Il no di la Malfa ha spaccato l'Edera

Il no di La Malfa ha spaccato l'Edera Il no di La Malfa ha spaccato l'Edera Pri ancora all'opposizione, ma Visentini voleva un rinvio ROMA. «Torno fra cinque minuti...». Bruno Visentini scavalca le telecamere, inciampa in uno sgabello, tira un moccolo in veneto e se ne va. Non tornerà più. Alla direzione del partito repubblicano, riunita per rispondere picche ad Amato, va in scena la più vistosa delle rotture. Visentini, presidente e padre nobile dell'Edera, si dissocia apertamente da Giorgio La Malfa, rifiutandosi di votare la relazione con cui il segretario annuncia che il pri resterà anche stavolta all'opposizione. Il nome illustre e inatteso di Visentini va ad aggiungersi a quello di quattro habitués del dissenso: Susanna Agnelli, Oscar Mammì e i suoi amici laziali Bernardi e Collura, che già quattordici mesi fa non approvarono la decisione di restar fuori dai governo Andreotti. Stavolta, ad imitazione del presidente del partito, hanno preferito esprimere la loro contrarietà non partecipando al voto. Motivazione ufficiale: troppo precipitoso. Almeno in questa fase, il contrasto con il segretario è più sui tempi che sulla sostanza. Anche Visentini si è dichiarato pessimista sul governo Amato, ma ha chiesto altre quarantotto ore prima di sbattergli la porta in faccia. La Malfa non gliele ha concesse e lui se n'è andato. Facce scure e tirate al vertice repubblicano, convocato per le dieci del mattino in piazza dei Caprettari. Manca Spadolini: d'accordo con il segretario, il presidente del Senato ha preferito tenersi alla larga da una riunione che dovrà assumere impegni politici tutt'altro che «super partes». Comincia a parlare La Malfa. Quarantacinque minuti per respingere le profferte amorose del presidente incaricato: «Amato non è riuscito a garantirmi che il nuovo governo rappresenterà una svolta. Socialisti e democristiani non sono in grado di prendere impegni seri. Vorrei potergli votare la fiducia, ma le condi¬ zioni non ci sono. Quindi, cominciamo col dirgli che non entriamo al governo. Poi, in sede parlamentare, decideremo se astenerci o votargli contro». Tocca a Visentini. Parla di «elementi troppo timidi nella procedura di formazione del governo e di qualche elemento di novità nel programma». Però conclude: «Suggerisco di aspettare la struttura del governo, prima di decidere». «Ma non possiamo farlo! - gli replica Maccanico - Amato vuole una risposta entro oggi, e affronterà i problemi della struttura solo con chi avrà approvato il programma». Il timore degli uomini di La Malfa è di finire come la monaca di Monza, che non voleva entrare in convento, ma per aver detto troppi «sì», si trovò nell'impossibilità di dire l'ultimo «no». Visentini torna ad insistere sulla necessità di un rinvio e, non ottenendo soddisfazione, abbandona la sala. Lo segue Adolfo Battaglia, che insiste sulle «novità del programma» e chiede di aspettare. Poi se ne va anche lui, per un impegno alla Camera. Ai giornalisti dirà di aver lasciato la delega di votare per La Malfa, nel caso avesse posto la fiducia: «Non voglio metterlo in difficoltà». Ma in conferenzastampa, il segretario annovererà invece Battaglia fra coloro che gli hanno tirato contro. Da un voto forse favorevole ma avvelenato, a un dissenso pronunciato col sorriso sulle labbra: «Senti, Giorgio - attacca Susanna Agnelli -, io non voglio votare né a favore né contro e nemmeno astenermi. Dimmi tu che devo fare...». In realtà lo sa benissimo da sola: non prendere parte al voto. «Mettete a verbale che io faccio lo stesso», si accoda Oscar Mammì. Poi esce in mezzo ai cronisti, scuro in volto come ai tempi in cui il pri decise di passare all'opposizione: «Visentini ed io riteniamo che sia opportuno, politico e anche saggio - ma con questo non voglio dire che gli altri sia- no poco saggi - riservare ogni giudizio al momento in cui si avranno maggiori elementi». Spiega che si tratta di posizioni personali, «perché nel pri non ci sono correnti». «Già, non ci sono, per fortuna - si fa coraggio La Malfa -. Visentini? Il suo è solo un dissenso sui tempi della nostra deliberazione. Certo, se diventasse un dissenso sulla nostra partecipazione al governo, allora la questione sarebbe politica...» Massimo Gramolimi Oscar Mammì (a fianco) e Bruno Visentini (in alto) non hanno votato

Luoghi citati: Monza, Roma