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La speculazione frena un fiume di aranciata La speculazione frena un fiume di aranciata -w- -»-N fiume di aranciata I I salverà l'agrumicoltura italiana. Molti hanno infatti scoperto che le arance è più comodo berle che mangiarle. Questa moda l'hanno lanciata per primi gli americani, ma ora si è estesa anche in Italia. Il consumo allo stato fresco - come osservano all'Ismea (Istituto per le ricerche sui mercati agricoli) - sembra essersi stabilizzato ormai da qualche anno sui 24-25 chili per persona. Dunque l'aranciata sembrerebbe, per i produttori, un buon sistema di piazzare i frutti. Ma non è così. L'accordo interprofessionale tra agrumicoltori e industrie di trasformazione, dopo la sigla di marzo, s'è bloccato e quindi tutto è lasciato all'iniziativa privata. «E' un grosso danno - dicono alla Confagricoltura perché è necessario privilegiare la produzione di succo naturale bevibile, che costituisce un segmento di mercato in forte espansione rispetto alla produzione di succo d'arancia concentrato», i cui spazi mercantili sono sempre più compromessi dalle produzioni provenienti dall'estero soprattutto dal Brasile, a prezzi stracciati. Ma il giro del succo di arancia è ancora più lungo, altri ci speculano su: acquistiamo addirittura succhi da Olanda, Belgio e Germania, Paesi che hanno quasi il monopolio del commercio europeo dei succhi semilavorati, e che trattano a loro volta succhi provenienti dal Brasile, che fornisce da solo quasi la metà di tutti i succhi prodotti nel mondo e che trasforma il 75 per cento di tutte le arance che produce. Il fiume di aranciata, dunque, può salvare l'agrumicoltura italiana, così come può farla affogare. Anche perché l'ultima annata, quella chiusa il 31 marzo, è stata la peggiore dal 1986. «C'è stata una forte produzione - spiega Enzo Sindoni, amministratore delegato dell'Upea (Unione produttori esportatori agrumi) - , ma brutte pezzature», quindi un prodotto spesso invendibile. E' successo che gli alberi, indeboliti anche dal mal secco, non sono stati in grado di sostenere la grande quantità di frutti, che non si sono sviluppati in pieno o coI munque non hanno raggiunI to un completo sviluppo. Ma in natura c'è ' equilibrio. Così, se le arance sono andate male, ottima è stata la stagione dei limoni. «Per i quali - aggiunge Sindoni - c'è stato anche un forte interesse dell'industria trasformatrice»: quindi, più che di aranciata, si dovrebbe parlare quest'anno di limonata salutare. Una limonata che ha reso bene a chi ha coltivato limoni, con prezzi - afferma l'amministratore delegato dell'Upea - che in dicembre e gennaio sono stati quasi doppi rispetto a quelli Cee (400 lire il chilo contro 244). I limoni (e le clementine) hanno compensato dunque le arance, ma gli esperti non sono ottimisti per l'agrumicoltura italiana nel suo complesso. Intanto sul fronte dei consumi, come già si è visto per le arance, anche per i limoni non tira aria buona: «Qui la situazione è resa difficile dalla "lussuosità" (se così si può chiamare) del prodotto stesso - dice Sindoni -, e dal tipo di consumo che si usa farne: dalla borsa della spesa, la massaia chiamata a fare i conti con il portafoglio elimina il limone prima di ogni altro frutto, nonostante le sue eccezionali proprietà salutari». Ecco dunque che la limonata può essere salutare, nel senso di sopperire al minor consumo del fresco. Ma il discorso va allargato. In tempo di sovrapproduzione mondiale - affermano all'Unapro (Unione produttori ortofrutticoli) - un prodotto che si può coltivare in molte parti del globo non può rimanere immune da difficoltà commerciali. E aggiunge Sindoni: «Le problematiche commerciali sono per l'agrumicoltura superiori a quelle di altri settori frutticoli, perché la contrazione del consumo della frutta fresca è continua, e arance e limoni ne risentono maggiormente: è meno facile sostituire con un succo la pesca o la mela che l'arancia o il limone». E' di prammatica l'interrogativo sul vicinissimo '93. Ce la vedremo brutta, secondo gli esperti siciliani. Per Sindoni, «pagheremo amaramente la minor competitività del nostro prodotto rispetto a quello estero». Mettersi al passo con gli altri Paesi è d'obbligo se si vuol sopravvivere. Livio Burato ato
Persone citate: Enzo Sindoni, Livio Burato, Sindoni
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