«Il candidato risolva i problemi del mondo» di Nico Orengo
«Il candidato risolva i problemi del mondo» SOLITI TEMI «Il candidato risolva i problemi del mondo» Itemi della maturità non perdono mai il vizio. Pretendono, sfacciatamente, che uno risolva il mondo e i suoi innumerevoli problemi nel giro di poche facciate protocollo. E' così anche quest'anno. Ma sarà così sempre, almeno fino a quando il Gran Compilatore non si renderà conto che si è granelli in un deserto e le risposte che vuole, anche parziali, richiederebbero molte vite dedicate al tema. E difficilmente basterebbero. Recita il primo compito: «Società opulente e tecnologicamente avanzate godono attualmente di un grande benessere...», ma sarà poi cosi-vero? E quali sono? L'America, il Giappone? E continua: «la ricerca continua ed affannosa del benessere da parte delle società avanzate e lo sfruttamento incontrollato della natura da esse perpetrato sembrano mettere in discussione lo stesso equilibrio ecologico». Povero Hegel, povero Marx, che sulla quadratura dei destini privati e collettivi hanno coltivato disastri. Qui la via d'uscita, se qualcuno aveva seguito le cronache di Rio, era appellarsi al nome di Barry Commoner e alle sue tesi sullo «sviluppo sostenibile», anche esse da verificare. Ma il tema richiedeva «possibili soluzioni a così gravi problemi». Accettare di morire con un mondo che muore, forse è l'unica dolente e serena risposta che si poteva dare al Gran Compilatore. A che serve la poesia, chi è un poeta?, recitava il secondo tema, citando i versi di Corazzini, «Io non sono un poeta», di Palazzeschi, «gli uomini non domandano più nulla/dai poeti», di Moretti, «non ho nulla da dire».. Qui, contestualizzando, qualcosa di scolastico si poteva dire, cercando il rapporto fra società e poesia ma, credo, senza arrivare all'unica e sincera risposta, ripetuta po- porti I cred | e sin chi giorni fa a Viareggio dal poeta Giovanni Giudici, che la poesia è una cosa «superflua». E che bel tema, in controluce, sarebbe potuto venir fuori da quell'aggettivo, pagine da «Ferdydurke» di Gombrowicz. Ma l'avrebbe gradito il Gran Compilatore? Sul «suffragio universale del 1913», come si dice: bastava aver studiato. Il tema era più di compilazione che di ragionamento. Come quello sulla creazione «delle grandi biblioteche ellenistiche», dove il candidato era invitato ad affrontare «rapidamente» l'argo-' mento per soffermarsi sui rapporti tra messaggio scritto e messaggio orale. Su questo tema non doveva essere convin-' to neanche il Gran Compilatore. Deve aver sentito una telecamera alle spalle, un computer sotto i piedi, che gli faceva perder l'equilibrio tra antichità, modernità e postmodernità. Ai candidati delle materie scientifiche è andato, grazie ad un giudizio di Carlo Rubbia, il tema più poetico ed umanistico, l'invito a cantare il mistero del creato, la profondità e complessità della semplicità. Un invito a riscrivere il Cantico delle creature. Ma lo stesso invito il Gran Compilatore lo aveva inserito anche negli altri temi. Più scopertamente in quello riservato ai candidati delle Magistrali, dove accennava a «giovani deviati» e alla «mancanza di valori». Perché questo, forse, era il vero tema; i buoni valori. Quei valori che non fanno i ricchi prepotenti, che salvano il mondo, proteggono la poesia e i poeti, dicono che i libri fanno bene, e così la scuola. E che se crediamo nel valore del mistero, il Mistero saprà salvarci. Quanti buoni sentimenti in questi lemi e quanta poca realtà spicciola e banale. Cioè (sì: cioè) la vita. Nico Orengo S° I
Persone citate: Barry Commoner, Carlo Rubbia, Corazzini, Giovanni Giudici, Gombrowicz, Hegel, Marx, Moretti, Palazzeschi
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