INDIOS urla di guerra nella foresta

INDIOS urla di guerra nella forestaIl nostro inviato in Amazzonia: Paiakan, accusato di stupro, si è costituito, ma fra le tribù cova l'odio INDIOS urla di guerra nella foresta REDENCAO (Parai DAL NOSTRO INVIATO Paulinho Paiakan, il cacique indio accusato di stupro, si è consegnato alla polizia e accetta il giudizio dell'uomo bianco. Ma la guerra della foresta è solo sospesa, in questo pezzo perduto di mondo ci sono troppi odii e troppe paure per poter stare tranquilli. Nelle strade polverose della città, fra le case di legno slavate nel colore i tamburi dei Kaiapó per ora non si sentono, la notte è filata via tranquilla, ma molta gente se ne va lo stesso in giro col pistolone sulla pancia e c'è tanta polizia quanta mai se ne poteva immaginare. Gli indios in guerra e i loro archi e le frecce sono da qualche parte qui attorno* nella foresta muta, e la foresta, immensa, impenetrabile, qui circonda tutto il mondo, è il solo orizzonte che divida il cielo dalla terra. L'aria è appiccicosa di fango. Redengao è un piccolo avamposto di frontiera, nello Stato del Para, ben dentro l'inferno verde dell'Amazzonia. I tremila bianchi tenuti bloccati nell'intrico incerto della selva - falegnami pagati a cottimo, poveri cercatori d'oro, anche una trentina di funzionari statali - restano ancora ostaggi in qualche modo di una possibile vendetta della, tribù. Con un salto folle all'indietro pare tornare d'improvviso il tempo dello scontro imperioso della civiltà col mondo selvaggio, prima di Lévi-Strauss, di Kostner, prima forse anche del santo fratello Bartolomeo de Las Casas. Il consiglio Li anziani degli Gli indios hanno riunitoci loro consiglio degli anzianij per'decidere il destino di Paiakan. E' stato un incontro solenne e severo, solo le lampade di butano tradivano il paradosso del tempo; i falò ormai sono rari anche nella foresta degli indiani divorati dalla civiltà onnivora dei supermarket. Hanno parlato prima i più vecchi, poi a turno gli altri, nel silenzio di tutti. Gli occhiali di Tutu Pombo riflettevano la luce delle lampade sui petti e sulle pance nude, sui colori di guerra attorno agli zigomi duri, sui grandi cerchi di piume gialle e rosse che adornavano le teste dei potenti signori della foresta. La lingua era vecchia, gutturale, le voci basse. Si sono confrontati mondi e culture che noi conosciamo poco, risentimenti antichi e nuovi, solidarietà tribali, alleanze di clan e di famiglie. Ha prevalso la ragionevolezza, ma il sospetto resta. Raoni, il gran capo col ciambellone sul labbro che Sting si portò in giro per il mondo a vendere gli spot della foresta da salvare, scrollava la testa: «Mai i bianchi hanno processato uno di loro che abbia stuprato una donna indiana». Raoni è lo zio di Paulinho, ha imparato presto la diffidenza. Sa che è la sua migliore arma di difesa, dopo la punta della freccia. Alla fine il gran consiglio ha deciso, le teste si sono abbassate concordi. Ma alcuni, i più giovani, tenevano dentro a stento una rabbia furente. Paiakan si consegna ai giudici, avrà gli arresti domiciliari in un centro di assistenza per gli indios. La guerra per ora resta sospesa dentro il fumo umido dell'aria, può esplodere però in qualsiasi momento. Nelle terre dell'avventura la memoria della gente è corta, conta soltanto l'oggi; ma qui tutti ricordano ancora l'ultima spedizione dei Kaiapó alcuni anni fa, quando gli indios arrivarono a rivendicare quello che i bianchi gli stavano depredando, e bruciarono e,distrussero con ferocia metodica. Da quel giorno le cose filarono meno storte. Ieri in città sono arrivati una trentina di giovani guerrieri, con l'arco, le frecce, la mazza; avevano addosso i colori rossi di chi è in guerra, anche se scendevano dai piccoli aerei monomotore affittati col radiotelefono. Le penne e le armi sono quelle di una storia lontana, ai piedi i giovani portavano le ciabatte di plastica con l'infradito comprate nel supermercato Bandeirantes, l'Upim di qui. Ma nessuno badava molto a questi contrasti, le facce dipinte dei ragazzi parlavano un racconto orgoglioso di morte. Qui le pistole e le frecce con- tano più della legge scritta nei codici, e anche se c'è il frigorifero, e la Coca-Cola, e le vecchie camionette infangate, e qualche antenna parabolica per prendere la tv di Rede Globo con le sue telenovelas acchiappacuori, qui la civiltà dell'uomo bianco resta un lusso assai lontano, che nessuno forse si può permettere. José Maria Teixeira, il simbolo di quella civiltà, va in tribunale vestito come un giudice deve, con il suo completo di lino color cachi e la ventiquattr'ore piena di carte, «ma l'affare è serio, gli indios sanno usare bene davvero le loro frecce». Teixeira, 39 anni, la barba nera, alto e forte, è di queste parti, viene da Marapani, e per ora la pistola preferisce lasciarla a casa. «Però, certamente, qui ci sono cose che non vanno viste come altrove». Vuole dire che la legge è uguale per tutti e dovunque, ma anche che Redengao è sulla bocca dell'inferno: gli stupri sono il 10 per cento dei crimini denunciati alla polizia, gli omicidi il 50 per cento. La coscienza è un accessorio non indispensabile, qui si ammazza e si violenta senza grandi