Ecco perché rimango per ora

Ecco perché rimango, per ora Lentini racconta la sua verità sul rifiuto al Milan: un atto d'amore verso la città che lo ha cresciuto Ecco perché rimango, per ora «E saprò sopportare i sospetti dei tifosi» TORINOJn un mercato insolitamente tempestoso e autarchico, in cui sono gli italiani a essere carne da titolo più degli stranieri, Lentini rimane spettatore, dopo esserne stato a lungo un protagonista. Se n'è chiamato fuori nella maniera più clamorosa, dicendo di no a Berlusconi che l'aveva già comprato dal Toro. Di quel rifiuto si è parlato e sparlato. E molto se ne sparlerà in un futuro anche prossimo, perché gli esperti dicono che il caso Lentini aleggerà sul mercato fino all'ultimo giorno e condizionerà persino i rapporti tra il Milan e la Juve, che molto farà per averlo. Ma a tutt'oggi si può dire soltanto che Lentini non ha voluto lasciare una città, prima che una squadra di calcio. Un amore vero? «Sì, vero e grandissimo - dice lui -. Sono nato a due passi da Torino, ci sono cresciuto, ho gli amici, ho i posti giusti dove andare». Dicono che sia una città noiosa. Ci si vive benissimo. Per ora non riesco a immaginarmi altrove. Lo diceva anche Vialli di Genova: mi sveglio, apro la finestra e vedo il mare, come posso rinunciare a questo? Adesso, ben che vada, se non c'è nebbia vede il Po. Anch'io posso cambiare idea e ragionare da puro professionista. Ma cerco di dire le cose come stanno adesso, dentro di me. Ha incontrato torinesi che la ringraziano per questo? No. Ne incontro tanti che mi chiedono se resto al Toro, se ho già firmato per la Juve, se è vero che sono innamorato della figlia di un dirigente juventino, se è vero che ho già preso soldi dalla Juve, se è vero che ho gridato di no a Berlusconi. Non posso rispondere su cose che non esistono o che sono inesatte. Sono del Toro, rimango uno del Torino. Del Torino o di Torino? Di tutti e due, per adesso. Se cambiassi squadra, resterei comunque del Toro come amore per una maglia che è una pelle. Non posso dire che ci resterò per tutta la carriera, ma posso dire che resterò sempre uno del Toro anche se giocherò altrove. Nel suo no a Berlusconi c'è più voglia di rimanere a Torino o paura di andare a Milano, in una città nuova e in una squadra difficile? La voglia di restare a Torino è stata decisiva. Le considerazioni sul mio timore di non avere un posto fisso nel Milan sono gratuite. Non ho paura di lottare e credo in me stesso. L'Atalanta praticherà il 10 per cento di sconto sugli abbonamenti della prossima stagione se la squadra non raggiungerà i 35 punti. Bisognerà vedere se, all'ultima giornata, con la squadra - mettiamo - a 34 punti, senza più grandi speranze o grandi paure, i tifosi vorranno lo scontro o lo sconto. E' molta la pressione per conoscere il suo futuro? Moltissima. E se si tiene conto che non lo so nemmeno io, c'è da uscirne pazzo. Ma mi sono temprato bene, in un po' di anni di calcio al vertice e ultimamente con corsi accelerati. Sono un professionista, mi sono fatto anche la naja ad Ancona. Una bella città, che mi ha dato molto, permettendomi un'esperienza importantissima e tutta positiva. Avere accanto i genitori è stato importante? Importantissimo. Li ascolto anche adesso. Valuto tutto, poi si capisce faccio di testa mia. Ma con buone basi di informazione, di consigli. Il prossimo anno Gambiera comunque il suo copione nel rapporto con la gente. Ne ho passate già tante, ho già sentito battute vecchie e nuove. Non mi stupisco, non mi spavento di nulla. Ho alle spalle una bella trafila di esperienze forti che mi hanno temprato. Lei è ricco, lo sarà sempre di più. Avverte l'invidia? Assolutamente no. Per la vita che faccio, poi, ricco o no non significa molto. La vera ricchezza per me è poter andare adesso in vacanza in un posto bello e nascosto. Non dico dove, si capisce. Parto adesso, sono pure convalescente da due operazioni, tutte e due necessarie per fare bene il mio lavoro. I compagni di squadra hanno capito il suo momento? Penso di sì, siamo anche amici. Se non avessero capito significherebbe che non c'è amicizia, e allora non me ne fregherebbe niente dei loro giudizi. Mai pensato di andare all'estero? Mai. Il grande calcio è in Italia. Potrei pensarci a fine carriera. Come hanno fatto Antognoni e Tardelli : e magari con maggiore freschezza, maggiore dignità atletica di quella di cui loro due disponevano in quel momento. Ha fatto bene Vialli a lasciare quella tana comoda e bella che era la Sampdoria? Penso di sì. Si deve cercare di vivere il calcio più grande, se si è professionisti veri. Lei è giovane, si è fatto largo da solo, senza troppa fortuna anzi, considerando i guai fisici che ha avuto. Si dice che il calcio italiano è tremendo verso i giovani calciatori italiani. E' vero? No. Se si vale, si emerge. Per emergere si deve magari faticare molto, ma proprio faticando si fa l'esperienza più giusta. Molti dicono che gli stranieri stanno soffocando i talenti nostrani. E' d'accordo? Ripeto che se si ha talento, si viene fuori. Gli stranieri nella maggior parte dei casi possono insegnare qualcosa. O molto. L'Under 21 però ha vinto l'Europeo con italiani giovani che nei loro club stanno in panchina o in tribuna. Solo i ragazzi di Maialini possono spiegare il loro problema, se esiste, senza generalizzare. Tuttavia mi sembrano giovani che fanno la loro brava esperienza di campionato, giocando e comunque tenendosi sempre pronti. Gian Paolo Or-mezzano Gianluigi Lentini, ventitré anni, è stato valutato 22 miliardi da Berlusconi: «Ma alla base del mio rifiuto c'è stata soltanto la voglia di stare a Torino, dove vivo bene. La ricchezza? E' quanto serve per una vacanza»

Luoghi citati: Ancona, Genova, Italia, Lentini, Milano, Torino