Imperia, addio all'ufficiale delI'Sos sull'Andrea Doria

Imperia, addio all'ufficiale delI'Sos sull'Andrea Doria Era il marconista della nave affondata nel '56 Imperia, addio all'ufficiale delI'Sos sull'Andrea Doria GENOVA. E' mancato a Imperia un mese fa, alla vigilia di compiere 88 anni, Giuseppe Bussi, D secondo ufficiale marconista del transatlantico «Andrea Doria», che nella notte tra il 25 e il 26 luglio 1956 lanciò il primo «SOS» dopo che l'ammiraglia della flotta di bandiera era stata speronata dalla nave passeggeri svedese «Stockholm». Bussi fu uno di quelli, a bordo, che non persero il sangue freddo e i suoi messaggi, in quella tragica notte, furono tempestivi, efficaci e precisi. Il naufragio provocò l'affondamento della unità italiana, gravissimi danni alla «Stockholm», che comunque venne rimorchiata in porto. I morti furono 52,45 sull'«Andrea Doria» e 7 sulla nave scandinava. Giuseppe Bussi, piemontese d'antico ceppo e di tradizioni militari (era nato a Canelli nel 1904), è vissuto però quasi sempre in Liguria, fin dagli anni degli studi: a Savona, a Genova e, dal 1974 a Imperia, dove con la moglie s'era ritirato presso una figlia. Dopo il dram- ma della «Doria», aveva ripreso il mare, come primo ufficiale marconista, sulla «Cristoforo Colombo» e sulla «Leonardo da Vinci». In pensione dal 1964 per limiti di età, Bussi aveva diretto per dieci anni la sede genovese di «Radiostampa», l'ufficio specializzato per trasmettere via telex servizi e corrispondenze giornalistiche. Poi la serena vecchiaia a Imperia, sempre avvolto dall'anonimato. Giuseppe Bussi s'era prefisso di non parlare mai più del dramma dell'«Andrea Doria». Si era sentito ferito, sul piano morale e soprattutto su quello dell'onore di marinaio e di militare dalle impietose polemiche che erano seguite al disastro. La commissione d'inchesta americana aveva messo sotto accusa, anche ingiustamente, l'«Andrea Doria» e il suo comandante, Piero Calamai. Da parte italiana, specialmente per il compattamento contraddittorio dei responsabili della società di navigazione «Italia» e della «Finmare», si lasciò il comandante in pasto alla dissacrazione, per poi concludere un complicato compromesso - mediato dalle assicurazioni - con il solito «concorso di colpa». Calamai si chiuse in un silenzio sdegnoso sino alla morte. Non ribattè a nessuno e rifiutò ogni intervista e di stendere memoriali. Bussi fece perdere le sue tracce. Non volle parlare e non parlò, neppure con i familiari, come conferma il figlio, avvocato a Genova. Alto, elegante, dal portamento eretto sino agli ultimi mesi di vita, i capelli d'argento ravviati all'indietro, Bussi era introvabile, mimetizzato a Genova, nel «palazzo dei giornali», dove corrispondenti di tutta Italia e inviati di grido ignoravano la sua vicenda. I pochi che cercarono, anche con tutte le garanzie di serietà, di strappargli qualche confidenza sprecarono il loro tempo. «Le inchieste sono sciocchezze - disse una volta - tutti parlano a vanvera. Non sanno quello che dicono. Intanto i morti non resuscitano», [p. 1.] ..*» A fianco, L'«Andrea Doria». Sopra Giuseppe Bussi