Da Tangentopoli alla mafia il passo è breve

Da Tangentopoli alla mafia il passo è breve LETTERE AL GIORNALE: IL LUNEDI' DI O.d.B. Da Tangentopoli alla mafia il passo è breve Istigazione a delinquere? Egr. sig. Del Buono, poiché sono stato tirato in ballo dal «coraggioso» sig. Bartolomeo di Torino, che, dopo una valanga d'insulti all'indirizzo del Sud, ha prudentemente reso monca la sua identificazione nel timore - chissà - che qualche meridionale faccia a lui quello che lui farebbe volentieri ai meridionali; poiché, sono stato tirato in ballo da questo signore, sul cui sproloquio lascio il giudizio ai lettori, vorrei, se mi consente, replicare brevemente. La mia lettera intendeva mettere in risalto, con ironia e amarezza, ma senza offese gratuite per nessuno, il caos morale che regna nel nostro Paese e la pretesa di molti settentrionali di essere fuori da questo contesto, mentre vi sono dentro, come dimostrano i fatti recenti fino al collo. E' facile dare alla mafia la colpa di tutto. Quello che sta accadendo a Milano e in altre città del Nord niente ha a che vedere con la mafia e con il male che semina attorno a sé. I protagonisti di questi fatti sono semplicemente dei ladri e, me ne dispiace per l'irascibile se- mianonimo, dei ladri settentrionali. Non che noi in Meridione in fatto di ladri stiamo meglio, ma almeno non abbiamo la tracotanza di sentirci baciati dalla purezza. A lei, signor Del Buono, dico molto chiaramente di chiedersi se ha fatto bene a pubblicare la lettera del lettore torinese. Quando il razzismo più viscerale prende il sopravvento sulla civile dialettica, nessun giornale ha il diritto di pubblicare parole che offendono una parte dei lettori. E' inutile rimuovere gli striscioni razzisti dagli stadi o indignarsi perché il marocchino viene picchiato, se poi un giornale come Lo Stampa pubblica uno scritto così. Non dimentichiamo che esiste pure una istigazione a delinquere non esplicita... Giuseppe Sortino, Ragusa Gentile signor Sortino, mi meravigliano sempre le conclusioni delle sue lettere spesso tempestose nei miei riguardi. Mi meravigliano perché cambiano improvvisamente tono rispetto al testo dell'intervento. Questa sua ennesima lettera finisce in un sorprendente «cordialità». Se mi ritiene responsabile di istigazione a delinquere, mi denunci alle competenti autorità. Ho pubblicato la lettera di quel tale perché particolarmente infame e vile e proprio perché i lettori hanno diritto a conoscere che non tutti siamo uguali. Non credo affatto che possa risultare pericolosa. A ogni modo a scongiurarne qualsiasi conseguenza inquietante ci pensa lei con la sua ennesima vibrante requisitoria. [o.d.b.] Precisazioni dal Nord Egregio signor Del Buono, contrariamente al signor «Bartolomeo», autore della lettera del 7 giugno, io sottoscritto - che ho il coraggio di firmarmi per esteso e di chiedere la pubblicazione della mia firma! - dichiaro che non sopporto quegli extracomunitari che invadono la nostra Patria e sottraggono agli indigeni alloggi e posti di lavoro: e questo non per razzismo, poiché farei il medesimo discorso se si trattasse invece di croati o sloveni o austrìaci o svizzeri o francesi, e chi più ne ha più ne metta! Sempre al contrario del signor «Bartolomeo» dichiaro altresì che voglio bene a tutti, indistintamente, i miei compatrioti, dall'Alto Adige alla Sicilia e dal Piemonte-Val d'Aosta alla Puglia, e faccio presente che i meridionali sono italiani che hanno gli stessi diritti e gli stessi doveri di ogni e qualsiasi italiano, in ogni e qualsiasi zona della nostra cara Italia. Riguardo a mafia, camorra eccetera: sono associazioni per delinquere che rappresentano minoranze criminose in mezzo alle maggioranze di cittadini onesti e seri delle loro terre d'origine; ed è malafede volere generalizzare e lanciare demagogiche e false accuse contro le popolazioni del Meridione nella loro totalità, tenendo conto fra l'altro che sono proprio quelle maggioranze oneste e serie che subiscono per prime le conseguenze delle malefatte delle minoranze criminose. Non aggiungo altro. ing. Giuseppe Scolari, Verona Gentile signor Scolari, la ringrazio molto della sua lettera incoraggiante e ottimistica, che mi fornisce la conferma della pronta reattività dei lettori de La Stampa a certe provocazioni dell'ignoranza. Ma con tutta sincerità le confesso, lasciando stare (ma non trascurando, per carità) il Sud e restando al Nord, che quanto si è scoperto e si va scoprendo a Milano mi suggerisce sempre più il timore che non si tratti solo di una minoranza criminosa. E se fosse un sistema di disonestà, come lo è quello della mafia? E, poi, non vedo la mafia troppo indifferente e innocente rispetto ai casi milanesi, [o.d.b.] Un problema non solo italico Gentile signor Del Buono, c'è da spiegare la differenza tra i due termini «Stato» e «nazione». Mi sembra, infatti, abbastanza evidente, leggendo gli scritti che appaiono di volta in volta nelle «Lettere», una certa diffusa ignoranza sull'esatto significato delle sue parole. Sul fatto che, mentre «nazione» si riferisce alle origini, alle tradizioni, alla lingua, agli equilibri sociali dei popoli, «Stato» indica, invece, una porzione di territorio determinata da guerre vinte o per- dute, da trattati, da questioni dinastiche, da giochi di potere e via di questo passo. Qualcuno disse, più di cent'anni fa, quando la Lega non era in auge, che l'Italia (Stato) era fatta e che restavano da fare gli Italiani (nazione). A parte il Mettermeli, piuttosto acrimonioso per ovvie ragioni, il quale definendo l'Italia «una espressione geografica» non era poi molto lontano dalla realtà. Del resto, quando i piemontesi occuparono da conquistatori buona parte della Penisola, nessuno laggiù si sognò di considerarli conterranei. Il problema non è solo italico: Baschi, Irlandesi, Bretoni, Cechi e Slovacchi, ex jugoslavi, ex Urss e via dicendo vanno rimeaolando in vari modi la stessa zuppa. Qualcuno potrebbe maliziosamente osservare che soltanto la Germania si » mossa in senso contrario, ma si è presto accorta di aver avuto troppa fretta. Non dimentichiamo neppire che il sacro, sebbene poco ideritificjbile, suolo della Patria, secondo noj lontane esperienze chiamate Sudeti, /jhschluss, Nizza, Corsica e Savoia, fu u nt degli argomenti fasulli preferiti dalle aborrite dittature. Perché, soprattutto ber i dittatori, quello che veramente q>nta è lo «Stato». C'è da sperare che i (topoli e i governi d'Europa o meglio damondo si accorgano al più presto posibile che soltanto lasciando intatte le tradizioni, i linguaggi, le etnie in tutte le lorpespressioni, e mettendo le bandiere cosiddette nazionali in naftalina, sarà possibile costruire l'armonia indispensabie all'edificazione dell'Europa di domili e del mondo di dopodomani... Fabio Fabiano, Cassato Lei lo spera davvero, gentle signor Fabiano? Ma se va tuto nel senso opposto! [od.b.j

Persone citate: Del Buono, Fabio Fabiano, Giuseppe Scolari, Giuseppe Sortino, Savoia, Sortino