Il fisco è disarmato e gridarlo non basta

Il fisco è disarmato e gridarlo non basta Il fisco è disarmato e gridarlo non basta LE «considerazioni finali» del Governatore della Banca d'Italia sono giunte quanto mai opportune nel tentativo di invertire un meccanismo perverso che può solo portarci lontani dall'Europa. Le cifre, drammatiche, hanno colpito tutti. Il comune cittadino non sa contarli tutti quegli zeri, ma ne avverte l'imponenza. Lo specialista qualcosa di più sa e teme che essi, un domani, non abbiano a rispecchiare neppure intera la realtà perché: a) accanto alle imposte da incassare vi sono quelle da restituire; b) ai disegni di privatizzazioni devono seguire quelle effettive; c) il minor gettito d'entrate può essere conseguenza di una (Dio ne guardi!) crisi economica; d) i provvedimenti di condono possono fruttare meno del previsto; e) 140.000 miliardi è la quota annuale di ammortamento del debito pubblico (1.484.100 miliardi al termine del 1991) da ridurre, per rispettare le regole di Maastricht, in un quinquennio al 60% del Pil (attualmente 105%), e quindi debbono essere rimborsati titoli per 700.000 miliardi; f) il ripianamento delle perdite per sanità, pensioni, previdenza, trasporti, debiti degli enti locali nonché delle aziende pubbliche finirà a carico dello Stato. Sul fronte del fabbisogno, quindi, anche a stare a quello che oggi è, esso è talmente elevato che occorre provvedere e provvedere tempestivamente. Sul fronte delle entrate nel 1996 rispetto al 1991 «di circa due punti salirebbe la pressione tributaria e contributiva» ed a tale fine bisognerà «ricercare il gettito aggiuntivo nel recupero dell'evasione e dell'elusione fiscale, inducendo i contribuenti a comportamenti conformi alla legislazione tributaria». Il Governatore auspica «un indirizzo di intervento sistematico, di riassetto e di sistemazione dei tributi. La percezione di una maggiore equità del prelievo è necessaria ai fini della più convinta partecipazione della collettività nazionale al risanamento della finanza pubblica e alla politica dei redditi». Francamente faccio poco affidamento ai richiami morali in materia fiscale se lo Stato non fa prioritariamente la propria parte rimediando alla dissipazione nella spesa, ai servizi inefficienti, all'inosservanza dei propri obblighi, fra cui il rimborso delle imposte percepite in più del dovuto, ecc. Ritengo che gran parte degli italiani abbia dato buona prova in tanto marasma nell'osservanza degli obblighi fiscali: basti considerare che il 75% delle imposte dirette ed oltre il 50% delle entrate dello Stato sono introitati senza intervento dell'Amministrazione finanziaria e nell'ultimo I decennio si è avuto un increI mento del gettito in percen¬ tuale di gran lunga superiore all'indice del Pil e della svalutazione monetaria. Comunque è sacrosanta la crociata contro l'evasione (circoscrivibile a mio avviso in definibili zone, come il settore delle riparazioni concernenti immobili e relativi accessori, le intermediazioni, il lavoro nero e gli introiti illeciti per i finanziamenti dei partiti), ma sono convinto che il concentrare l'attenzione sull'evasione è un modo per... evadere i ben più gravi aspetti che causano l'evasione stessa, e cioè la mancanza di equità, trasparenza ed efficienza del sistema. Che fare perjiscire'da questa tragica situazione, ancora più tragica se si considera la necessità di affrontare la concorrenza internazionale che viene fatta anche attraverso sistemi fiscali altamente competitivi: Economist ha addirittura pubblicato il volume The Ukasa tax haven, A guide to tax planning opportunities; la Francia ha esonerato da tassazione il reddito prodotto all'estero; l'Olanda ha un'amministrazione finanziaria pienamente affidabile e ha una struttura assai vantaggiosa per le imprese, e quasi tutti gli altri Stati della Comunità (la Germania è l'eccezione) hanno fissato aliquote di prelievo inferiori alle nostre e per giunta sulla base di imponibili ben più aderenti al reddito aziendale. Il Cnel, con deliberazione assunta dall'assemblea del 13 giugno 1991, ha svolto osservazioni e proposte per un più equo ed efficiente sistema tributario, individuando le azioni da intraprendere. E prioritariamente: 1) il riordino dell'assetto legislativo. Si deve attivare la codificazione auspicata da Vanoni e dai migliori nostri autori e prevista nella legge 1971, n. 825, che sta alla base dell'attuale ordinamento. Dopo ripetute proroghe, il termine, inizialmente previsto per il 31 dicembre 1975 (!!), scadrà il 30 giugno 1992. Il caos legislativo crea gravi problemi sì ai contribuenti, ma soprattutto ai funzionari che non ricevono neppure la Gazzetta Ufficiale! 2) la riorganizzazione dell'Amministrazione finanziaria. Dopo dieci anni di attesa, è stata emanata un'apposita legge, peraltro del tutto inappagante se il risultato deve essere l'efficienza dell'apparato. Tale opera, essenziale per l'attuazione di un sistema dal quale tanto ci si attende e da effettuare in pieno sincronismo, richiede almeno un quinquennio: ma se non si comincia, il traguardo si allontana e non potranno essere neppure raggiunti i risultati minimali indicati dal Governatore della Banca d'Italia. Amaramente dovremmo condividere con Cowell «As an opera ends, Italy gets ready to face the music». Victor Uckmar Università di Genova nar | nova I

Persone citate: Cowell, Vanoni, Victor Uckmar

Luoghi citati: Europa, Francia, Genova, Germania, Olanda