Addio paninaro, è l'ora dell'anfame

Addio paninaro, è l'ora dell'anfame Novità e bizzarrie nel linguaggio giovanile degli Anni 90 svelate da una ricerca. L'influenza di tv, computer e fumetti Addio paninaro, è l'ora dell'anfame Schizzato, tossico, trip: va forte il «droghese» Tv] ROMA L ' EDICENNI all'attacco, m Immaginoso, irridente, il dissacrante: il «giovanile1 se», il gergo dei più giovani, è uno dei linguaggi in rapida trasformazione negli Anni 90. Truzzo (sfigato), swattare (snobbare, filarsela), sfitinzia (ragazza ok), al brucio (alla svelta), tamarro (persona antiquata): tutti termini che sono stati all'ultimo grido nel lessico «paninaro». Sono nate appena due anni fa, ma oggi sono parole vecchie. Arrivano nuovi vocaboli. Il linguaggio giovanile è una fonte inesauribile di sorprese e un universo tutto da indagare: lo afferma un nutrito gruppo di studiosi che ha svolto una ricerca sul campo. I risultati dell'indagine e quelli di un seminario svoltosi a Trento nel 1991 vengono pubblicati in un volume che sta per uscire da Laterza a cura di Emanuele Banfi e Alberto Sobrero: Il linguaggio giovanile negli Anni Novanta, con interventi di I. Bison, M. A. Cortelazzo, L. Coveri, S. Finessi, M. Livolsi, M. Mioni, E. Radtke, A. Ricci. A studenti del primo biennio di scuola media superiore di Milano, Trento, Genova e di Carcare (Savona) è stato sottoposto un test linguistico fatto di termini campione (da imbranato a tosto, da allupato a cuccare) per sondare la diffusione e la conoscenza del gergo più in voga. Quali sono le parole più diffuse? Inventano di più gli uomini o le donne? Il giovanilese tira di più in provincia o nei centri urbani? La ricerca ha dato una risposta a molti quesiti e si appresta, con nuovi test, a verificare i suoi risultati anche al Sud. Nel linguaggio giovanile, dicono gli esperti, la differenza dei sessi non si avverte e maschi e femmine sono entrambi impegnati a usare le espressioni in codice giovanilese. I ragazzi metropolitani sono più aperti alle innovazioni linguistiche, mentre sono più conservatori quelli che abitano in piccoli centri. Ma sia in provincia sia nelle grandi città esistono parole che, nate tra le pareti scolastiche, nei bar, in discoteca, finiscono con il fuoruscire dall'ambito dei quindici-sedicenni e si trasferiscono nel linguaggio comune. In alcuni casi sono i giovani a far scuola di linguaggio nel mondo degli adulti. Cuccare, allupato, sballo; oppure imbranato, fuori di testa, gasato: sono fortunati esempi di parole oggi ben radicate nell'uso comune e che, provenienti dall'effimero linguaggio dei giovani, meritano anche uno spazio nello Zingarelli. Ma non tutti i vocaboli del giovanilese si conquistano un posto al sole. Difficile dire se soprawiveranno, per esempio, bambascione (sciocco), ameba (utilizzato nel senso di pigro), lippare (correre via rapidamente), amorfo (adoperato per indicare chi non è né carne né pesce), poco familiari a chi non è parcheggiato tra i banchi di scuola. Tra i linguaggi più adoperati dagli under 20, di grande attualità è il «droghese»: schizzato, sconvolto, scoppiato, sfatto, stravolto, flippato; e poi pera, tossico, trip. Molto apprezzate le locuzioni esotiche, da «me gusta» a «goldon boy» (ragazzo un po' scemo). Anche il gergo della scuola riscuote molte adesioni con bigiare, leccare (i professori), segare, sturare (bocciare). Ma in vetta alla classifica delle preferenze e delle conoscenze dei giovani vi è il vocabolario legato alle esperienze sessuali: nelle città che gli studiosi hanno passato al setaccio con la loro ricerca hanno dichiarato di utilizzarlo il 90% degli studenti. Quali i termini che vanno per la maggiore, anche se spesso non sono che riscoperte? Ciulare, limonare, sbattere e trombare per l'atto sessuale; bernarda, sgnaccherà, brogna, fregna, formaggio, per il sesso femminile; bigolo, picio, bischero tra le definizioni più insolite per quello maschile. «Il linguaggio dei giovani è molto più complesso e elaborato di quel che appare - sostiene Alberto Sobrero -. Molte delle espressioni più frequenti nascono nei luoghi di ritrovo dei giovani, dalla scuola ai campi sportivi, e poi nel mondo della droga, in quello della musica, nelle caserme o nell'ambito delle associazioni politiche. Vi sono anche i cambiamenti nel tempo in rapporto con le variazioni del costume e con i mutamenti ideologici. Si possono identificare quattro periodi: la goliardia pre-'68, il sinistrese, il riflusso dalla fine degli Anni 70 e il postmoderno, rappresentato dai gruppi paninari, punk, dark». Non sempre la terminologia giovanile è un frutto dell'ultima ora. Sono numerosi gli esempi di un lessico antico riportato alla luce: imbranato è nato prima del 1640 e poi passato attraverso il gergo da caserma, soprattutto degli alpini, nel linguaggio giovanile e poi nell'uso comune; beccare (ottenere con astuzia) fa la sua