Le Quattro Stagioni aprono i castelli di Giorgio Pestelli

Le Quattro Stagioni aprono i castelli Vivaldi e Schubert: primo concerto dell'Itinerario Martini & Rossi Le Quattro Stagioni aprono i castelli AMontemagno Paula Robison e il «Borromeo» MONTEMAGNO D'ASTI. Dalle mura maestose del castello di Montemagno, fra turbini e aquiloni di primavera, è partito il Quarto «Itinerario Musicale» della Martini & Rossi nelle Dimore Storiche Piemontesi; alla delineazione del programma partecipa quest'anno anche l'Assessorato alla Cultura della Regione Piemonte, ampliando il cartellone a undici concerti: l'iniziativa, promossa dall'Associazione Dimore Storiche Italiane, presenta così, fino al 26 giugno, un nuovo viaggio di esplorazione attraverso un patrimonio storico e architettonico da conservare e portare a conoscenza di molti. Come nelle passate edizioni, il ricavato dei biglietti sarà destinato al restauro di opere d'arte: quest'anno, a favore degli arredi donati alla città di Torino dal marchese Visconti Venosta e conservati dalla Fon¬ dazione Cavour di Santena. Il flauto di Paula Robison, il Quartetto Borromeo (Nicholas Kitchen, Ruggero Allifranchini, En Sik Choi, Jeesun Kim) e Antonio Falanga e John Gibbons come basso continuo, hanno dato l'avvio, con puntuale fedeltà al calendario, con «Primavera» ed «Estate» dalle Quattro Stagioni di Vivaldi. Alle prime note, le statuine, i vetri soffiati dei Concerti vivaldiani parevano avanzare con qualche timidezza fra i sesti acuti e il severo scenario del maniero medioevale; ma l'ambiente affollato di pubblico e il vecchio mattone pieno hanno fatto da invidiabile mezzo sonoro per la sonorità del gruppo: le Stagioni in forma cameristica, quasi salottiera, con un quintetto di archi e il flauto al posto del primo violino (come faceva Quantz e come usava nel Settecento), si ascoltano sempre con piacere, come una messa a punto solistica di quelle straordinarie invenzioni; e la sonorità del flauto aggiunge all'apertura dell'«Estate» una tremula malinconia insospettata all'originale. Il Quartetto Borromeo si è formato a Boston ed è reduce dai primi riconoscimenti in concorsi internazionali: dando la scalata a un'opera così impegnativa come il Quintetto in do di Schubert (Carter Brey si è unito come secondo violoncello), ha dimostrato di meritare ogni attenzione: alcuni pàlpiti espressivi del mirabile Adagio, mentre la minaccia di tuoni lontani per la campagna attraversava le volte millenarie, alcuni «rubati» di schietto sapore viennese nel finale, facevano intuire qualità musicali in anticipo sulla giovane età del complesso. Giorgio Pestelli

Luoghi citati: Boston, Montemagno, Piemonte, Santena, Torino