Eltsin incanta il Congresso americano

Eltsin incanta il Congresso americano Quindici lunghi applausi hanno interrotto il discorso del Presidente russo a Washington Eltsin incanta il Congresso americano «Nessuno fermerà le riforme ma voi dovete aiutarmi» WASHINGTON DAL NOSTRO INVIATO «Cinquantanni fa aspettammo, sanguinanti, l'apertura del secondo fronte. E oggi penso che se l'America decidesse di aprirne uno nuovo, pacifico, la vittoria sarebbe raggiunta prima». Boris Eltsin ha conquistato il Congresso americano con un grande discorso, interrotto 15 volte da applausi, ovazioni in piedi, scandito da esclamazioni di entusiasmo. Il successo era, in un certo senso, assicurato in anticipo: il demolitore del comunismo e dell'Urss parlava nel tempio dei demolitori. Ma il presidente russo è andato oltre questo obiettivo. Doveva rassicurare quell'uditorio di potenti che «indietro non si torna». C'è riuscito, con un cocktail di citazioni e riferimenti che ha spaziato da Irving Berlin, l'autore di «God Bless America» (ma Eltsin ha aggiunto...«e la Russia»), al filosofo russo Berdiaev, a John Kennedy, a Woodrow Wilson, al «Day After». Niente di lambiccato, intendiamoci: ogni cosa era stata scelta in modo funzionale. Ciascuna battuta doveva servire a toccare una corda nel cuore di senatori e deputati che devono decidere se approvare, o meno, la legge «per la difesa della libertà», la benedizione dell'impegno americano per l'aiuto alla Russia in ginocchio. E, dopo la firma dei documenti con Bush, nella conferenza stampa finale, è stato ancora più netto: «124 miliardi di dollari non salveranno la Russia». Potrebbero servire per aprire il rubinetto degli investimenti privati esteri. A Gorbaciov ha riservato una battuta sprezzante: «Sapeva tutto dei prigionieri di guerra americani... ma chiedete a lui, io non rispondo per conto suo». Un altro colpo ad effetto per demolire il rivale, solo che, la. questione, diventa; sempre meno chiara," perchè ora emerge" che ideJTà'^érra'tdèr,Wefrtàrn^pri c'è traccia e la storia riguarderebbe solo prigionieri della seconda guerra mondiale e di quella di Corea. Eltsin, comunque, le cose non le manda a dire. I nodi li ha affrontati tutti di petto nel discorso al Congresso. Pensano a Washington che egli sia in pericolo? E lui risponde nel suo stile: «Dalle riforme non defletto. E togliermi di mezzo prima della fine del mio mandato è praticamente impossibile. Sono in piena salute e non me ne andrò prima che la riforma sia irreversibile». Tutti in piedi ad applaudire. Qualcuno ha dei dubbi sull'impegno irrevocabile di Eltsin per democrazia e libertà di mercato? Eltsin ha dedicato a questo punto una larga parte del suo discorso di un'ora. «Libertà è incompatibile col totalitarismo, il mercato non può coesistere con il sistema del comando amministrativo, la società civile non è coniugabile con l'intolleranza comunista. Il comunismo non può avere un volto umano». Parole che elettrizzano un'aula che le ha ascoltate mille volte, ma che ora le sente pronunciare dal presidente dell'ex Paese dell'ex comunismo. Eltsin ha improvvisato soltanto una volta. Nel mezzo del discorso, quando tutti erano scattati in piedi nell'ennesima ovazione dopo che Eltsin aveva promesso solennemente di far studiare ogni documento riguardante i prigionieri americani, di ricostruire la sorte di ciascuno. «Se qualcuno sarà rintracciato vivo, m'impegno personalmente - aveva detto - a restituirlo alla sua famiglia». Lo scrosciare dei battimani non era ancora spento e Eltsin ha aggiunto: «Grazie dell'applauso, ma vedo che hanno applaudito anche quelli che hanno proposto di sospendere ogni decisione di aiuto alla Russia fino a che noi non avremo fornito tutte le informazioni. Eppure sono io che ho portato queste notizie. Francamente non vi capisco». Rimprovero amichevole che è sembrato togliere di mezzo il boomerang che qualche inavveduto consigliere aveva suggerito di scagliare al suo arrivo a Washington. Comunque Eltsin ha ricuperato bene l'incidente. E, da buon venditore del proprio prodotto, ne ha esaltato proprio le doti di genuinità che più interessavano un pubblico pragmatico. La mia Russia - ha elencato Eltsin - è quella che ha riconosciuto, prima al mondo, l'indipendenza delle Repubbliche baltiche; è quella che ha promosso la Comunità di Stati Indipendenti; è quella che ha interrotto gli aiuti militari all'Afghanistan (applausi fragorosi); quella che ha ridotto Cuba a partner da gestire «ai prezzi internazionali»; quella infine che apre gli archivi. Insomma «non intendiamo più ingannare nessuno». Lenin e" CiCerih"apru"ono gli archivi dello zar, Eltsin apre quelli dei successori di Lenin. E annuncia che Mosca ha cominciato, unilateralmente, a mettere «fuori combattimento» i suoi missili pesanti SS-18, quelli con dieci testate nucleari. Tutti in piedi ad acclamarlo. E poi l'unica, ma simpatica, gaffe: «Spero che io e Bush saremo qui, nel 2000, ad assistere al compimento della più colossale riduzione missilistica mai concepita». In piena campagna elettorale il presidente russo, tra le risate del Congresso, ha rieletto Bush per altri due mandati. Comunque la franchezza è il suo forte. «Stiamo facendo qualcosa - ha detto - che nessuno ha mai tentato prima: smantellale un'economia, costruire la democrazia, mantenendo la pace civile e sociale». Ma attenzione! «Non è una gara sportiva, dove si può ripetere la prova ... e non chiedeteci di rinunciare alla specificità della Russia in nome dell'umanità perché, come disse Berdiaev, questo significa privare il mondo di una parte della sua ricchezza». Venite a investire «perché la vecchia Russia non c'è più». Giuliette Chiesa «Abbiamo iniziato a smantellare unilateralmente i Supermissili a dieci testate» Eltsin posa alla Casa Bianca con Bush, la moglie Barbara e il loro celebre cane Millie Sotto, Naina, moglie di Eltsin [fotoap-afp]