Aprilia, miracolo all'italiana di Maurizio Caravella

Aprilia, miracolo all'italiana INCHIESTA La piccola Casa veneta, protagonista del Mondiale, fa paura al Giappone Aprilia, miracolo all'italiana Solo 400 dipendenti e 55 mila motociclette all'anno Il ds Pernat: ormai facciamo più spettacolo della FI TECNICA E FANTASIA SU 2 RUOTE NOALE DAL NOSTRO INVIATO L'Italia miliardaria del pallone è condannata a guardare gli Europei a distanza, quella del pedale: si fa matare da uno spagnolo reggendogli le code, il Cavallino non è più rampante da anni, i fratelloni Abbagliale cominciano ad avere il fiatone, Lamberti è diventato un siluro col rallentatore. Eppure, tra sospiri e paure, pianti e rimpianti, c'è ancora un'Italia che corre e vince, anzi stravince. Bisogna andarla a cercare a Noale, un paese tra Padova e Venezia. Qui c'è l'Aprilia. Davide contro Golia. O il topolino contro l'elefante. Ma soprattutto la forza della fantasia' e dell'improvvisazione italiane contro la potenza, formidabile ma a volte un po' ottusa, dei quattrini e delle tecnologie più sofisticate. L'Aprilia, nelle moto, sta mettendo in crisi il colosso giapponese: si è già lasciata abbondantemente alle spalle Yamaha e Suzuki, ora va all'attacco della Honda. Un piccolo paese, una piccola fabbrica, all'assalto di un impero che comincia a traballare, come intontito da pugni improvvisi. Qualche cifra? La Honda vende due milioni e mezzo di moto l'anno (la Yamaha un milione e mezzo, la Suzuki 900 mila), l'Aprilia 55 mila. La Honda investe ogni stagione nelle corse dai 20 ai 30 miliardi, a volte arriva an¬ che a 50: l'Aprilia, ex fabbrica di biciclette, ha un budget di neppure nove, su un fatturato di circa 154. Migliaia di dipendenti la Honda, poco più di 400 l'Aprilia. Non c'è confronto. O, almeno, non dovrebbe esserci. Eppure, domenica scorsa ad Hockenheim, l'Aprilia ha vinto con Casanova nelle 125 e, fatto storico, ha riempito addirittura tutto il podio nelle 250, con Chili, Biaggi e Reggiani. Un caso? Macché: quelle moto italiane vanno davvero più forte. I giapponesi sono allibiti. A Noale dicono che è solo l'inizio, andiamo avanti e ci sarà da ridere, loro sono grandi ma si muovono come pachidermi, noi siamo piccoli ma agili come gatti, un balzo e via. Un miracolo all'italiana? Sì, ma con un po' di Olanda a dare manforte. Quel po' di Olanda si chiama Jan Witteveen: 45 anni, ingegnere, progettista, responsabile del settore corse, all'Aprilia dall'89. Dice: «Bisognava battere i giapponesi, ma usando altre armi: cercando di copiare le loro, ma con meno risorse a disposizione, saremmo stati sempre perdenti. E poi, che senso ha copiare? Ho accettato la scommessa. Ho puntato sulla tecnologia italiana ed europea: nelle nostre moto, soltanto le candele e il rotore dell'accensione sono giapponesi. Incredibile, vero?». Innovazioni? Parecchie: il disco rotante anziché lamellare, il comando del cambio semi-automatico (basta un solo movimento del piede, senza togliere gas e senza usare la frizione), due alberi controrotanti di equilibratura per eliminare le vibrazioni, la sospensione attiva posteriore. E poi, l'uso della telemetria, con sensori che forniscono in corsa dati tecnici di grande precisione, senza più affidarsi solo alle sensazioni dei piloti. Più della tecnica, però, qui è vincente il cuore. Banale a dirsi, ma assolutamente vero: l'Aprilia di patron Beggio (licenza media, ma cervello fino) è una grande famiglia, tutti per uno e uno per tutti, si lavora fino a notte, chi guarda l'orologio e sbuffa non è da Aprilia, se ne accorge da solo. Ma non succede. Carlo Pernat, genovese, direttore sportivo con precedenti alla Gilera e alla Cagiva, dice: «Ormai le moto hanno più spettatori della Formula 1: 185 nula a Jerez, 80 mila al Mugello, 120 mila a Barcellona e ad Hockenheim. Arrivano giovani da mezza Europa fin dal giovedì, organizzano delle vere e proprie tendopoli. Perché? Ma perché c'è più brivido, c'è più thrilling, c'è in definitiva più spettacolo: nella Formula 1 il momento di massima tensione è la partenza, i sorpassi ormai sono rari, su certe piste quasi impossibili». Noale sta diventando la Maranello delle moto, il nome ormai vincente deLT Aprilia gira per tutto il mondo (e c'è un ritorno in fatturato di circa il 20 per cento). «Qui si lavora su piani diversi - spiega Pernat -. Si producono le "Replica", copie esatte ma ovviamente meno care delle moto vere: vengono acquistate da privati che vanno a correre i Gran Premi. Abbiamo costruito 45 "250" e le abbiamo vendute tutte, a 55 milioni ciascuna; abbiamo realizzato 14 "125", del costo di 30 milioni, e anche queste si sono volatilizzate, e in poco tempo. Inoltre, diamo i motori in leasing: 70, 80 milioni per un anno. Nella griglia di partenza del mondiale 250 ci sono 36 moto: 15 hanno un motore Honda e 13 Aprilia, siamo già quasi alla pari col gigante». I piloti delle 250 hanno ingaggi variabili dai 200 ai 400 milioni, eppure qui sembra che il dio denaro conti e non conti. Reggiani ha già subito 43 fratture, ma continua e non lo fa solo per i soldi. Gramigni andava in moto con la fidanzata al Mugello, un'auto lo ha centrato in pieno: frattura alla tibia e al perone, ma due settimane dopo era già in gara. Biaggi fino a due anni fa era il numero dieci della Trionfai Doria, squadra di calcio romana: adesso è un nuovo Capirossi, chi lo conosce bene dice che col suo bolide a due ruote targato Noale arriverà ancora più in alto. Bisogna crederci, fortissimamente crederci. E l'Aprilia ci crede. Persino i giganti possono finire a terra. Maurizio Caravella A sinistra Biaggi, l'enfant prodige Sopra Chili, 10 domenica nelle 250 Casanova (sotto) ha conquistato ad Hockenheim nelle 125 j il primo successo in una gara iridata