La paura di scegliere blocca la dc di Augusto Minzolini

La paura di scegliere blocca la dc Oggi lo scudo crociato sale al Quirinale per decidere chi mandare a Palazzo Chigi La paura di scegliere blocca la dc //problema-Craxi divide ilpartito ROMA. E alla fine l'incubo che da due settimane rovina i sogni della de oggi si concretizzerà. Ieri Giorgio La Malfa se lo è visto spiattellare da Oscar Luigi Scalfaro in anteprima: questa mattina Bettino Craxi chiederà di nuovo al Capo dello Stato la guida del governo; e Scalfaro subito dopo girerà la richiesta alla delegazione de, che sarà costretta a pronunciare un «sì» o un «no», A quel punto esploderà l'imbarazzo democristiano: se il vertice di Piazza del Gesù boccerà quel nome dirà addio all'alleanza con cui ha governato il Paese per tutti gli Anni 80; se dirà «sì» aprirà una divisione al suo interno. Il terrore di scegliere della de: il racconto di queste due settimane di crisi di governo potrebbe avere questo titolo. E, ora, che si è arrivati al punto, la de è paralizzata dalle sue contraddizioni interne. Probabilmente, oggi Scalfaro riceverà una risposta «bifronte», o meglio una «non risposta», come quella che ieri pomeriggio Arnaldo Forlani ha anticipato ai cronisti salendo le scale dell'istituto Sturzo per andare a commemorare Attilio Piccioni. «E' sbagliato - ha detto - affermare che la de dice di no a Craxi». Allora la de dice sì? Lo hanno incalzato i cronisti mettendo a nudo l'indecisione democristiana: prima il segretario ha tentato di scansare la domanda («Ma perché non cacciate i giornalisti da qui?» ha chiesto sorridendo ai commessi»), poi si è rifugiato in una risposta generica: «Diciamo sì alla formazione di un governo». Probabilmente i capi de avrebbero pagato una fortuna a chiunque pur di essere dispensati daU'affrontare la «questione Craxi». Ma ieri mattina se lo sono trovato di nuovo davanti durante la riunione della segreteria. Forlani ha spiegato che Craxi insisteva sulla sua candidatura e che non c'era la possibilità di puntare sul nome di un altro esponente socialista come Amato o Martelli. In più ha spiegato che c'era da registrare il «no» del psi alla candidatura di Mino Martinazzoli, o meglio. di qualunque candidato de. Così i capi de si sono trovati soli di fronte alla solita scelta: dare o no l'«addio» a Craxi? E, come al solito, è venuto fuori un dibattito tra sordi: gente come Bianco e Lega ha spiegato che non si può abbandonare «il certo per l'incerto»; mentre De Mita e sinistra hanno detto che è giunto il momento di osare. La divisione, più o meno nascosta, ha percorso nella giornata di ieri l'intero corpo della de. Alla Camera Maurizio Giraidi, l'ideologo del gruppo di Vittorio Sbardella meglio noto come il «barone», ha spezzato una lancia in favore del segretario socialista: «Date retta al barone - ha detto, azzardando una previsione - l'incarico Scalfaro lo darà a Craxi». Mentre nell'altra ala del palazzo il demitiano Bruno Tabacci ha teorizzato la necessità di recidere l'ultimo legame con il psi: «Non si può andare appresso a Craxi all'infinito. E' arrivato il momento di decidere». E le due scuole, alla fine, si sono confrontate anche al convegno su Attilio Piccioni. Anzi, non è mancato il parallelo tra la vicenda di quell'esponente de, costretto a lasciare la vita politica a seguito di una vicenda giudiziaria che aveva coinvolto il figlio (il famoso «caso Montesi»), e il «caso Craxi». E, anche qui, c'è stato chi, sia pure sottovoce, ha detto che il segretario socialista avrebbe dovuto seguire quell'esempio e chi, invece, ha posto il problema che non si può sacrificare un uomo alla luce di un sospetto. «Già ha spiegato ai quattro venti il direttore del Popolo, Sandro Fontana - Piccioni è stata una delle più grandi intelligenze della de bruciata sull'altare di una campagna di stampa e di un sospetto. E pensare che a silurarlo fu F anfani». Ma anche nelle mura ovattate dell'Istituto Sturzo la de non è riuscita a sciogliere il «rebus» Craxi. Forlani ha chiesto conforto allo stesso Scalfaro, poi a Spadolini e ad Andreotti. Ma la via d'uscita, cioè la possibilità di superare la candidatura Craxi senza rompere i legami con il segretario del psi, non l'ha trovata. Per cui, nelle difficoltà, è tornata la tentazione di non scegliere. «Decida Scalfaro, l'articolo 92 recita questo» ha spiegato Giuseppe Gargani. Mentre Flaminio Piccoli ha ipotizzato una scorciatoia verso l'incarico istituzionale: «Visto che bisogna scegliere un nome che piace a Craxi tanto vale puntare a Spadolini come soluzione istituzionale». E, naturalmente, tra le tante tentazioni della «non scelta» è spuntata anche quella che forse lasciar provare il segretario socialista sarebbe la soluzione più indolore. Lì, parlando di Attilio Piccioni, i vecchi capi de, Andreotti e Forlani, l'hanno fatta intravedere. Entrambi hanno sparato contro Mario Segni che nella de ricopre il ruolo dell'«Anti-Craxi». Il presidente del Consiglio ha detto che non bisogna agire con «schemi mentali precostituiti» e ha messo in guardia dalle scissioni. Forlani ha ribadito che nella de debbono essere salvaguardate le regole democratiche: «Nel partito bisogna discutere ma poi quando si decide bisogna rispettare la decisione. Chi non è d'accordo farebbe meglio ad andarsene». Ed ancora: «C'è in questi tempi voglia di moralità, di rigenerazione dei partiti, ma se si dimenticano le regole della vita democratica non riusciremo a tradurla in fatti». Augusto Minzolini Qui a fianco: il presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro A sinistra: il presidente de Ciriaco De Mita

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