apparizione prima del 1527; tosto (spavaldo) viene adoperato a partire dalla metà del '600; togo (eccellente) viene dall'ebraico tòt (buono). Dal linguaggio d'annata, e vecchio anche di secoli, ai fumetti: il passo è breve e nel gergo degli under 20 tutto si mescola e il classico «splash, ding, spling» che su Topolino indica il tuffo di Zio Paperone nel mare dei suoi dollari - si accosta a altri rumori: click, swam, il suono della tastiera e della schermata sul monitor, o svrosh-svrosh, quello dell'accensione di razzi. «Il vocabolario dei quindicisedicenni è come una galassia che assorbe e ingloba termini da tanti gerghi - spiega Banfi -, c'è di tutto: parole attuali e parole arcaiche, espressioni popolari, forme colte e anche il dialetto». Silvia Ballestra, ventitreenne scrittrice e studentessa all'Università di Bologna, nata a Grottammare in provincia di Ascoli, nei suoi romanzi, come La guerra degli Anto, usa un parlato che mescola al dialetto le più recenti acquisizioni del giovanilese. «Il dialetto marchigiano - sostiene l'ho sentito usare molto dai giovani della mia regione proprio a Bologna. Per noi studenti è un modo di dare coesione e identità al nostro gruppo, per riconoscerci. Un dialetto, però, che spesso viene deformato, che contiene una vena ironica e espressionista contro il linguaggio banale di tv e giornali. Poi ci sono parole nel dialetto che io trovo veramente belle e più significative della lingua comune. Pertecante per tremolante, riffittozito per indicare una persona goffa e malvestita, o piccoso per permaloso. Oppure pocciuta furia, una definizione che ho usato nel mio libro per descrivere una donna con le tette grosse. Quelli secondo i quali il gergo dei giovani è un modo semplificato per comunicare, sbagliano. Sono le generazioni dei più anziani che non ci capiscono». Ma la televisione, che spesso viene accusata di appiattire e omologare i linguaggi, che parte svolge nella formazione dei nuovi gerghi? «Dalla tv arrivano sollecitazioni - afferma ancora Banfi - soprattutto dagli spot pubblicitari oppure dal linguag- gio dei comici. La vita dei termini presi dalla tv è tanto gloriosa quanto breve. Ma i giovani non sono registratori passivi dei mass media. Al contrario, rielaborano e arricchiscono il linguaggio comico, proprio come accadeva nella Commedia dell'Arte e nel rapporto con il suo pubblico». Aggiunge lo studioso di linguistica Marino Livolsi: «Il piccolo schermo ha prodotto un cambiamento radicale nel linguaggio giovanile. Se prima i termini coniati da studenti e ragazzi circolavano in gruppi ristretti, oggi le loro invenzioni si diffondono, proprio tramite le trasmissioni televisive, a realtà molto più estese. E' una rivoluzione neomassmediologica». Anfame, anfame fracico, sopravvoliamo, brao: sono parole chiave oggi nel mondo giovanile lasciate in eredità dai personaggi di gran successo della trasmissione Avanzi. Ma Francesco Loche, il mezzobusto televisivo che andava a scuola di tristezza da Frajese, dice che di giovani proprio non ne vuol sentir parlare, dei loro gusti e delle loro preferenze non se ne intende: «Conosco e frequento solo vecchi». Mentre ma delle autrici, Linda Brunetta, rileva che l'irnmissione nel cariato giovanile dei tormentoni edegli slogan affidati a Rokko Smtherson o alla «sosia» di Moana può costituire una fonte di aitìcchimento lessicale e anche concettuale: «Dietro gli slogan c'è una filosofia. C'è un modo di riconoscersi nella demistificazione nella satira e nella capacità d dare significati "a sorpresa", the vanno oltre il più diffuso senio comune». Antonio licci, creatore di Drive In, dell'Araba Fenice, di Stri- • scia la notkia, trasmissioni del filone demenziale fra le più seguite dai radazzi, cosa ne pensa del loro lingiaggio? «Tra giovani e tv c'è un apporto di reciproco scambio. Vèr questo cerco di avere delle! antenne nel loro mondo. Ho} miei informatori nella scuolaj una rete di spie, una sorta di Gladio formata da professori chi mi riferiscono se uno dei miei (Drmentoni ha fatto breccia. Ma li Gladio funziona anche al contóario: mi riporta le ultime novità tra i giovani e io me le appropiio per i miei programmi. Non «redo che il giovanilese dannegji i giovani; è un modo di giocai con le parole. E, come si sa, gbcando s'impara. Quando ero adolescente la mamma mi sgridavi se dicevo "casino": oggi ci mmea poco che la usi anche lei. Gè male c'è?». Mirella Serri prio commedia decon il suoAggiunstica Maschermo mento rgiovanileniati da slavano inloro inveproprio ttelevisiveestese. Emassmed La scrittrice-studentessa Silvia Ballestra mescola nei suoi romanzi dialetto mirchigiano e «giovanilese». Sotto Francesco Loche e a sinistra Corrado Guzzanti-Rokko Smithersor. protagonisti della fortunata trasmissione «Avanzi». In basso l'autrice Linda Brunetta

Luoghi citati: Bologna, Carcare, Genova, Grottammare, Milano, Roma, Savona, Trento