Nel Palazzo tornano le occasioni perdute di Alfredo Recanatesi

Nel Palazzo tornano le occasioni perdute AMATO ALLA PROVA Nel Palazzo tornano le occasioni perdute NEL 1988 Giuliano Amato, ministro del Tesoro, curò l'elaborazione di un piano di risanamento della finanza pubblica. In quel piano aveva molto creduto e vi si era impegnato anche politicamente. Ciò nondimeno, le cose continuarono ad andare come e peggio di prima. Ora, nel tentativo di formare un governo, Amato si ritrova a dover riprendere quel discorso non solo interrotto, ma anche stravolto. Nei suoi scherzi il destino non è sempre spiritoso. Amato, infatti, ha avuto l'incarico di formare il governo nell'anno in cui il suo piano fissava il raggiungimento della chimerica stabilizzazione del debito pubblico. Le cose, invece, sono andate in direzione opposta: venne l'era di Andreotti, Pomicino e (suo malgrado) Carli che ha lasciato un impronta devastatrice nella pur devastata storia della finanza pubblica. Quel piano può essere così assunto come emblema delle occasioni perdute. Era un piano studiato con il contributo di tanti economisti dei quali oggi si vocifera per incarichi ministeriali e che non prevedeva affatto «lacrime e sangue», ma solo la eliminazione di storture e paradossi dei quali, nei due anni al Tesoro, Amato aveva fatto un puntiglioso inventario. Il triste destino toccato al suo piano non è significativo del suo operato di ministro del Tesoro che ora, al contrario, va ricordato per la sua incisiva e coerente carica innovatrice. Seguace della scuola del «riformismo di basso profilo», passo dopo passo introdusse modifiche rilevanti nelle procedure legislative attraverso le quali si attua il governo della finan¬ che I legis I siat za pubblica; rivoluzionò il sistema bancario con la legge che reca il suo nome (poi stravolta dal Parlamento) giungendo a mettere in discussione la proprietà pubblica delle banche; con la legge sulle Sina mise ordine in una intermediazione finanziaria ancora terzomondista; promosse la costituzione del sistema telematico attraverso il quale il mercato dei titoli di Stato ha acquistato efficienza e trasparenza, ampliò la tipologia dei titoli del debito pubblico e modificò le procedure per il loro collocamento. Seppure onorevole, meno felice fu il bilancio della sua amministrazione ordinaria. Visse, infatti, con qualche tormento la «solitudine politica» nella quale fu lasciato allorché si trattava di attaccare specifici interessi, dalle finte pensioni di invalidità ai treni superveloci, o di mettere in discussione consolidati tabù, come quello della pressione fiscale o degli sprechi sanitari. Per questo motivo, fin dal 1989 ebbe a dire che «non si vive di sola politica monetaria senza polìtiche fiscali e di bilancio; non si fanno politiche fiscali e di bilancio e risanamento senza una riforma elettorale e, per continuare nella stessa catena, senza maggioranze più solide all'interno delle quali sia più difficile che gli interessi particolari possano essere vestiti dei panni degli interessi generali». Se queste idee manifestava più di tre anni fa, un lucido programma delle cose da fare Amato deve già averlo in testa. Il rischio è che da presidente del Consiglio si trovi più solo che da ministro del Tesoro. Alfredo Recanatesi esl |

Persone citate: Andreotti, Carli, Giuliano Amato

Luoghi citati: Amato