Sakamoto: la musica è un cuore che batte

Sakamoto: la musica è un cuore che batte I DISCHI Sakamoto: la musica è un cuore che batte ICA tutti , stanno con il registratore di cassa sempre acceso, auspicando che diventi bollente. Nell'enorme business della musica giusto che ci sia la musica, e anche il business, ma non deve essere solo un traffico da vu' cumprà - c'è sempre spazio per chi sperimenta, cerca di fare un passo avanti nella ricerca di nuove sonorità, inventandosi contaminazioni culturali. Musica d'ambiente con sette note votate prevalentemente all'ecologia, «World music» con accordi e ritmi per un «melting pot» che affratelli, sono le nuove frontiere su cui si è indirizzata la ricerca sonora attuale. Un gran peso, ma anche impulso, ha avuto l'evoluzione tecnologica degli strumenti e delle tecniche di registrazione. Questi nuovi territori di esplorazione della musica pop sono eredità e traduzione divulgativa di progetti d'avanguardia colta, passati attraverso le mani di personaggi geniali come Berio, Cage, Stockhausen. Nelle stanze della musica, l'ingresso sempre più perfezionato del computer ha certo favorito lo sviluppo di queste linee di sviluppo creativo. Molti, degli attuali sperimentatori del villaggio pop, restano degli Archimede da Paperopoli. Geniali ma astrusi. Alcuni invece realizzano progetti interessanti, comprensibili, che superano quella barriera di ermetismo che separa il laboratorio dal dialogo con il pubblico. Fra i più positivi per continità e qualità è di certo il giapponese Ryuichi Sakamoto, del quale molti sicuramente ignorano l'esistenza ma che altrettanto bene si ricordano le delicate e originali musiche composte per i film «Furyo», «L'ultimo imperatore», «Il tè nel deserto», per le quali ha strofinato le proprie idee con altri esploratori sonori come David Byrne, Brian Wilson, Robet Wyatt. Sakamoto ha sempre oscillato tra i confini della musica classica, delle nuove sonorità elettroniche e dei colori del folklore. L'ultimo suo disco «Heartbeat» (Virgin, 1 Cd, Lp, Me) è la sintesi di vent'anni di lavoro. Con una novità: uno spiccato utilizzo di alcuni aspetti del pop moderno. Da un anno il musicista giapponese vive a New York e subito è stato catturato dai suoni di quella città. «Ho sentito nelle vie di New York la musica house e hip hop - racconta Sakamoto e ad un certo punto mi sono reso conto che assomiglia a un cuore che batte. Sentendo quel battito ci ricordiamo di quando eravamo ancora nel corpo di nostra madre. Il grembo materno è l'ambiente ideale. Probabilmente abbiaun certo desiderio di ritor- I idea' Lr narci, perché è così difficile sopravvivere nel mondo esterno e perché aneliamo a un ambiente migliore». Questo concetto di fisicità impregna il disco, una ricerca tutta orientale che tende a esaminare ogni possibilità sonora di un ritmo, di un suono. Sakamoto gira e rigira l'idea, le cambia colore, anche solo la tonalità. Così facendo apre nuove porte che rivelano insospettabili panorami cosmopoliti. Si scivola da un ritmo cadenzato con suoni da discoteca a rap in lingua inglese, francese e persino russa. Si incontra l'etereo folk nipponico, la purezza essenziale della musica classica, la tagliente precisione del computer. Termine di paragone sono due canzoni, agli estremi: «Heartbeat» e «Heartbeat-tainai kaiaki II». Il primo ha la fisicità, l'irruenza e l'impatto dello stile occidentale, il secondo un contrastato paesaggio orientale dipinto con l'aiuto di David Sylvian, l'intervento dell'enigmatica voce di Ingrid Chavez (moglie di Sakamoto), della bellissima chitarra alla Pink Floyd di Bill Frisell e un tocco vocale di John Cage. Gli altri dieci brani sono un continuo gioco di sorprese, una rassegna di suoni, un susseguirsi di interventi di celebri musicisti: il romantico decadente pianoforte di «Song lines», la tradizione giapponese nelle evoluzioni vocali di «Nuages», l'africanità di «Borom gal» (con la voce di Youssou N'Dour e controcanto di archi), il rapimento ipnotico di «Lulu» (con il fantastico sax di John Lurie). Nella versione Cd c'è in più il brano «Cloud 9», metafisico e rarefatto. Un disco da studiare, con piacere. Altre due novità nel campo dell'insolita ricerca. Uno è «I dream» (United Project, 1 Cd) di Scott Roewe: fusion e New age si fondono grazie al saporito sax dell'autore. Forse la registrazione è un po' carica nei bassi, ma è di grande effetto e pregio esecutivo. Il secondo è «Cinema» (Windham Hill, 1 Cd) dove il pianoforte solo di Philip Aaberg volteggia tra il Morricone di «Cinema Paradiso» e il Nino Rota di «Romeo e Giulietta», tra Schumann e Aaron Copland con piacevolezza e modernità. Ricrea immagini nuove con il solo uso della tastiera. Alessandro Rosa

Luoghi citati: New York