Teledivo i brutti della diretta

Teledivo, i brutti della diretta Il niovo conduttore non ha bisogno di particolari doti fìsiche, basta che faccia audience: Mollica insegna Teledivo, i brutti della diretta Guglielmi: «Sono autorevoli e convincenti» ROMA. L'ultimo è Vincenzo Mollica, onduttore con Alba Parietti, qi) dche sabato fa, su Raiuno, di i n megaspettacolone di canzone! e. Mollica è redattore del Tgl e si occupa di spettacolo: competete, garbato, «fumettologo» di f ma, ma certo non bello con la su aria da Barbapapà con occhiali, tant'è che qualcuno, sottoline indo il confronto con la Panetti, 1 a coniato la definizione di «La bc la e la bestia». Mollica però se l'( cavata bene: sarà lui il teledivo 'fenturo della prima rete? Per elser promossi teledivi, infatti, basta fare, con successo, una o più trasmissioni tv in orari di massimi esposizione. E' il solo mestiere moderno per il quale non servo» titoli di studio. Il teledhp però non è ruolo che appartenga a chiunque appaia in televisiona Anche chi fa spot, compare uka o più volte al giorno senza vider mutare il proprio destino. Aifche chi conduce i tg, pubblici o jrivati, è ben identificato dal f-oprio nome in sovraimpressone, contornato di popolarità II teledivo vero, invece, è quelloconteso a colpi di miliardi dallacoppia Rai-Berlusconi, oppure niello che si autoproduce le traunissioni vendendole chiavi in rìano al miglior offerente. Suo ì nico merito è incatenare da vari i al video milioni di ascoltatori, garantire l'audience. Un tempo i ra carriera riservata a quelli ch< si chiamavano presentatori, i Saudo, i Bongiorno, i Corrado, ge ite che veniva dalla gavetta, eh* aveva stile e aspetto neutro, prò unce senz'accenti e abiti impie atizi. Adesso quello del teledivc ì un mestiere aperto a chiunque, purché dimostri di essere teleénico, bucare il video, aggani are la gente. Meglio se maschio brutto o almeno non bello, stra\ igante o almeno con forte perse ìalità, facilmente incasellabile, vestito in maniera anomala. La categoria che in questi ultù ri tempi ne ha forniti di più è ( nella dei giornalisti. Non quelli dei telegiornali, però, perché se i escludono Santoro, Frajese, Be ialoni, Minoli e Mentana, è so3,Lubrano ad essersi cinto dell'alpro di autentico teledivo e un po', ma poco, Sandro Paternostro Piero Angela e la sua divulgazione è un caso a parte. Ad essei «diventati teledivi in questi anni sono soprattutto i giornalisti della carta stampata: l'anglofilo oorrado Augias, il rodomonte Giuliano Ferrara, il re deU'underaatement Andrea Barbato, il finanche troppo fascinoso Oliviero Beha, il neo approdato in Firipvest Paolo Liguori, il questurincf Piero Vigorelli, il tenace Gad temer. Funari, però, viene dal abaret e prima ancora era piazzata di acque minerali; CWambrejti era un animatore di club estivi e radio locali; Magalli faceva l'autore invisibile; Giorgio Celli e/Piero Craveri sono due docenti universitari come pure Gian Lugi Beccaria di «Parola mia» rinasto sempre, per l'affianco con Pispoli, teledivetto; Di Majo pi «Chi l'ha visto?» è un awocat/ con l'hobby della recitazione; Bruno Gambarotta un funzion rio Rai. Come mai questo rim< icolamento di carte? A ror pere le regole del gioco fu nel I itidico '76 Maurizio Costanzo, giornalista di «Grazia», autorei i teatro e cinema nonché per qu; ttro anni conduttore radiofon i o. Cicciotto (fa la pubblicità a « ìa camicia che non stringe al ce lo), grandi sudate sotto le luci di: tudio, noto seduttore nella vita irivata ma non altrettanto in q iella da immagine video, Costar :o ebbe un successo travolgerle: cinque milioni la prima puntata di «Bontà loro», undici rrilioni la seconda. «A but- tarmi in video - racconta - furono l'allora direttore di Raiuno Mimmo Scorano, il cinefilo Paolo Valmarana e quello strepitoso inventore di talenti che è Angelo Guglielmi. Accettai convinto anch'io che in seconda serata non m'avrebbe visto nessuno. Andai in video senza paura alcuna. Il terrore mi venne davanti agli indici