«E' colpa del Parlamento» di Guido Carli

«E' colpa del Parlamento» Carli accusa. Ciampi: c'è una morsa che soffoca l'economia «E' colpa del Parlamento» II ministro: mi hanno impedito di lavorare «Fanno, emendano e rifanno le stesse leggi» ROMA. Solo poche ore ormai separano Guido Carli dall'abbandono definitivo della poltrona di via XX Settembre e, probabilmente, anche da altri incarichi. Il trasloco è stato ultimato, i libri e le carte portati via, presto un'altra persona occuperà quello che per tre anni è stato il suo ufficio. All'ottantenne ex governatore della Banca d'Italia ed ex presidente della Confindustria non resta che salutare, dare l'addio, ritirarsi dalle scene. Ma è un addio amaro, amarissimo da pronunciare, dopo il tradimento dei suoi compagni di partito che hanno scelto di non ricandidarlo nel suo collegio. Eppure va fatto. «Lascio il ministero del Tesoro con la consapevolezza delle molte cose non fatte e delle poche cose fatte». Non trema la voce di Carli, mentre parla per l'ultima volta da ministro del Tesoro di fronte ai banchieri riuniti a palazzo Altieri in piazza del Gesù per l'assemblea annuale dell'Abi. Non trema anche se sa che solo qualche metro più in là, nell'edificio che c'è sull'altro lato della piazza, si stanno consumando gli ultimi atti che precedono l'insediamento del nuovo governo. Il programma è appena stato fotocopiato e posato sulle scrivanie dei vertici della de. Previdenza, sanità, pubblico impiego, riforma del fisco, privatizzazioni, controllo dell'inflazione (l'elenco completo è nelle pagine economiche): i ca¬ pitoli che Giuliano Amato ha sottolineato per raggiungere l'obiettivo del risanamento dei conti e dell'avvicinamento alle condizioni poste nel Trattato di Maastricht, sono proprio quelli a cui Carli ha fatto riferimento in questi tre anni al ministero del Tesoro. Con scarsi risultati, come lui stesso ammette. Ma i responsabili del suo fallimento vanno ricercati altrove: «Le cause profonde della crisi finanziaria in atto nel nostro Paese sono maturate in Parlamento dove si fanno, si emendano e si rifanno le leggi ed ih Parlamento e soltanto in Parlamento possono essere rimosse. Di suggerimenti tecnici sono ricolmi i magazzini dove si ammassano relazioni, articoli di giornali e via enumerando». L'Italia è ormai sempre più una «società delle pretese», una società cioè in cui «le forze politiche hanno alimentato nel cittadino la convinzione che egli ha il diritto di pretendere sempre di più dallo Stato». Sono questi, dunque, gli ostacoli che in questi anni hanno impedito a Carli di raggiungere gli obiettivi che si era prefisso. Gli stessi che troverà in eredità il suo successore, insieme con un deficit che lentamente, ma inesorabilmente, si avvia alla rispettabilissima cifra di 190 mila miliardi e con «una vasta documentazione composta di proposte di legge definite nei singoli articoli con le quali si elencano i provvedimenti da prendere per restringere la spesa con effetti immediati e duraturi nel tempo». La conclusione è in un'unica frase: «Come ha dichiarato il Governatore della Banca d'Italia nell'ultima relazione: occorre agire». Una conclusione che Carlo Azeglio Ciampi non ha potuto che ripetere nel suo intervento di fronte ai banchieri ed al loro presidente, Tancredi Bianchi. La situazione dell'economia italiana «non ammette ulteriori r in vii: va spezzata la morsa che sta soffocando un'economia vitale». E' trascorso un mese dall'assemblea della Banca d'Italia e dal severo monito lanciato dal governatore al mondo politico. Ma in queste quattro settimane nulla è accaduto per risanare i conti economici. Anzi, la crisi si è ulterior¬ mente aggravata: «Ai primi di giugno, il concatenarsi degli effetti della prolungata crisi politica e dell'esito del referendum danese sul Trattato di Maastricht hanno fatto prevalere in molti investitori, soprattutto esteri, i dubbi sulla credibilità della politica economica, sulle possibilità di tenuta della lira». «Quanto è accaduto - ha proseguito - rende ancora più pressante l'urgenza di provvedere e di dare attuazione al più presto alla politica di bilancio, dei redditi, di struttura, che l'economia italiana richiede ed è in grado di sopportare. Quella politica, insieme con il governo della moneta e del cambio, è necessaria per riaprire una via di crescita stabile del prodotto e delle occasioni di lavoro, per non perdere l'aggancio con l'Unione monetaria d'Europa. E' una politica non esente da costi, ma ben più gravi sono i costi del non fare». Flavia Amabile Lancetta di Amato per agganciare l'Italia a Maastricht li governatore della Banca d'Italia, Carlo Azeglio Ciampi (a fianco) e (sopra da sinistra) il presidente del Consiglio dimissionario Andreotti e il ministro del Tesoro uscente Carli

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