L'Olanda e il calcio i perché di un amore

L'Olanda e il calcio i perché di un amore Europei: come nasce il fenomeno arancione L'Olanda e il calcio i perché di un amore OOETEBOHO DAL NOSTRO INVIATO Ai Mondiali del 1974 fu uno scandalo. Mogli e fidanzate in albergo, a giorni stabiliti, bagni «comunitari» e, soprattutto, «pubblici», nella piscina dell'albergo. C'era di mezzo la finale, e così i giornali popolari tedeschi fecero dell'Olanda, perché è dell'Olanda che stiamo parlando, una discoteca ambulante, una combriccola di nottambuli, dedita alla birra più che al pressing. Adesso, invece, è la prassi. E le uniche campagne, senza virgolette, sono quelle di Varberg, sul mare, ecologiche e non avvelenate, proprio come piaceva alla Bild. L'Olanda sta lì: e lì, ieri, festa svedese di Midsommer (mezza estate, il giorno più lungo dell'anno) sono arrivate le donne dei campioni. Ma non è questo il pùnto. Il punto è un altro. Se gli Europei si sono messi in moto, il merito va distribuito fra la nazione che li ospita e il Paese che ne ha vinto l'ultima edizione. Dopo SveziaInghilterra, ecco. Olanda-Germania. Uno spettacolo, finalmente. Occhi pieni di Rijkaard: attaccante (suo il gol apripista), ispiratore (suo il lancio all'origine del 3-1), difensore (suoi, nell'ultima mezz'ora, i tackles più ringhiosi su Riedle e Klinsmann). Prima di lui, Neeskens: e, da noi, Tardelli. Giocatori eclettici, universali: padroni di ogni materia che trattano, e non specialisti dell'infarinatura. L'Olanda è una striscia di terra strappata al mare, il numero di tesserati sfiora il milione - su 15 milioni scarsi d'abitanti -, il calcio, da sempre, costituisce non solo un mezzo d'emancipazione, ma anche una forma di cultura. Intreccio di razze, posizione geografica, influssi nordici, tutto concorre alla creazione di una scuola «positiva», d'attacco, dalle tattiche sofisticate, e, nello stesso tempo, umorale. Anzi, molto umorale. Quando non sono allegrò, gioco male: lo dice Gullit, non l'ultimo degli apprendisti. Fra calcolo e rischio, scelgo il rischio: parola di un leader storico (Ruud Krol), non di un gregario smargiasso. Grandi allevatori hanno prodotto grandi giocatori. La para- boia di Rinus Michels e Johan Cruyff, la mente e il braccio del calcio totale, ne rappresenta il riscontro più immediato e suggestivo. La partita inaugurale della nazionale olandese rìsale al 30 aprile 1905, ih Belgio, cinque anni prima del debutto dell'Italia (a Milano con la Francia): 4-1, subito fuochi d'artificio. > Le cifre vanno interpretate, d'accordo, ma nei numeri, a volte, si riflette la mentalità di una nazionale, se non proprio di un popolo. E allora: 7-0 al Belgio nel 1910, 5-5 con la Germania nel 1912, 8-0 alla Francia nel 1923. La «guerra» alla spilorcerìa nasce spontanea, e nidifica in fretta, di generazione in generazione, se è vero, com'è vero, che il primo 0-0 vedrà la luce soltanto nel 1923, il 10 maggio, contro i tedeschi, a 18 anni dal battesimo. La semina continua quasi in clandestinità, nel senso che sino agli Anni Settanta, o giù di lì, l'Europa guarda con distacco a quello che la piccola, laboriosa, arrogante Olanda cova nel suo ventre, aperta com'è a tutti i venti, a tutte le mode, a tutte le ex colonie. E' l'Ajax che trasforma un comune timbro postale in un francobollo da collezione: raro, ricercato, sgargiante. E' Michels. E' Cruyff. Quando arriva l'epoca del raccolto, l'Europa è distratta, spiazzata. Le coppe del Féyenoord, dell'Ajax, delPsv Eindhoven sconvolgono gerarchie fossilizzate. Gli olandesi non giocano come gli italiani (difesa e contropiede), ma neppure come gli inglesi (palla lunga e pedalare). La loro è una stimma che abbraccia trappole giganti e attacchi sfrontati, e salda l'arma del pressing alla tattica del fuorigioco (quanto odiosa, Dio solo lo sa: e dopo FranciaDanimarca, anche Platini...). Squadra corta, e ogni giocatore legato all'altro da un afflato, come cure?, musicale. Con Cruyff, la nazionale si classifica seconda ai Mondiali del 1974, e senza Cruyff si ripete nel 1978 in Argentina. Ma per la cerimonia d'incoronazione bisogna aspettare ancora un po'. Bisogna attendere che l'Olanda bianca assorba l'Olanda nera, a : capo di un processo esplosivo nella vita quotidiana, e non privo di spinte centrifughe (si pensi al razzismo strisciante di Libregts, ex et.) nell'ambito sportivo. Dallo scrigno del Sminarne (sino al 1975, Guyana olandese) cominciano a uscire talenti. Per la storia, il primo «oriundo» a indossare l'arancio della nazionale fu tale Humphrey Mijnals, il 3 aprile 1960, contro la Bulgaria. Poi più niente d'importante, sino all'ottobre del 1979, quando viene il turno del «cinese» Tseu La Ling. E siamo alla grande ondata: Gullit, Rijkaard, Vanenburg, Winter, Roy, Menzo, tutti nati in Olanda, ma tutti «del» Surìname. Il titolo europeo del 1988 è, per ora, l'unico frutto tangibile della fusione fra le due Olande. Quello svedese potrebbe essere il secondo, nel segno di un modello che conta ormai imitazioni in tutto il mondo. Roberto Becca riti ni Festa olandese: in mezzo al campo i giocatori salutano i tifosi dopo la netta vittoria di giovedì sulla Germania Rijkaard, un gol contro I tedeschi