«Falcone, il diario accusa Palermo»

«Falcone, il diario accusa Palermo» Il sen. Calvi, numero due dell'antimafia: non si fidava di questura e carabinieri «Falcone, il diario accusa Palermo» Borsellino: le dichiarazioni vanno provate E il giudice Celesti lo convocherà con Ayala ROMA. I diari di Giovanni Falcone sono al centro dell'ennesimo giallo estivo palermitano. Com'era prevedibile, il detonatore innescato a Genova dalle dichiarazioni dell'on. Giuseppe Ayala ha dato il via ad una serie di reazioni a catena. Ci sono tutte le premesse, insomma, che si ripeta un'altra «estate dei veleni». Al centro si trova ancora il palazzo di giustizia di Palermo, ma non solo: le polemiche sembrano destinate ad allargarsi agli apparati investigativi della città. A coinvolgere gli altri «palazzi» ha provveduto, con una durissima dichiarazione, il socialista Maurizio Calvi, senatore, vicepresidente della commissione parlamentare antimafia nella scorsa legislatura. Calvi ha detto di confermare in pieno quanto rivelato da Giuseppe Ayala a proposito «dell'esistenza della memoria storica del giudice Falcone, in cui venivano annotate le percezioni o i segni della sua vita di magistrato e le percezioni e i segni del malessere esistente nella città di Palermo». Malessere? Calvi non ha dubbi: «Falcone non si fidava in alcun modo né della questura di Palermo né del comando dei carabinieri di Palermo, né tantomeno di alcuni pezzi importanti all'interno della prefettura di Palermo». Queste cose, Falcone le avrebbe confidate al senatore in occasione del viaggio della commissione antimafia a Vienna, quando il giudice era consulente dello stesso organismo parlamentare. «Già in quell'epoca - ha aggiunto Calvi - il giudice Falcone presentiva sensi del suo malessere e della sua morte». Secondo il vicepresidente dell'Antimafia, il magistrato gli riferì di temere profondamente quegli intrecci, tanto da auspicare che «qualsiasi operazione nella città di Palermo doveva avvenire all'oscuro di questi apparati e la gestione del pentito Contorno veniva fuori da quell'ambiente». Calvi ha precisato anche che «il giudice Falcone, proprio per la delicatezza della situazione, ogni qualvolta aveva necessità di assumere informazioni andava direttamente presso gli uffici della questura o dei carabinieri a ritirare personalmente fascicoli, proprio perché non si fidava in alcun modo di questi apparati». Parole dure come macigni, che certamente non mancheranno di suscitare reazioni a Palermo. I primi commenti sono già arrivati. Il procuratore aggiunto, Paolo Borsellino, a proposito delle rivelazioni di Calvi, ha commentato: «Spero che chiarisca al più presto il senso delle sue dichiarazioni, accompagnandole con argomenti, fatti e circostanze precise». Anche il procuratore Salvatore Celesti, titolare dell'inchiesta sulla strage di Capaci, auspica un approfondimento da parte del sen. Calvi. Tanto da annunciarne la convocazione insieme con l'on. Giuseppe Ayala, con cui dovrà parlare degli appunti di Falcone. Un diario la cui esistenza Ayala conferma senza esitazioni. E precisa: «Sonn corto che c'era. Si tratta di materiale certamente non utile per le indagini, ma lo stesso importante perché rivela la tormentata vicenda umana e professionale di Giovanni Falcone. Un uomo offeso, a volte infamato. Per questo è giusto portare alla luce la "sua" verità sui fatti di quegli anni. E' il solo modo per onorarne la memoria». Sulla vicenda del floppy-disk di Falcone interviene anche Liliana Ferrare-, stretta collaboratrice del direttore degli affari penali del ministero. La Ferraro afferma di non aver mai saputo che Falcone tenesse un diario. E mette in guardia, preoccupata, contro «la speculazione che segue le parole di Ayala, quasi che dalla esistenza di un preteso diario si possa immediatamente pervenire alla scoperta degh* autori della strage». Secondo la Ferraro, che per il momento regge l'ufficio che fu di Falcone, c è un solo testamento lasciato dal giudice. Ed è «scritto nelle indagini svolte, nelle istruttorie portate a compimento», fino a diventare «cosa giudicata anche per la Cassazione». Il testamento di Falcone, dice la Ferraro, «sta nella strategia globale di un'efficace lotta alla mafia, disegnata negli anni ottanta e portata avanti attraverso la costituzione della Direzione nazioale antimafia». Francesco La Licata Liliana Ferrara, collaboratrice del direttore degli affari penali al ministero della Giustizia «Non mi risulta che il magistrato avesse un floppy-disk segreto» Il giudice Giovanni Falcone con la moglie e (a fianco) il senatore Maurizio Calvi del psi