Una maxitaglia per trovare Farouk di Vincenzo Tessandori

Una maxitaglia per trovare Farouk Lavoratori e studenti in corteo a Porto Cervo, la Chiesa invita i sardi a reagire alla violenza Una maxitaglia per trovare Farouk | La propongono gli operai Enichem COSTA SMERALDA DAL NOSTRO INVIATO Forse è l'ora dei «bounty killer», dei cacciatori di taglie, di chi per denaro è disposto a tutto, anche a spezzare la legge ferrea del silenzio. Non è un discorso per gentiluomini: è un discorso pratico. Se dopo 159 giorni Farouk Kassam è ancora prigioniero, se i banditi crudeli che lo hanno preso e mutilato sono ancora liberi, insomma, se le indagini hanno fruttato soltanto la scoperta di un «covo» purtroppo deserto, sembra arrivato il momento di ricorrere a un'arma in più, magari inelegante ma sovente efficace. Così i lavoratori dell'Enichem Fibre di Ottana hanno lanciato l'idea di mettere una taglia sulla testa dei criminali. La chiamano «fondo unico da offrire a chi darà informazioni certe e sicure sul rapimento del piccolo Farouk e consentirà la cattura dei mostri che l'hanno rapito e seviziato». Loro non dicono «taglia», come se il termine fosse troppo aspro o ufficiale. Ma il senso è lo stesso. E hanno fatto anche i conti: quattro, forse cinque miliardi, frutto di una trattenuta di un'ora sulla busta paga da parte dei 400 mila lavoratori dipendenti sardi saranno versati senza tante storie nelle tasche di chi «romperà il muro di omertà». La gente si è mobilitata, vuol far sentire la propria pressione, il disprezzo per questi banditi che paiono davvero aver superato ogni limite. C'è stata una manifestazione nella piazzetta elegante di Porto Cervo, in mattinata, davanti al mare. C'erano i minatori di Iglesias, della Sim, la società mineraria dell'ente di Stato: sono in lotta per impedire la chiusura delle miniere, ma son voluti venire fin quassù lo stesso. La loro è stata ima decisione meditata e, dice uno sui 40, tarchiato, con mille rughe disegnate sul volto: «Quando siamo in miniera noi sappiamo che i nostri figli sono a casa e stanno bene. Vorremmo che anche per Farouk fosse così». Poi hanno parlato i politici e Francesco Roych, sindaco democristiano di Arzachena, parla del progetto di un incontro a Roma fra tutti i sindaci sardi e di una marcia al Santuario di Galanoli, dove i banditi hanno fatto il loro ultimo ricatto e inviato il pacchetto con il lobo di un orecchio di Farouk. Ma c'erano anche i bimbi, i compagni di scuola di Farouk, frastornati, storditi, addolorati. Bimbi di otto anni, incredibilmente teneri e fragili. Samuel ha la vocetta rotta dall'emozione quando legge la letterina indirizzata al piccolo amico prigioniero. La gente ascolta e tace. Dice il bimbetto: «Caro Fa¬ rouk, forse tù non lo sai, ma siamo stati promossi tutti, anche tu! Sei sempre nei nostri cuori». Poi ha un attimo di impaccio, Samuel, e guarda verso i grandi. Quando riprende a parlare accenna alle cose che per loro sono importanti: «Siamo dispiaciuti perché non eri con noi ai Giochi della Gioventù. Torna presto, ti aspettiamo, ti abbracciamo forte». Poi, con un moto d'orgoglio, il bimbo mormora: «Frequentiamo la quarta elementare della scuola di Abbiadori, noi e Farouk». La gente si è guardata in faccia, muta. Forse 600 persone: è ancora lontana la stagione delle folle. «Sì, i turisti sono meno numerosi, c'è un calo di circa il trenta per cento, ma non credo che abbia inciso questo sequestro sciagurato», dice Giorgio Costa, 48 anni, cagliaritano, direttore dell'Hotel Le Ginestre. E prosegue: «No, le ragioni sono altre. Per esempio, mancano molti milanesi e penso che questo dipenda da ciò che sta accadendo per lo scandalo delle tangenti». La Chiesa ha preso una posizione decisa, non si può rimanere indifferenti, la gente, ha tuonato monsignor Ottorino Alberti, arcivescovo di Cagliari, deve «operare una scelta di campo tra la cultura della violenza e la cultura della convivenza. Dinanzi al dramma inaudito ed esecrando, che vede innocenti protagonisti il piccolo Farouk Kassam e la sua famiglia, ma che coinvolge l'intera Sardegna avrei preferito tacere e affidare a una silenziosa preghiera l'invocazione a Dio perché tocchi il cuore dei responsabili di tanta crudeltà». Ma non sono più i giorni del silenzio, le parole del vescovo si son fatte dure: «Non è più possibile e non è più permesso coltivare visioni ideali, romantiche e romanzate del banditismo, respingendo in maniera decisa qualunque giustificazione di ordine morale o economico. E' il momento di interrogarci sul significato di un avveni- mento così tragico come la mutilazione di un bimbo a scopo di estorsione. Le radici del banditismo sono esse stesse degeneri e perverse». Dopo giorni di silenzio ha fatto udire la sua voce anche don Luigino Monni, che ha ricevuto dai banditi l'incarico di portare il pacchetto col feroce ricatto, alla messa mattutina nel Santuario di Galanoli, fra Orgosolo e Mammoiada. Si è rivolto direttamente ai banditi che lo avevano cercato. «Mettetevi una mano sulla coscienza e rendetevi conto del male che state facendo!». E da Nuoro il vescovo Giovanni Melis, a sera, gli ha fatto eco: «Sono inorridito, avvilito e umiliato. Mai avrei creduto che degli individui arrivassero ad una tale degradazione da mutilare e torturare un innocente. I fuorilegge della sfortunata terra di Barbagia hanno superato se stessi gettando nella vergogna tutti i loro conterranei». Nella casa sulla collina di Pantogia è trascorsa un'altra giornata d'attesa. Fateh Kassam e la moglie Marion attendono un nuovo segnale. E trepidano. Ed è tornato anche l'assedio dei fotografi e dei cineoperatori, come nei primi giorni del sequestro. Tutti sperano che ci si avvicini alla conclusione. Ma davvero ci siamo? Vincenzo Tessandori Il messaggio dei compagni di scuola: «Sei promosso» La manifestazione di Porto Cervo per il piccolo Farouk Kassam, A destra: il bambino rapito |

Persone citate: Farouk Kassam, Fateh Kassam, Francesco Roych, Giorgio Costa, Giovanni Melis, Lavoratori, Luigino Monni, Ottorino Alberti

Luoghi citati: Arzachena, Cagliari, Iglesias, Mammoiada, Nuoro, Orgosolo, Ottana, Roma, Sardegna