Un'Arca per l'Africa assetata di Domenico Quirico

Un'Arca per l'Africa assetata Catastrofica siccità nel Sud del continente, si rischia anche la carestia Un'Arca per l'Africa assetata Zimbabwe, trasferitigli animali in pericolo Nella savana le carcasse di migliaia di bufali, antilopi, zebre, gnu scandiscono come macabri segnali quelle che un tempo erano le piste verso l'acqua. Nell'invaso del lago Bengi, dove ogni sera gli animali si affollavano giocando con i predatori l'infinita sfida per la sopravvivenza, centinaia di ippopotami sono imprigionati in tombe di fango pietrificato dal sole. Per settimane si sono trascinati verso le pozze d'acqua sempre più ridotte, fino a quando, stremati, si sono lasciati morire. Nel parco di Gonarezhou, il secondo dello Zimbabwe, 500 mila ettari di quello che in un tempo felice era un Eden africano, gli ippopotami erano 2000. Adesso ne hanno contati 80, che, pazzi per la sete, vagano alla ricerca delle ultime pozze umide, una disperata corsa contro il tempo prima che la loro pelle si asciughi condannandoli a morte. I tre rinoceronti superstiti lottano con un nemico più pericoloso perfino dei bracconieri, mentre gli elefanti sfogano la paura distruggendo gli alberi raggrinziti della savana. Gonarezhou è uno degli scenari dell'ennesima apocalisse africana: undici Paesi della zona australe rischiano di morire di sete per la siccità che attanaglia il Sud del continente. Un disastro che strema nazioni derelitte come il Mozambico, lo Zambia e l'Angola, ma fa traballare anche l'economia di un Paese modestamente «ricco» come lo Zimbabwe e mette i brividi addirittura al gigante sudafricano. Durante i mesi della stagione delle piogge, da dicembre a marzo, contadini e meteorologi hanno osservato, ogni giorno con angoscia crescente, l'orizzonte sgombro di nubi, mentre i giorni infuocati della stagione secca si avvicinavano inesorabili. I cen¬ tri di Nairobi e Harare hanno misurato a dicembre non più di 40 millimetri di pioggia, meno del venticinque per cento del livello normale di precipitazioni. Così la grande area verde del Gonarezhou è diventata un deserto giallastro che rischia di trasformarsi rapidamente in un cimitero silenzioso. Il governo di Harare ha subito lanciato una gigantesca operazione di salva- taggio, una «arca di Noè» che dovrebbe trasferire, con ogni mezzo, una consistente quota di animali nel Nord dove la siccità è meno devastante. Ma non tutti, naturalmente, potranno salire sull'arca. Duemila elefanti dovranno essere abbattuti. Ma questo è un sacrificio accettabile, perché il parco, che potrebbe ospitare 3500 capi, in realtà ha una popolazione di ben 6500 pachidermi. E' una «generosità» ecologica che già in passato ha attirato sullo Zimbabwe le critiche dei naturalisti memori dei rischi della sovrappopolazione. Ma anche cinquemila impala e 1500 bufali saranno sacrificati alla legge della sopravvivenza. La carne sarà regalata alle popolazioni della zona che hanno dovuto abbattere il bestiame domestico e potranno per un po' di tempo sopravvivere. Cinquecento tonnellate saranno essiccate e vendute per pagare il viaggio verso Nord dei superstiti. Perché l'ente che gestisce i parchi nazionali, per questa gigantesca operazione Noè, dispone in tutto di 120 milioni. Ma la siccità non spaventa solo naturalisti e zoologi. C'è in agguato una catastrofe ben più grave. Diciotto milioni di persone rischiano la fame, perché quest'anno i raccolti saranno la metà del normale. E secondo l'Unicef nel continente 4 milioni di bambini sono in pericolo. La Fao ha calcolato che questa par¬ te dell'Africa dovrà importare nel '92 dieci milioni di tonnellate di cereali in più, cinque volte oltre la norma. Sud Africa e Zimbabwe resisteranno. Ma il Mozambico devastato dalla guerra civile dove troverà un milione di tonnellate di cereali? E Zambia e Angola, prostrate da un'economia normalmente al limite della fame, come pagheranno tonnellate di cibo? Come sempre in Africa maledire la natura e i capricci del cielo è un alibi. Le catastrofi hanno altri colpevoli, con nomi e cognomi: come le scelte di un non sviluppo che ha sfruttato e abbandonato i contadini al loro destino, gli innumerevoli errori di 30 anni di indipendenza sprecati nel saccheggio interno e nelle guerre fratricide. Basta guardare lo Zimbabwe che cerca di salvare bufali e elefanti. Non soffriranno certo la siccità i quattromila farmer bianchi, padroni del quaranta per cento delle terre, nelle loro aziende modello, che esportano tabacco e carne, via aerea, in Europa. Continueranno invece a scrutare il cielo con rassegnazione i contadini poveri, dannati a scavare la sabbia dei loro mini-poderi. Quando tutto il bestiame sarà morto, prenderanno la via delle bidonvilles cittadine. A loro provvedere, forse, la fantasia caritatevole di qualche cantante rock. Domenico Quirico SOMALIA ZONE DI SICCITÀ' ?rL.CL4)' SWAZILAND AMICA i-*"^ li suo a A AFRICApj^ LES0TH0

Persone citate: Noè