Gad Lerner dà la parola all'Italia che sceglie Di Pietro
Gad Lerner dà la parola all'Italia che sceglie Di Pietro TIVÙ'& TIVÙ' Gad Lerner dà la parola all'Italia che sceglie Di Pietro ERA una specie di prefazione, la puntata che ha inaugurato l'altra sera l'appuntamento quotidiano dedicato da Raitre, ore 22,45, allo scandalo delle tangenti e alla crisi di governo. Titolo «Milano, Italia», programma ispiratore «Profondo Nord», conduttore Gad Lerner. Essendo una puntata introduttiva, si sono trattati molti argomenti, partecipavano magistrati, avvocati, studenti, fan del giudice Di Pietro (quelli con le magliette dalla scritta «Milano ladrona / Di Pietro non perdona» e con i palloncini dalla scritta «Di Pietro siamo noi»), cronisti giudiziari e, in collegamento con Roma, il senatore Gerardo Chiaromohte, presidente della Commissione antimafia. Non tutti hanno potuto parlare, o parlare quanto avrebbero voluto: ma questo accade sempre, in tv. Ogni partecipante è convinto di essere trascurato, di non potersi esprimere perché chi tiene il microfono in mano, quindi il potere, privilegia l'«altro». A Gad Lerner bisogna riconoscere un merito, anzi un miglioramento: pare abbia imparato (vedremo se saprà mantenere l'atteggiamento nelle puntate successive) a non togliere la parola di bocca ai suoi intervistati. Magari non sempre darà la parola, perché il programma dura un'ora, passata la quale le leggi inflessibili dei palinsesti impongono la chiusura. Ma quando la dà, non la toghe più prima che l'ospite sia riuscito a esprimersi almeno un po'. Come «Profondo Nord», la trasmissione si svolge in un teatro, piccolo, questa volta, il Litta di Milano, sempre quello. Lo spazio ridotto dovrebbe consentire a Lerner un miglior controllo della platea. In palcoscenico campeggiavano l'altra sera i dati: 50 persone arrestate per le tangenti, 24 industriali e 26 politici; 11 parlamentari inquisiti, due latitanti. E la crisi di governo dura da 52 giorni. Accanto alla statistica, un cartello: «L'Italia salvata dai magistrati?». Da notare il punto interrogativo, perché proprio su questo interrogativo si è avuta la prima spaccatura tra i partecipanti. L'Italia non deve essere salvata dal contropotere dei magistrati, bisogna seguire le regole, dicevano alcuni. Meno male che sono arrivati uomini come Di Pietro e i suoi collaboratori, dicevano altri, che forse riusciranno a scuoterci e a farci rialzare la testa. Chiaromonte da Roma ammoniva: il problema è politico, i partiti si devono autorisanare, i magistrati devono essere sobri, non partecipare ai convegni: Di Pietro non doveva andare al convegno degli industriali. Gli avvocati, «in minoranza», come continuavano a dire loro, richiamavano l'attenzione sulla necessità di seguire le regole nella procedura degli arresti. Uno studente sosteneva che, da quando è esplosa la vicenda tangenti, nelle scuole si sta ricominciando a seguire la politica. L'audience per adesso è debole, il programma non è entrato nella classifica dei più visti. Probabilmente gli ascolti miglioreranno con la ripetizione. Gad Lerner diceva di sentire «l'uniformità della sala intorno al Palazzo di Giustizia». Le prossime puntate dovranno far capire se è proprio così. O se non si stia profilando una nuova, colossale delusione. Alessandra Co mazzi zzi |
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