Una voce ad alta fedeltà ma compressa in poche migliaia di bit di Piero Bianucci

Una voce ad alta fedeltà ma compressa in poche migliaia di bit TELECOMUNICAZIONI Una voce ad alta fedeltà ma compressa in poche migliaia di bit COME «Tuttoscienze» ha annunciato qualche settimana fa, a settembre arriveranno nei negozi di Hi Fi i lettori e i registratori per la cassetta digitale (in sigla, Dee), un matrimonio tra la vecchia cassetta magnetica analogica (nata nel '63) e la tecnologia dei compact disc. Questa cassetta, frutto di anni di ricerche nei laboratori della Philips, ha il vantaggio, rispetto a una sua consorella della Sony già in circolazione da un paio d'anni, di essere compatibile con i tradizionali lettori e registratori analogici in quanto il nastro magnetico ha la stessa altezza e scorre alla stessa velocità. Naturalmente ottenere la compatibilità non è stato facile. Su un esiguo spazio di nastro altezza 3,7 millimetri, velocità 4,75 centimetri al secondo - si è dovuto concentrare un enorme numero di informazioni elementari (bit) corrispondenti alla traduzione del suono in cifre binarie. In che modo? Il trucco a cui si è fatto ricorso è quello della «compressione» dei dati. In pratica, si è riusciti a ridurre le informazioni del 75 per cento: da un milione e 536.000 byte al secondo (1 byte = 8 bit) ad appena 384 mila byte. Il processo escogitato in casa Philips è il Pasc (codifica di precisione adattativa a sotto-bande). Grazie ad esso, vengono eliminati tutti i segnali sotto la soglia di udibilità e tutti i segnali «mascherati», cioè sovrastati da segnali simili in frequenza ma di maggiore intensità. Questi tagli, secondo le teorie psicoacustiche, non sono avvertibili, e quindi non abbassano la fedeltà della riproduzione sonora. La compressione dei dati è molto importante non soltanto nel caso della nuova audiocassetta ad alta fedeltà ma in tutta la tecnologia digitale: è chiaro, per esempio, come sia conveniente, per occupare un minor numero di canali, ridurre il numero delle informazioni quando si trasmettono comunicazioni telefoniche o immagini televisive. In questo campo lo Cselt, il Centro studi e laboratori Telecomunicazioni della Stet con sede a Torino, ha molto lavorato negli ultimi dieci anni e, per ciò che riguarda l'elaborazione della voce, i risultati sono ora ben documentati su un compact disc prodoUo dallo stesso centro di ricerca torinese. La prima parte del Cd è dedicata ai progressi nella sintesi della voce tramite il computer. La seconda parte tratta la compressione dei dati nella codifica del segnale audio. Si è lavorato in particolare sulla voce così come viene trasmessa per telefono, cioè entro una banda che non va oltre i 3.400 Hz (una maggior fedeltà non servirebbe a nulla). Un suono che sta entro i 3400 periodi al secondo può essere trasmesso in forma numerica alla velocità di 64 mila bit al secondo mantenendo la stessa qualità del segnale analogico. Bene, già nel 1984 allo Cselt si era trovato il modo di comprimere le informazioni in metà spazio: 32 mila bit al secondo. Dell'anno scorso è un passo ulteriore: una nuova tecnica di codificazione ha permesso di ridurre i bit necessari a 16 mila al secondo. E' chiaro che così si riduce di un quarto anche il numero delle linee telefoniche necessarie. Il risparmio è tanto più importante nel caso del telefono cellulare perché sappiamo come si stiano ormai esaurendo le frequenze disponibili. Ma in questa tecnologia si aggiungono altre difficoltà: i disturbi e la necessità di tutelare la segretezza della comunicazione. Con l'occhio al telefono cellulare, allo Cselt si è dunque cercato di andare oltre. Il compact disc ci fa sentire alcune frasi codificate con 11.400 bit al secondo, di cui soltanto 6.550 sono dedicati al segnale vocale, mentre gli altri servono a prò teggere l'informazione tra smessa. Il risultato è molto buono. Dicevamo che il telefono si accontenta di una banda sonora di 3.400 Hz. Una maggior fe deità richiede che si passi a una banda di almeno 7.000. Anche in questo caso i ricercatori del lo Cselt sono riusciti a compri mere fortemente il segnale: pri ma l'hanno costretto a stare in 64.000 bit al secondo, poi addi rittura in 16 mila, con una per dita di qualità quasi inawertibile. Morale? Quando ascolteremo le cassette digitali ad alta fedeltà, inviamo un pensiero riconoscente ai tanti tecnici che hanno lavorato per comprime re il segnale fino a limiti che soltanto dieci anni fa sembra vano irraggiungibili. Piero Bianucci

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