di ascolto». Dubbi sul suo aspetto fisico? «Nessuno. Al maschio non si chiede di essere piacevole. Alla donna sì. E' un pregiudizio, ma quest'è». Dubbi sulla sua competenza professionale? «Molti, ma mi vinco. Uno sguardo intelligente, la lettura di qualche libro in più, la battuta pronta, l'autenticità, in tv valgo¬ no più di un lungo apprendistato». Da allora, dal '76, nessuno più ha fermato il dilagare in video di maschi autorevoli, intelligenti, simpatici, ironici, spesso capaci o addirittura geniali, ma ancora più spesso non belli o addirittura brutti. Se non ci fosse stato Costanzo, quando sarebbe successo a Bruno Gambarotta di diventare un personaggio in video? Gambarotta rammette. «Mai pensato neanche nei miei sogni più scriteriati di diventare un teledivo. Fu la necessità di coadiuvare Celentano a "Fantastico" a costringermi. Sono piaciuto perché ero il guardiano del pazzo. Allora avevo qualche perplessità. Oggi ne sono febee». Perché? «Perché a "Porca miseria" pratico finalmente il minimalismo e la marginalità. E poi grazie al successo ho ottenuto di fare l'editore, la vera passione della mia vita». Ambizioni? «Pochissime. Mi vedo in video con ripugnanza. So di non avere il taglio del conduttore tipo che è marchio di qualità di un programma. Ma sono un ottimo comico del genere allineato e coperto, mezza-manica giolittiana». Il suo desiderio, confessa, è restarsene nel paradiso di Rai tre a praticare la tv dei «vincitori morali». E non è il solo. La Raitre di Guglielmi è infatti il vero habitat del teledivo casuale Anni 90, modello maschio brutto ma bravo. L'ultimo, da poco riapprodato su quella rete, è Giorgio Celli. Etologo all'Università di Bologna, esperto in lotta batteriologica, amante dei gatti, attore per amicizia, scrittore, conduce da poche settimane «Nel regno degli animali», versione aggiornata di «Nella vecchia fattoria». I suoi meriti televisivi, oltre a quelli scientifici, li elenca tutti: linguaggio chiaro e concreto; vivacità; introversione e vanità congiunte; esibizionismo; un aspetto maestosamente imponente tra barba e capelli, corpulenza e rughe che lo fanno somigliare al padre dell'etologia Lorenz o al genio del cinema Orson Welles, e sono entrambi confronti che lo onorano. «Non potrei mai essere un divo del cinema perché il cinema è Dio che si mostra all'uomo sul Sinai, mentre posso esse¬ re un teledivo perché la tv è casalinga come la Pentecoste: Dio che entra nelle case». Ma cosa hanno tutti questi personaggi in più o in meno degli altri per aver sedotto Angelo Guglielmi, direttore di Raitre? «Sono convincenti, autorevoli, parlano con un linguaggio semplice». Tutti? «Direi di sì. Anche Augias, il più forbito, s'è furbescamente adattato al mezzo». I migliori? «I giornalisti». Ma la telegenia, virtù tipica degb Anni 60, cos'è? «E' essere riconoscibili. Non bellini, ma caratterizzati in maniera chiara». Mai avuto dubbi sulle sue scelte? «Direi di no». Anche quando ha chiamato Gad Lerner, uno dei volti meno telegenici che siano mai apparsi sul piccolo schermo? «Ho fatto qualche esperimento, ho visto che ha una intelligenza lucida e razionale, ho ignorato il fatto che non fosse bello. Tant'è che adesso gli affido una striscia quotidiana per l'estate di seconda serata». Insomma secondo lei tutti, se hanno le qualità giuste, possono andare in tv? «Certo. Tutti. Il problema è trovarne conduttori con quelle qualità». Si apre una stagione di teledivi venuti fuori dal niente? Sembrerebbe di sì. Unica smentita al trend la nomina sul campo a gran conduttore di «Fantastico» a Fabrizio Frizzi, uno dei pochi della nuova generazione che si sia fatto anni e anni di tv, che s'è costruito sul campo la popolarità di cui gode. Simonetta Robiony Costanzo ha aperto la serie dei conduttori privi di conforti estetici seguito da Lubrano (centro) e Gambarotta (qui a fianco) Belle e giornaliste A sinistra Cristina Parodi del TgS. Qui sopra Bianca Berlinguer del Tg3

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