Il partito «Famiglia Cristiana»

Il partito «Famiglia Cristiana» GIORNALI CATTOLICI E POLITICA Il partito «Famiglia Cristiana» Tempesta sulla rivista per l'appoggio a Segni lini \ AMILANO CCUSE, sferzate, ogni articolo un calcione. Di scissione e di secondo partito cattolico per ora non si parla, ma l'attacco c'é ed è robusto. A puntare le batterie contro la «vecchia de» è scesa in campo un'armata potente. Il quartier generale? Il settimanale Famiglia Cristiana, «sei milioni di lettori ogni sette giorni, il polso dell'Italia reale», come dice il giornalista Vittorio Messori. Il campo di battaglia? Il mondo cattolico e i suoi elettori. La parola d'ordine? Brutale: signori, ci avete rotto, rinnovatevi o toglietevi dai piedi. «La riforma urge», scrive puntualmente ogni settimana il giornalista Beppe Del Colle nella pagina intitolata «L'editoriale». E dopo il voto disastroso del cinque aprile la ramanzina è diventata guanto di sfida, diktat: «Se quello che non funziona più è il sistema dei partiti bisogna cambiarlo radicalmente... E se la de non ne afferra l'urgenza, l'unità politica dei cattolici può avere ancora senso proprio nella direzione delle riforme, con tutte le forze disponibili». De attenta, sei all'ultima spiaggia. Perché dietro l'angolo, dice il settimanale delle Edizioni Paoline, ci sono due alternative: gli Orchi della Lega, che al Nord hanno già abbondantemente divorato il voto cattolico, o un principe leale e intemerato, l'unico condottiero in grado di fermare le Forze Oscure: Mario Segni, figlio di Antonio, da Sassari. E' il megafono della rivolta, Famiglia Cristiana? Se negli Anni Settanta era soprattutto la rivista dei gesuiti Civiltà Cattolica a pesare sul dibattito fra i partiti, se a metà degli Anni Ottanta era stato Il Sabato con quella sua inchiesta «Tredici anni della nostra storia» (benedetta dal filosofo Augusto Del Noce e messa al rogo dai cattolici di sinistra) a movimentare la politica, tocca ora al settimanale Paolino. E' Famiglia Cristiana un nuovo partito di idee all'assedio del Palazzo? Un trampolino di lancio per Mario Segni e i «rifondatori» della de? «No», risponde Beppe Del Colle, vicedirettore fino a due anni fa. «E lo dico subito chiaro e tondo: non siamo l'altoparlante di nessuno, nemmeno di Segni. Facciamo opinione, esprimiamo liberamente delle idee: tutto qui. Non abbiamo mai appoggiato correnti all'interno della de né lo faremo. E non abbiamo mai manifestato la minima propensione per il secondo partito cattolico». Nega il giornalista Del Colle. Ma conferma il politologo Gianni Baget-Bozzo: «Sì, in un certo senso Famiglia Cristiana si comporta anche come un partito. E' potente, produce opinionismo forte, lancia messaggi, influenza elettori e uomini politici. La de oggi è un partito ferito, e non so se i vescovi siano del tutto d'accordo con questi attacchi. Del resto va ricordato che più di una volta i Paolini sono stati richiamati dalla gerarchia ecclesiastica per le loro posizioni...originali». Nega anche il direttore del settimanale Il Sabato, Alessandro Banfi. «Non esageriamo: il partito di Famiglia Cristiana non esiste. La rivista produce idee, discute e fa discutere sulle cose opinabili. Non mi sembra che tiri aria di rottura con la de». Accusa il cattolico Gennaro Acquaviva, capo della segreteria politica del psi: «Famiglia Cristiana è uno strumento politico che da molti anni svolge una funzione politica: sinistreggiante prima, di destra oggi con l'appoggio a Segni. E' una rivista che si vende in chiesa, all'uscita della messa domenicale