E Moravia stramaledisse i «barbari americani» di Corrado Alvaro

E Moravia stramaledisse i «barbari americani» Riemerge un altro scritto su una rivista fascista E Moravia stramaledisse i «barbari americani» I-il ROMA " EREDITA' politica e culturale di Moravia si i complica sempre più. U Nuovi documenti arrivano dal 1941, un anno particolare per lo scrittore, e sembrano destinati a far discutere a lungo. Nei giorni scorsi La Stampa ha dato notizia del racconto Morte improvvisa pubblicato quell'anno in versione francese sulle pagine della rivista filonazista e antisemita di Robert Brasillach. Ora riemerge uno scritto, sempre del 1941, che l'autore degli Indifferenti ha affidato alle pagine di un quindicinale fascista, Augustea, pubblicato a partire dal 1925 per iniziativa di Franco Ciarlantini. Il fondatore era una camicia nera della prima ora, collaboratore del Popolo d'Italia e in seguito presidente della Federazione nazionale fascista dell'industria editoriale. L'articolo di Moravia, Civiltà americana, appare fra i primi del fascicolo di febbraio e segue alcuni altri interventi dai titoli assai significativi: Vincere!; Funzione storica dell'Asse; Vigilia in armi. «Di questo articolo di Moravia si è già parlato. Ma mi ha incuriosito la coincidenza delle date - afferma il professor Carlo Ferdinando Russo che dirige la rivista di cultura e letteratura militante Belfagor - quando ho letto sulla Stampa del racconto uscito sulla rivista Jes suis partout. Proprio Belfagor, nel 1983, citava Civiltà americana in un saggio dell'italianista Pasquale Voza su Prezzolini e Moravia, con un'eco augustea del XLI». Ma che cosa sostiene lo scrittore romano nel periodico che aveva per sottotitolo «Rivista imperiale del nostro tempo», e il cui programma era quello di rendere evidente il nesso che lega la «romanità alla Rivoluzione delle Camicie nere»? L'intervento di Moravia gronda antiamericanismo e afferma la tesi della superiorità del «carattere» europeo su quello americano. Lo scrittore parla di assenza di ogni «senso critico» e di «debolezza» degli americani, sostiene che «negli Stati Uniti ogni volta che tra la folla locale avviene di incontrare un europeo sembra di passare dalle larve del cinema alle figure vive del teatro». L'americano non ha «volume», cioè cultura, storia, tradizioni: tant'è vero che a «New York, mutate certe condizioni, avviene lo stesso che nel centro dell'Africa: l'uomo rinunzia ad essere una personalità civile, si rintana, e pensa soltanto a campare e a soddisfare egoisticamente certe esigenze fisiche». Come si spiega questa momentanea adesione di Moravia all'antiamericanismo del regime e la sua scelta di pubblicare su un foglio così decisamente schierato? «Si deve tener conto della situazione internazionale e degli schieramenti che si fronteggiavano. Poi Augustea aveva tra i suoi collaboratori molti nomi di spicco della cultura italiana - spiega Russo quali Corrado Alvaro, Bruno Barilli, Alba De Cespedes, Corrado Govoni e Bonaventura Tecchi». Certo è che in quegli anni Moravia dovette sentirsi particolarmente isolato. I suoi rap¬ porti con il regime erano sempre stati conflittuali ma non erano mai arrivati allo scontro più duro, come avvenne per altri intellettuali. Il suo primo romanzo, Gli indifferenti (del '29), fu duramente criticato, fra gli altri, dal fratello del Duce, Arnaldo Mussolini: ironia della sorte, era però uno dei soci della casa editrice Alpes che lo pubblicò. Secondo Arnaldo Mussolini il libro era «negatore dì ogni valore umano». Il regime non apprezzava la critica alla famiglia borghese dell'epoca, che era molto esplicita negli Indifferenti. Non fu quello l'unico episo¬ dio dì censura e di ostilità da parte del fascismo. Moravia raccontò di un suo incontro con Galeazzo Ciano, ministro degli Esteri ed ex titolare del Minculpop, il ministero della cultura popolare, da cui andò a perorare la causa del suo romanzo del 1940 La mascherata, sequestrato qualche tempo dopo la pubblicazione: «Voi dovete capire - spiegò lo scrittore al ministro - che io non sono un crìtico del fascismo, sono un testimone». Ma la sua richiesta dì intercessione non sortì alcun effetto. Il saggio di Belfagor non è stato il primo dedicato dalla rivista letteraria ai rapporti tra Moravia e il fascismo. Già nel 1981, infatti, il periodico diretto da Russo rinfacciò allo scrittore la sua giovanile collaborazione, nel 28, con alcuni fogli romani avanguardisti, come L'interplanetario e I lupi. Intervistato dalla Nazione su quest'argomento, Moravia aveva risposto così: «I miei racconti del '28 furono pubblicati da una rivista dì ragazzi. Non mi ricordo se fosse fascista. Allora tutto era fascista. Chi voleva fare qualcosa doveva passare attraverso il regime o andare all'estero. Del resto il fascismo era un movimento di massa». «Mi pare che le parole dì Moravia siano abbastanza chiare dice Carlo Ferdinando Russo -, c'è da aggiungere però che l'intervento antiamericano è del 1941, in piena guerra, e non su riviste giovanili ma su una rivista "imperiale". Io penso comunque che certe oscillazioni di pensiero e di atteggiamento politico-psicologico siano del tutto naturali in un artista qual era Moravia». Mirella Serri Era il '41: lo stesso anno in cui fu tradotto da Brasillach Corrado Alvaro e Galeazzo Ciano Nell'immagine grande Moravia

Luoghi citati: Africa, Indifferenti, New York, Roma, Stati Uniti