«II vecchio pci guida la Quercia» di Vittorio FoaMaria Grazia Bruzzone

«II vecchio pci guida la Quercia»L'INTERVISTA PARLA MARIELLA GRAMAGLIA «II vecchio cei guida la Quercia «F Vittorio Foa l'unico cavaliere senza macchia» ROMA ARIELLA Gramaglia, 43 anni, due figli, ex giornalista, passato femminista ma non marxista, già direttrice di Noi Donne, poi deputata della Sinistra Indipendente, entusiasta della «svolta» occhettiana, candidata a Roma alle ultime elezioni nelle liste pds, è stata bocciata per pochi voti. Occhetto le ha proposto di entrare nella segreteria. Ma lei ha rifiutato. Come mai? Francamente, mi sembrava un clima troppo confuso. E non tanto per la conferenza stampa dei miglioristi e per il cambio di maggioranza nella segreteria, sul quale avrei comunque da ridire. Quanto per tutti i vegliardi di partito, animati da spiriti fratricidi, che impazzano di nuovo spargendo la loro acrimonia. Pensa a qualcuno in particolare? Penso ai vari Bufalini, Tortorella, Macaluso, Ingrao, i dirigenti della vecchia guardia che contano di nuovo moltissimo e sono persone piene di livore, che si portano addosso decenni di recriminazioni, odi e polemiche politiche ma anche personali. Oggi poi, i veleni che spargono si legano a fatti anche più sgradevoli come i finanziamenti dall'Urss e le tangenti di Milano. E le accuse reciproche, i trabocchetti, le pugnalate, sono anche più pesanti. Senza di loro andare d'accordo sarebbe più facile? Forse sì. Quando partimmo con la svolta, l'idea era che si dovesse creare una fusione fra una generazione di quaranta-cinquantenni che avevano fatto l'esperienza comunista ma ne erano usciti e i loro coetanei che venivano dalla società civile. Questa era la novità. Da una parte gli Occhetto, D'Alema, Veltroni, Mussi, dall'altra gli Arlacchi, Salvati, Paci, lo stesso Paolo Flores: l'impressione era che si potesse creare una buona armonia fra gente che veniva dopo il togliattismo e aveva l'età giusta per non stare lì sempre a piangere sul proprio ombelico. E invece? Invece quel che è rimasto è la grande demoralizzazione degli esterni, una maggiore fragilità degli interni giovani e una gran voglia di rivincita dei vecchi comunisti, che oggi si sono collocati in correnti diverse e però mantengono la loro vecchia mentalità, peggiorata dall'inasprimento degli ultimi tempi. Qualcosa da ridire sulla Bolognina numero due? Io mi considero un osservatore esterno. Ma credo che, se su Milano non si fosse sbagliato all'inzio, si sarebe potuto evitare di spargersi il capo di cenere. Parlare di mele marce è stato riduttivo, e gettare fango sui miglioristi poi, come se ci possa essere una parte del partito "più predisposta" a sbagliare, è stato inaccettabile. E controproducente, dal momento che ha innescato una reazione a catena di accuse. La base non ha gradito la vicenda Rodotà, Lei come ha vissuto quell'episodio? Credo che in quella storia siano stati compiuti errori da tutte e due le parti. Anche Rodotà non è un santo. Siamo stati cinque anni insieme nella sinistra indipendente e posso dire che è un narciso come molti altri. Del resto, nel partito e dintorni cavalieri solitari senza macchia né paura non ce ne sono. Tranne uno, forse. Chi? Vittorio Foa, l'unico rimasto. Diceva che non le è piaciuto neppure il subitaneo cambio di maggioranza. E' vero. Se si dovevano mollare i miglioristi, allora la maggioranza gli occhettiani potevano farsela da soli. Non c'era nessun bisogno di schiacciarsi contro gli ingraiani che ormai fra l'altro non contano niente. La vede come segreteria protettiva anti-D'Alema? Può darsi. Sicuramente D'Alema non vi ha messo piede, né mano. Di dalemiani dentro c'è solo Livia Turco. Anche se ci sono spiriti liberi come Mauro Zani, Franco Bassanini, Piero Fassino. Comunque sia, entrare in segreteria resta un onore. E c'è chi ha accettato. Paola Gaiotti De Biase, per esempio, un'esterna come lei. E come lei non eletta. Io sono stata sempre stata contraria alle giubilazioni. Il fatto vero è che gli esterni hanno tutti vissuto delle campagne elettorali disperanti, in totale solitudine, con l'apparato che ha appoggiato solo i suoi figli. E quasi tutti sono stati sconfìtti. Questo purtroppo è un dato di realtà che non si può compensare accettando di essere giubilati. Diversamente dalla Gaiotti, credo che, se queste cose succedono, l'unica via di uscita seria è quella di riprendere le proprie radici nel proprio lavoro e nei propri rapporti nella società civile. La politica di professione in un partito non la tenta? Direi proprio di no. Forse se avessi un mandato parlamentare sarebbe diverso, perché risponderei agli elettori. Ma così no, non è adatto a me. Del resto, vedo che Paolo Flores non lo considera adatto a lui. Giuliana Zincone lo stesso. Idem Michele Salvati. Forse, non è un caso. Maria Grazia Bruzzone «Neanche Rodotà è un santo E' un Narciso come gli altri» A sinistra: Mariella Gramaglia In aito Paolo Bufalini

Luoghi citati: Milano, Roma, Urss