Uccise la figlia Condannato a 23 anni

Uccise la figlia Condannato a 23 anni Sentenza confermata all'imprenditore Uccise la figlia Condannato a 23 anni «Non ero in me quando ho sparato» La moglie rifiuta mezzo miliardo La corte d'assise d'appello ha confermato la condanna a 23 anni di carcere per Giuliano Fechino, l'industriale che il 21 febbraio '91 uccise nella sua ditta a Venaria, la figlia Ivana, di 32 anni, con cinque colpi di pistola davanti alla moglie Fiorenza. Come in primo grado, l'imputato ha avuto le attenuanti generiche equivalenti all'aggravante di aver ucciso un congiunto ed ha così evitato l'ergastolo. Gli occhi lucidi, i pugni stretti Fechino ha ascoltato la condanna come in trance. Ha mormorato al difensore Giordanengo: «Non mi hanno creduto». Soddisfazione invece per l'avvocato Gianaria, parte civile per Fiorenza Dalmazzone, la moglie dell'assassino. La donna ha rifiutato un risarcimento di mezzo miliardo, ha respinto pressioni e consigli di amici per essere presente nel processo. In primo grado la sua testimonianza era stata drammatica: per quattro ore, con la voce incrinata, scossa dal pianto aveva descritto uno «spaccato» di trent'anni vissuti tra paure e umiliazioni. Aveva parlato del marito possessivo, geloso, irascibile, egoista, violento. Un uomo che non tollerava di essere contraddetto, che giungeva ad alzare le mani su di lei per un nonnulla, che pretendeva la stessa soggezione dalla figlia. Aveva detto allora: «Ivana era una ragazza normale, ma non si è mai piegata alla prepotenza del padre». Ieri Fechino, 54 anni, ha detto poche parole: «So che non mi crederete, ma quando ho sparato a Ivana non ero in me. In quel momento tutto si è annebbiato davanti ai miei occhi. Ho intravisto una grande macchia nera, una sagoma scura con bordo chiaro». Sano di mente o pazzo? In primo grado il consulente della difesa, professor Zanalda, ha sostenuto che «Fechino non era in sé quando ha commesso quel gesto così efferato. Gli psicofarmaci, di cui faceva uso, hanno alterato la sua mente, era in preda ad un delirio di gelosia». Il consulente del pm aveva ribattuto: «E' sano di mente. Non è stato il gesto di un folle, ma la lucida determinazione di un padre-padrone che non ha esitato a uccidere la figlia». La corte aveva affidato il caso ad un altro perito, il professor Portigliatti Barbos, che aveva concluso: «Fechino è sano di mente, non è un soggetto delirante. Gli psicofarmaci non hanno avuto effetto su di lui». Ivana Fechino fu uccisa dal padre Giuliano (sotto) con cinque colpi di pistola dopo un litigio

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