Gladio Rossa, Seniga racconta

Gladio Rossa, Seniga racconta Si squarcia il velo sull'apparato clandestino del pei durante la Guerra Fredda Gladio Rossa, Seniga racconta «Al vertice eravamo Togliatti, io e altri tre» ROMA. Il suo nome era «Apparato di riserva». Negli anni del dopoguerra si sarebbe chiamata proprio così la struttura clandestina del pei legata a filo doppio all'Urss di Stalin, l'apparato illegale in cui si materializzava la «doppiezza» del partito di Togliatti, la misteriosa «Gladio Rossa», la quinta colonna militarizzata dei sovietici in Italia. Lo rivela Giulio Seniga, il viceresponsabile della Commissione nazionale di vigilanza del pei che nel luglio del 1954, mettendo nei guai il suo capo Pietro Secchia, fuggì da Roma portandosi appresso soldi e documenti del partito. E Seniga indica nome per nome i magnifici cinque che capeggiarono quella struttura parallela: Primo fra tutti Palmiro Togliatti, che- avrebbe tenuto personalmente i «contatti con il Kgb». Sull'esistenza di un apparato clandestino del pei negli anni di ferro della Guerra Fredda molto si è detto e scritto negli ultimi tempi. Lavori d'archivio, li¬ bri, inchieste giornalistiche hanno messo in luce come nel «nuovo» pei togliattiano fosse tutt'altro che ininfluente la tentazione e la prospettiva della lotta armata. Tanto che il torrente di voci e di indiscrezioni ha addirittura indotto la magistratura, tramite il giudice De Ficchy, ad aprire un'inchiesta sulla cosiddetta «Gladio Rossa». Ma ieri, intervistato da Maurizio Caprara del Corriere della Sera, l'ex dirigente comunista Antonello Trombadori, che in quegli anni era il responsabile della Commissione di vigilanza incaricata di proteggere Palmiro Togliatti, ha aggiunto un nuòvo tassello. «Giulio Seniga, che era il mio vice, sapeva cose di carattere clandestino a me ignote», ha detto Trombadori, e «riguardavano, come si apprese quando abbandonò il partito, il danaro e l'organizzazione, non posso dire militare, però di altro tipo, a me del tutto ignote». Poi il botto finale: «Seniga in realtà era quello che mi controllava». A questo punto Seniga si arrabbia, considerando un'dnfamia» l'affermazione di Trombadori: «Io non lo controllavo, ero invece uno dei responsabili dell'apparato "illegale di riserva" del partito di cui lui non faceva parte. Semplicemente non sapeva quel che facevo io». Ma Seniga aggiunge ulteriori particolari sul conto dell'«apparato illegale di riserva». A cominciare dai cinque che erano «gli unici a sapere»: «Palmiro Togliatti, Pietro Secchia, Antonio Cicalini, detto U «Mago», responsabile dell'apparato tecnico e che curava la preparazione di passaporti falsi, Armando Fedeli, messo a capo della struttura di informazióne e controinformazione, e Giulio Seniga». Nessun altro, secondò Seni-, ga, era a conoscenza di questo «Apparato di riserva». Gli unici a custodire il segreto erano Togliatti, Pietro Secchia, Seniga, un militante come Fedeli che durante la guerra di Spagna aveva occupato delicati incarichi al servizio della polizia politica sovietica, e Cicalini, coordinatore delle attività militari dei Gap che nel partito aveva come referente politico Giorgio Amendola. Tuttavia i cinque, secondo Seniga, avrebbero messo in piedi una struttura molto ramificata: «Impartivano ordini direttamente ai segretari di Federazione più fidati». E fu proprio l'«Apparato di riserva» a gestire, secondo Seniga, la fuga in Urss del fisico Bruno Pontecorvo nel 1950: «Ne fu incaricato Emilio Sereni, cugino del fisico, che godeva allora dell'immunità parlamentare e a un certo punto, proprio perché aveva dato buona prova con l'"operàzione Pontecorvo", si pensò di cooptare anche lui nel Comitato. Però, almeno fino a quando io restai nel partito, non se ne fece nulla». Trombadori risponde che a quei tempi lui non ebbe mai sentore dell'esistenza dell'«Apparato di riserva»: «Io ero re¬ sponsabile della Commissione di vigilanza, che era una struttura palese adibita alla sicurezza di Togliatti dopo l'attentato del '48, che aveva un regolare ufficio al quarto piano delle Botteghe Oscure e che nella sua denominazione non contemplava la parola "rivoluzionaria", come invece lascia intendere Seniga. E comunque le rivelazioni di Seniga dimostrano che lui, pur essendo mio vice, sapesse di queste cose molto più di me». Anche, a detta dello stesso Seniga, che «a tenere i contatti con il servizio segreto sovietico erano Togliatti e ì fratelli Pietro e Matteo Secchia». Pietro Secchia: non un «nemico» ma un «fedelissimo» di Togliatti, «un braccio organizzativo della politica togliattiana», secondo Seniga. E invece, secondo Trombadori, ^«non c'è dubbio che Togliatti detestasse Secchia. E appena ha potuto si è liberato di lui». Pierluigi Battista Una rivelazione: così facemmo fuggire in Urss il fisico Pontecorvo I contatti tra i fratelli Secchia e il Kgb Polemica con Antonello Trombadori Da sinistra Antonello Trombadori, Giulio Seniga, Bruno .Pontecorvo, Pietro Secchia e Palmiro Togliatti. Il comitato dei cinque dirigeva le strutture e l'operazione della Gladio Rossa, l'apparato di riserva del pei

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