Chiudete la scuola, lo dice Papini di Mario BaudinoLuciano Gallino

Chiudete la scuola, lo dice Papini Provocazione deH'«editore millelire»: libello istigatore in omaggio agli studenti Chiudete la scuola, lo dice Papini Md&fdini e Gallino: pur sgangherata, salvatela r\ IUASI tutti gli uomini che I1 hanno fatto qualcosa di 11 nuovo nel mondo o non 11 sono mai andati a scuola Y 10 ne s°no scappati presto V o sono stati «cattivi» scolari. (I mediocri che arrivano nella vita a fare onorata e regolare carriera e magari a raggiungere una certa fama sono stati spesso i «primi» nella classe). E dunque, visto che gli ultimi fra i banchi sono i primi nella vita, chiudiamo la scuola: «Che non ristupidisce solamente gli scolari ma anche i maestri», e dove «l'unico testo di sincerità è la parete delle latrine». Lo diceva in un breve articolo pubblicato nel '19 Giovanni Papini, ora lo ripetono a tutta voce le Messaggerie libri (il maggior distributore indipendente) e Marcello Baraghini, l'editore di Stampa alternativa, che ha inventato con grande successo i «libri millelire». Sono volumetti molto apprezzati perché sembra costino poco: si potrebbe obbiettare che sedici pagine di formato microscopico, a quel prezzo, sono care, ma questa è un'altra sto- ria. E poi, Chiudiamo le scuole di Papini per ora non costa nulla. Sarà venduto a partire da ottobre: adesso viene regalato ai ragazzi nati nel '73 o nel '74 che ne facciano richiesta personalmente nelle otto librerie delle Messaggerie a Milano, Bologna, Firenze, Siena e Roma: cioè a tutti quelli che quest'anno affrontano gli esami di maturità. Ai professori basterà chiederlo per posta. E' una promozione commerciale, forse divertente, non priva di qualche merito: per esempio attirare diciottenni nelle librerie con un messaggio che può suonare provocatorio, divertente, libero e ribelle. Ma che Papini, all'epoca della sua convinta adesione al futurismo, proponesse di chiudere le scuole non dovrebbe stupire nessuno. Quando aveva fatto la sua professione di fede, in una memorabile assemblea romana, si era lasciato andare ad affermazioni più reboanti: «Mi hanno chiamato ciarlatano, mi hanno chiamato teppista, mi hanno chiamato becero... - aveva tuonato -. Io sono un teppista, è arcivero». Un teppista non si limita a chiudere le scuole, se possibile le mette a sacco, le svalìgia e rapina, le copre di scritte ingiuriose, le incendia. Un teppista infila il mastice nelle serrature per divertirsi quando i buoni borghesi non riescono a rientrare nelle loro case (Marinetti, naturalmente, in L'esecrabile sonno), maledice la luna beghina (Enrico Cavacchioli), loda gli incendiari (Aldo Palazzeschi) e poi, con gli anni, diventa Accademico d'Italia e apologeta cristiano, come accadde a Papini. Ai ragazzi, Bogart lo avrebbe spiegato: «Questa è l'avanguardia, bellezza». Per mille lire, basta invece una paginetta di cenni biografici che non dice nulla, e una quarta di copertina che definisce il libretto «una proposta radicale che tutt'oggi potrebbe far discutere se qualcuno avesse il coraggio di esprimere un simile dissenso». Forse non è prosa da consigliare a diciottenni in attesa di maturità: nel tema sarà meglio che scrivano «a tutt'oggi», intendendo correttamente fino ad ora. A meno che nel frattempo le scuole non vengano chiuse e abolite. Ma sarà il caso? «Non sarebbe una cattiva idea - scherza lo storico Franco Cardini, che da fiorentino ha in corpo qualche cromosoma papiniano -. Ma oggi a che serve una provocazione come questa, che aveva un senso quando si riteneva, a torto o a ragione, di combattere un'Italia paludata? Parlando col senno di poi, altro che chiudere le scuole; sarebbe stato meglio aprirle e farle funzionare. Al di là del mio compiacimento nichilistico e fiorentino, questa è iconoclastia da piano bar. Bisognerebbe semmai chiedere ai ragazzini perché sono così allineati e coperti. Nel ribellismo chiacchierone molti di noi sono invecchiati, e questo è un po' atroce. Il risultato è che si perpetua l'idea secondo cui i giovani hanno il diritto di ribellarsi, anche se non sanno contro che cosa. E questo è un pochino sinistro». All'interno della vituperata e forse vituperevole scuola italiana si nasconde poi un mistero, anzi un miracolo. Lo sostiene un testimone insospettabile: «Vedo i ragazzi che arrivano all'Università - dice Luciano Gallino - e ogni volta mi chiedo come una scuola così sgangherata abbia potuto formare intelligenze tanto pronte. C'è un mistero da risolvere - insiste lo studioso dei processi formativi -; accade qualcosa che i nostri strumenti d'indagine non riescono ad afferrare, e non è solo l'influsso della televisione o dei viaggi. La scuola riesce a formare teste interessanti. Come faccia, non so». Mario Baudino «Ristupidisce gli scolari e anche i maestri» Giovanni Papini, per lui a scuola «l'unico testo di sincerità è la parete delle latrine». A destra Luciano Gallino e Franco Cardini

Luoghi citati: Bologna, Firenze, Italia, Milano, Roma, Siena