tormenti. Le cause sono quelle che da queste parti fanno la vita di ogni giorno: la terra da strap¬ pare, i filoni misteriosi di una vena d'oro, il legname prezioso. Il colonnello Jaime Jesus, che comanda da Redengao il 7° battaglione della polizia militare, tira su la mano e conta con le dita: «In questo mondo ci sono solo due specie di vita: una sono gli indios, che stanno al margine della legge e spesso non sanno nemmeno che cosa la legge sia - almeno la nostra legge -, e l'altra sono tutti quelli che arrivano a prendere l'ultima occasione forse della loro vita, avventurieri senza scrupoli, contadini disperati, trafficanti e profittatori che sguazzano nel fango di Redengao come i vermi nella merda». Il colonnello tiene i suoi uomini in allarme continuo: al margine della foresta sono stati segnalati 300 guerrieri Kaiapó con armi da fuoco e non con frecce soltanto, «e questa faccenda si fa una cosa molto seria». Ma nel vecchio bar Brahma, dove i boccali di birra si vuotano con più lentezza dei piccoli bicchieri di caixasa, circola anche la voce che un'alleanza sia stata stretta tra Kaiapó e Xavantes delle terre del Rio da Morte, e questo vuol dire quattromila guerrieri sul piede di guerra. José Ferreira tocca il pistolone che tiene sulla pancia e sghignazza che quello non ha paura, «siamo noi i più forti»; poi alza il bicchiere e tracanna d'un fiato l'aguardiente come in un fotogramma asincrono di Ford. Luiz Vargas, prefetto di Redengao, nel suo ufficio di legno scuro aveva appena detto che uno scontro sarebbe invece una tragedia: «Ogni indio sa battersi come cento soldati bianchi, quando sta nella foresta», e con la mano mostrava tutto l'orizzonte che stringe la città come un cerchio di morte. A Redengao l'aereo della Cnn parcheggiato sulla piccola pista ai margini della città rivelava che questa sta diventando una storia che si tiene addosso gli occhi del mondo. Il capo indio che avrebbe stuprato la ragazzina con un rituale feroce e tragico diventa il punto d'incontro di due culture che stentano a combinarsi: la visione ideologizzata e romantica del buon selvaggio contro la durezza intransigente di chi omogeneizza le diversità. Darcy Ribeiro, il più noto degli antropologi brasiliani, è categorico: si stanno ponendo a confronto due mondi che nemmeno s'intendono; gli indios non sanno che cosa sia lo stupro o la verginità. Loro non difendono Paiakan, loro non riescono a capire quello che dicono i bianchi». Ma il gioco va anche oltre, si fa sporco, pesante. La riserva dei Kaiapó, nella foresta qui attorno, è una ricchezza immensa, miniere d'oro e legname pregiato, il mogano anzitutto; lo sfruttamento di questo infinito capitale di risorse spetta agli indios, ma la loro comprensione dei meccanismi del mercato è evidentemente piuttosto limitata ed il controllo delle scelte che essi mostrano di fare finisce per scivolare dentro le mani degli speculatori più abili a circuirli, a confonderli con regali che loro nemmeno capiscono e che usano come bambini, i ventilatori, i frigoriferi, le auto, perfino i piccoli aerei monomotore. Per ogni metro cubo di mogano gli indios prendono 38 dollari, i bianchi lo rivendono poi a 400 dollari, undici volte di più. I ricchi santoni dell'ecologia La grande foresta tiene nel suo ventre verde memorie che vanno scomparendo. Dei 5 milioni di indiani che vivevano su questa terra al momento della Conquista ne sono rimasti menò di 230 mila. Molti si sono inurbati: Paiakan girava il mondo come simbolo della purezza ecologica ma ha casa, auto nuova, aereo; Tutu Pombo ha due aerei, e controlla un gruppo di 400 uomini e un mercato di qualche centinaia di milioni di dollari. Ma ci sono ancora molti che preferiscono la foresta e il linguaggio muto che parlano gli alberi, gli animali, le ombre degli antichi padri vaganti nell'intrico aspro dell'Amazzonia. Di una straordinaria esperienza che abbiamo avuto alcuni anni fa vivendo con gli Araweté, una delle poche tribù riparate dal contatto con i bianchi, portiamo ancora il ricordo di un mondo di straordinario equilibrio con l'ambiente, un universo coordinato, anche se difficile, di uomini e di natura selvatica, dentro leggi segnate dal tempo e dalla pratica. Qualche giorno fa, a San Paolo, riprendendo i vecchi studi di Todorov la filosofa Marilena de Souza Chaui ci diceva: «L'incontro fra il nostro mondo e la cultura india è possibile soltanto se preserva il diritto alla diversità». I giovani guerrieri sul piede di guerra, ancora oggi, nel bosco fìtto e misterioso che circonda Redengao, difendono senza saperlo anche questo diritto di tutti, non solo un cacique imputato di stupro. Mimmo Candito Sì al processo, ma hanno tremila ostaggi bianchi. In città giovani pitturati con colori da combattimento. Archi efrecce, ma anche pistole e piccoli aerei monomotore 1 I | | | A destra: Paulinho Paiakan, il cacique accusato di stuprò. Girava il mondo 1 in nome dell'ecologia, I ma possiede auto e aereo. | Sopra: due indios seguono | con gli auricolari | I lavori a Rio de Janeiro Gli indios al summit delle Nazioni Unite a Rio: la stretta di mano fra un capo della tribù Kaiapó e il segretario generale Maurice Strong

Luoghi citati: Redengao, Rio, Rio De Janeiro, San Paolo