Rap, la rivoluzione diventa affare

Rap, la rivoluzione diventa affare Successo e denaro sembrano spegnere la rabbia dei musicisti di strada e zittire le libere voci Rap, la rivoluzione diventa affare Tutto cominciò con gli Aeroplanitaliani a Sanremo Ilraggamuffin' deiPituraFreska vende 100 mila copie MILANO. La rivoluzione rap è finita. O almeno, qualcuno comincia a farsi due conti, e a domandarsi se non convenga venire a patti con il capitale. I soldi sono lì, e sembrano soldi facili. Un contratto discografico, la fine della provvisorietà: prospettive allettanti per ragazzi di vent'anni, senza lavoro o con lavori precari. Eppure, fino a ieri il rap e il raggamuffin' - la controcultura hip hop - sembravano ro ce aforti alternative, insensibili alle lusinghe del denaro e del successo. I ruoli erano chiari: da una parte i Masini, i Ramazzotti, pure i Vasco Rossi e compagnia cantante, tutti quelli che stanno con il business, incidono per le grandi etichette, fanno concerti con cachet milionari. È dall'altra parte loro, i rapper: musicisti di strada, libere voci dei centri sociali occupati come il Leonca vai lo di Milano, l'Isola del Kantiere di Bologna, il Forte Prenestino di Roma. Rabbiosi contro il sistema, contro i tariitijìjoMibrS Ta; mafia e reroma.'Puri|tìuri, anarchici per vocazione e per scelta. I loro feroci comizi ritmati da suoni ossessivi circolavano semiclandestini, su dischi prodotti da piccole etichette indipendenti. Poi, il miracolo: gli Aeroplanitaliani sbancano Sanremo, il raggamuffin' in veneziano dei Pitura Fresia vale centomila copie vendute, mentre la raccolta «Italian Posse», pubblicata dall'mdipendéite Flying, viaggia verso quoia trentamila. Piatto ricco, mi ci ficco: i discografici vecchio stile, che stentano a piazzare i soliti prodotti canzonettistici, ti scoprono un'anima sowersivae si lanciano alla conquista delf hip hop. In pi gio, c'è to un'etic ne dichie ness i ideile fila, neU'arrembagolygram, che ha creaetta, Black Out, al fiito di gestire il busiprotesta italiana». La mult inazjonale aveva già in casa ex anarchico bolooggi va allegramente ro. Fa del raggamuffin' i, Gaudi, e quelli della l'avevano ingaggiato ppà convinzione qualo fa. Però l'hip hop raha mai contato troppo considerano un «figi- Lele Gai gnese ci al Cam dolce Polyi senza che te: dicale su Lele; ce. lo ciotto», un moderato perbenino. Fa invece scalpore la notizia che anche i tostissimi milanesi Comitato («La casa è un diritto», s'intitola un loro brano tutt' altro che accomodante) abbiano firmato per la Black Out. La Polygram è ben piazzata, ma non è sola. La Rti Music, braccio discografico della Fininvest, manda nei negozi la compilation «Sotterranei Italiani»: prima tiratura ventimila copie, tutte prenotate. Ci sono dentro nomi illustri della nuova controcultura: dal Generale ai Niù Termici, a Frankie Hi Nrg. Da non crederci. Che ci fa alla corte di Sua Emittenza Stefano Bettini, in arte II Generale, fiorentino, eroe delle occupazioni e dei circoli anarchici, sempre pronto a piombare, su e giù per l'Italia, dovunque ci sia da rappare contro i padroni e gli sfruttatori? Lui è sereno: ha spiegato di non considerare un problema la collaborazione con Rti, e quindi con il business musicale, «purché non mi tocchino i testi, e mi lascino il controllo finale sul mio lavoro». Peccato che l'esperienza del «nuovo corso» di Jovanotti, censurato nei risvolti più pericolosi, non lasci presagire nulla di buono (vedipezzo a fianco). «Certo, puoi anche lavorare con una major, dipende da come ti comporti quando fai un concerto - spiega Paolone Aka della To-sse, gruppo celebre per un violento disco contro la Lega -. Se hai cominciato nei centri sociali devi restare pulito, non ha senso chiedere sei milioni a sera o avere pretese da star». Uno che promette di non tradire è Papa Ricky, leccese, disoccupato, sfrattato, incontrollabile. Lo hanno invitato in luglio al Festival di Sant'Arcangelo di Romagna - che quest'anno dà ampio spazio alle posse, i gruppi hip hop - e ha persino interpretato un film per Raitre: ma continua a girare i locali alternativi, dormendo dove capita e chiedendo quattro lire di rimborso spese. Si rende conto che il movimento sta facendo concessioni, e commenta: «Stiamo a vedere chi si sputtana e chi no». Sono in molti a temere di sputtanarsi: e a farne le spese po- trebbe essere la «convention delle posse» in programma il 24 luglio allo stadio Olimpico di Roma. Uno spettacolo organizzato dalla rivista Velvet, ma inserito in un cartellone dominato dalla musica di consumo. Alcuni gruppi hanno deciso di non andarci: i durissimi Ak47 e Assalti Frontali guidano il «fronte del rifiuto». Altri sono perplessi: «Ne discuteremo con gli amici del Sud Sound System - dice Paolone Aka -. Certo, l'idea di rappare per dodicimila persone è allettante, ma ha un senso? Il rap è musica per piccoli ambienti, in uno stadio è una fesseria. E poi, intorno all'operazione di Roma c'è odore di soldi socialisti, ci sono cose poco chiare. Farci conoscere, ci sta bene: abbiamo delle cose da dire, e vogliamo che le ascoltino in tanti. Però non puoi rimangiarti tutto, e svenderti per un pacco di milioni». Gabriele Ferraris I duri snobberanno la «convention delle posse» del 24 luglio a Roma Sopra II Generale. Foto di gruppo: Bunna, Mada e Lucampione della To-sse; Gaudi; Militant P del Sud Sound System Jovanotti ieri, con Cecchetto, e oggi, rapper arrabbiato Un prodotto industriale tenta di riciclarsi