel arruola GaVI vinn Sanna, re dei pubblicitari italiani, uno che non grida neanche quando è arrabbiato. Trenta nùliardi di budget per un anno, campagna a partire dal prossimo ottobre. «Fantasia» sarà la parola chiave. Niente morti ammazzati di mafia, niente malati terminali di Aids, niente croci post guerra del Golfo: immagini che hanno reso famosa, discussa e discutibile la strategia scelta da Oliviero Toscani per la United Colora of Benetton. Immagini che Gavino Sanna, presidente della Young & Rubicam Italia, liquida senza sorridere: «Quella non è più pubblicità. E' un giochetto cinico che non mi piace affatto e che alla lunga sarà controproducente». Vero? Una conferma indiretta arriva dal Wall Street Journal che ha dedicato un servizio al declino dei punti vendita Benetton negli Stati Uniti. Tra le molte ragioni ne spicca una: la campagna pubblicitaria avrebbe danneggiato l'immagine dei prodotti e qualcuno (tale Susan Oustalet, commerciante) è arrivato a citare per danni la società per quelle foto: «ripugnanti e immorali». Questi i clamori. Ma nello studio ad aria condizionata di Gavino Sanna, il pubblicitario che ha venduto la pasta (Balilla) insieme con l'idea di perfet¬ ta felicità domestica, nessun rumore di guerra. La strategia per i maglioni colorati di Stefanel, sarà pacifica, positiva, ottimista. E (sorpresa) non userà la televisione. «Noi racconteremo un mondo abitabile, illuminato dalla fantasia. I modi li troveremo, ma il punto di partenza è questo. Ci terremo alla larga dall'errore commesso da Benetton per due ragioni. Una di mercato, dato che è il nostro concorrente diretto. L'altra, che chiamerei etico-pubblicitaria, e che riguarda il mio modo di pensare e di lavorare». Spiega: «Le fotografie-shock sono un piano inclinato. Quando cominci devi progressivamente alzare il tasso di scandalo e, per esempio, arrivare alle immagini trucide. E' vero, con- quisti le prime pagine dei giornali, sollevi polemiche, dividi l'opinione pubblica. Ma finisci col perdere di vista l'obiettivo». Cioè vendere maglioni. «Esatto. La polemica a lungo andare si mangia tutta l'attenzione, e il prodotto sparisce. La pubblicità è una cosa seria, ma non abbastanza per mettere di mezzo un malato di Aids. Mi spiego?». Benetton e Toscani, sostengono che si può usare una immagine pubblicitaria anche per raccontare il mondo com'è... «Io alla pubblicità sociale ci credo e la faccio, ma la tengo separata da quella dedicata ai prodotti. E soprattutto la faccio gratuitamente. Mi sono occupato di Aids, di alcolismo, di prevenzione. Se però uno usa i mah del mondo per vendere sottane e maglioni, non mi sta più bene». Perché nella vostra campagna userete poca televisione? «Per non aggiungere marmellata alla marmellata. Gli spot in tv finiscono con l'elidersi a vicenda, ce ne sono troppi. Noi useremo i muri delle città e i negozi, cosa a cui nessuno ha ancora pensato. Mi piacerebbe utilizzare i grandi magazzini, dove ogni giorno entrano milioni di persone». E poi? «Poi useremo i giornali». Questa è musica per le orecchie degli editori... «Guardi che la novità pubblicitaria dei prossimi anni, sarà la stampa, non la tv». Prego? «Sì. La cultura si fa e si farà ancora per tanto tempo sulla carta stampata. L'immagine di un'azienda, di uno stile di vita, è molto più credibile dentro le pagine dei giornali». Lei prospetta un futuro in controtendenza... «Intendiamoci. La televisione continuerà ad avere un ruolo molto grosso, ma non credo che si amplierà a dismisura... No, direi che i sogni un po' fatui e molto aggressivi degli Anni Ottanta siano finiti. Per quello che mi riguarda è una fortuna». La pubblicità che vede in giro non le piace? «Non mi piacciono gli eccessi. Oggi la pubblicità ha poco rispetto per il consumatore. Dice troppe bugie, si accontenta di arraffare quote di mercato, diventa cinica. Io continuo a preferire la buona educazione e possibilmente un sorrìso». Pino Contea Le foto-scandalo di Toscani? «Fanno clamore ma non servono» Gavino Sanna: «Il nostro è un mestiere serio, ma non abbastanza per mettere di mezzo un malato di Aids»

Luoghi citati: Italia, Stati Uniti