e ricordo perfettamente un articolo di due anni fa, il giorno delle elezioni. Comprai il settimanale prima di andare a votare e trovai un editoriale che sponsorizzava i comunisti. Che i Paolini facciano politica non è una novità. Che cos'è l'appoggio a Segni? Interventismo in politica realizzato con un giornale che si vende in chiesa». Allora, Del Colle, siete veramente gli sponsor di Segni? «Lo ripeto: non sponsorizziamo nessuno. Siamo fuori da ogni operazione politica e tali vogliamo restare». Però lei ha partecipato a Roma alla riunione dei Nuovi Popolari. Perché? «Sa come è nato il rapporto con Segni? Io non lo conoscevo. Mi ha telefonato lui: ho letto i suoi editoriali - mi ha detto -, verrebbe a Roma a fare quattro chiacchiere? Ho risposto subito che andavo a titolo personale, che Famiglia Cristiana non doveva essere minimamente coinvolta. Ho informato il direttore, don Zega, e sono andato ad ascoltare». Ad ascoltare il «De profundis» per la de con la voglia di fondare un secondo partito cattolico? «Guardi, su quella riunione si sono scritte un sacco di sciocchezze. Eravamo in quattordici, c'era il nucleo della vecchia Lega democratica, Scoppola, Pedrazzi, Gorrieri, c'era gente delle Acli, sindaci. Quattordici: e non uno, dico uno, si è detto favorevole al secondo partito cattolico. La bat- taglia si fa nella de, non fuori». Perché allora si è parlato di «manifesto dei Nuovi Popolari»? «Dopo la riunione Scoppola si è preso l'impegno di stendere una specie di manifesto, le idee per la riforma della politica. La defini- zione "Nuovi Popolari" va alle radici e all'insegnamento di Sturzo: non si tratta di fondare un partito ma di portare la de alle idee dell'origine». Ma non è stato Segni a dire che rinnovare la de, dall'interno, è difficilissimo? «E' vero: rifare le regole dei congressi, azzerare il tesseramento, cambiare la struttura interna e un'impresa tremenda». E allora? «Segni è molto tagliato fuori dai giochi di partito: non fa parte nemmeno del consiglio naziona¬ le. Ma uno strumento ce l'ha: i referendum. Può vincere nella società per avere più forza nel partito». Ma sulla ricetta Segni il mondo cattolico marcia diviso. «Si sono autodefiniti Nuovi Popolari - osserva il direttore del Sabato - Ma che cosa c'è di meno popolare del collegio uninominale sbandierato nel loro progetto di riforma? E' la strada dei notabili, dei ricchi». Dice che bisogna cambiare il gesuita padre Giuseppe De Rosa, editorialista di Civiltà Cattolica: «La de rischia l'agonia, ma il medico va cercato all'interno. Le scissioni non servono. Che cosa ha preso la Rete alle elezioni? L'uno per cento». Del resto, nota Messori, il secondo partito cattolico c'è già: la Lega. «Lo vedo qui al Nord: il nucleo duro del leghismo è il voto ex democristiano aggregato a certe parrochie di campagna. A questo punto la de deve darsi una scrollata. Se anche un piemontese tranquillo come Del Colle si mette ad alzare la voce, vuol proprio dire che bisogna alzare le barricate». Con Mario Segni? «No, Segni non basta: ci vuol altro. Continuino pure i partiti a fare i soliti giochini: il sistema finirà per avvitarsi su se stesso, e allora arriverà qualcuno che manderà tutti a casa». Mauro Anselmo Acquaviva (psi): fa propaganda in chiesa Del Colle: non siamo sponsor di nessuno Qui a fianco: Vittorio Messori A sinistra: Gennaro Acquaviva A fianco: Beppe Del Colle In alto: Gianni Baget-Bozzo Il de Mario Segni Al settimanale dei Paolini piace la sua politica di rinnovamento della de

Luoghi citati: Italia, Roma, Sassari, Segni