«Senza governo la lira rischia» di Stefano Lepri

«Senza governo, la lira rischia» Dini attacca il «partito danese»: restano validi gli impegni di Maastricht «Senza governo, la lira rischia» Bankitalia: per ora bastano le misure prese ROMA. La lira non sarà del tutto al sicuro, dice la Banca d'Italia, finché non sarà formato un governo capace di prendere misure rapide ed efficaci di risanamento economico. Per difenderla, però, al momento sembra sufficiente («si tratta di una manovra adeguata») il rialzo dei tassi di interesse a breve pilotato nella settimana scorsa. In un discorso a Taormina il direttore generale della Banca d'Italia, Lamberto Dini, ha preso di mira quello che ormai si usa chiamare il «partito danese»: coloro che, prendendo spunto dal «no» della Danimarca al trattato di Maastricht, vorrebbero sottrarre l'Italia agli obblighi lì concordati. Dini si attiene alla posizione ufficiale concordata dai governi della Comunità europea: il trattato di Maastricht non può essere rinegoziato, per la Danimarca qualche soluzione si troverà col tempo. Dunque per l'Italia «rimangono invariati gli impegni assunti con la Cee riguardo agli obiettivi di convergenza dell'inflazione e dei disavanzi pubblici». Le scadenze più vicine della costruzione europea non cambiano: il 1° gennaio '93 entrerà in funzione il mercato unico; «lo Sme resta il punto di riferimento dell'azione di tutte le Autorità monetarie» dei Dodici. Avanti come prima, dice Bankitalia nel tentativo di dissipare le incertezze che in questi giorni hanno messo in pericolo la lira. C'è chi la pensa diversamente. Per la prima volta ieri un autorevole esponente del mondo bancario, Paolo Savona (presidente del Fondo di tutela dei depositi) ha chiesto una svalutazione della lira all'interno dello Sme; o meglio, «una ridefinizione concordata dei rapporti di cambio» da chiedere appena a Roma ci sarà un governo dotato di programma. La gran parte degli industriali ,e dei banchieri resta contraria a una svalutazione, per le ragioni riassunte in un'intervista dal premio Nobel per l'economia Franco Modigliani: «Rida competitività per qualche mese, ma fa rincarare i beni importati e quindi dopo poco tempo anche i prezzi; non è una cura, a meno che non si accompagni a misure che tengano fermi prezzi e salari. Certo oggi non mi sembra vi siano le condizioni politiche per fare qualcosa del genere». Anche per non svalutare, tuttavia, bisogna contenere i prezzi e i salari. Qui una critica più insidiosa alla Banca d'Italia è venuta dal responsabile del centro studi della Confindustria, Stefano Micossi: gli obiettivi di lotta all'inflazione fissati dal governo uscente e dal Parlamento l'anno scorso, e fatti propri dalla Banca d'Italia, sono «troppo miti». Non basterebbero per dare, all'interno e all'estero, un segnale credibile di lotta all'inflazione e quindi di stabilità della moneta. Anche Micossi, ieri, ha attaccato il «partito danese»; ma la diversità delle ricette è un fattore aggiuntivo di incertezza. Nel discorso di Taormina (all'assemblea dell'Aide, associazione degli operatori in titoli esteri) Dini ha confermato an- cora una volta «la volontà di mantenere ferma la politica del cambio». Le tensioni seguite al referendum danese del 2 giugno «in Italia sono state più acute per il sommarsi della vicenda alle nostre debolezze» ma sostenibili. Tracciando un primo bilancio, «l'aumento dei rendimenti sui titoli a lunga è stato di 42 punti base sull'Ecu, di 39 per i titoli in lire, di 25 per quelli in franchi francesi, di 29 per quelli in corone danesi. Sono rimasti invariati i rendimenti sui titoli in marchi: il mercato non ritiene che l'incertezza sull'unione monetaria sia un beneficio neanche per la Germania». Interpretando le parole di Dini, gli operatori ritengono che un aumento del tasso di sconto sia escluso nell'immediato; almeno fino al referendum in Irlanda sul trattato di Maastricht, giovedì. Però con il prolungarsi della crisi di governo nulla può essere escluso; e «ogni ritardo - dice Dini - renderebbe più gravoso l'onere dell'aggiustamento, rischierebbe di comprometterne l'esito». Non basterà un governo qualsiasi: serve un governo capace di «attaccare con la massima urgenza le cause di fondo dei nostri squilibri». Un nuovo contributo al programma la Banca d'Italia lo dà chiedendo di rivedere, rendendolo omogeneo, il trattamento fiscale delle obbligazioni: 1) restringere ai soli non residenti l'esenzione fiscale sui titoli emessi all'estero; 2) per i residenti equiparare il trattamento di tutti i tipi di obbligazioni, interne ed estere. Stefano Lepri Ma Savona preme «E' ora di svalutare» Per la Confindustria è «troppo mite» la lotta all'inflazione Nella foto sopra Lamberto Dini Nel grafico Carlo Azeglio Ciampi Il Nobel dell'Economia Modigliani e (a fianco) Paolo Savona