La morte di Lazzari diventa un caso giudiziario di Cesare Martinetti
La morte di Lazzari diventa un caso giudiziario La procura di Padova apre un'inchiesta, vuole accertare se vi sono state lesioni colpose per le trasfusioni La morte di Lazzari diventa un caso giudiziario Bloccati autopsia e funerali, documenti ai giudici Donatore avrebbe trasmesso l'Aids al «cuore nuovo» PADOVA DAL NOSTRO INVIATO Niente autopsia, niente funerali, nemmeno la camera ardente per Ilario Lazzari. La procura di Padova ha bloccato tutto, sequestrato la cartella clinica, le perizie sul corpo si faranno soltanto domani e saranno i medici incaricati dalla magistratura a fare gli esami. Il sospetto si è così trasferito dalle chiacchiere alla carta bollata: se davvero Ilario Lazzari è morto per aver contratto l'Aids in una trasfusione, si potrebbe anche arrivare ad un processo per lesioni colpose, come ipotizza il giudice Picardi. La macchina dell'accusa è inesorabile, la faccia burocratica della giustizia vuole così. La fine del primo trapiantato di cuore diventa un caso, come era già chiaro venerdì, il giorno della morte di Ilario Lazzari, ucciso a 47 anni da una polmonite, sette anni dopo essere rinato con il cuore «nuovo» ricevuto da un diciottenne di Treviso. La polmonite sarebbe stata una malattia curabile per chiunque, non per chi - come Lazzari - è risultato «immunodepresso», senza difese immunitarie, indebolito e schiacciato da una «immunodeficienza» forse contratta nelle massicce trasfusioni di sangue subite dopo il trapianto. Dalla frazione Celeseo di Vigonovo, dalla casa di Lazzari, arrivano reazioni flebili. La sorella Ermide ha fatto sapere che è meglio così: «Perché nessuno debba fare la fine di Ilario». Si indaga, anche nello stesso centro trasfusioni dell'ospedale di Padova, per cercare di risalire nei destini di tutti coloro che hanno dato il loro sangue a Lazzari. Vi sarebbero due o tre donatori che non sono più ricomparsi per le donazioni spontanee. Questo non significa che vi siano dei responsabili volontari, ma in quel periodo, quando ancora non era entrato ufficialmente in vigore l'obbligo del test anti-Aids sui donatori, potrebbe essere stata fatta una trasfusione a rischio. La circolare del ministero porta la data di tre giorni successiva al 14 novembre 1985, il giorno del trapianto a Lazzari. I medici di Padova assicurano di aver compiuto test fin dalla primavera precedente, quando il sistema era già stato «licenziato» negli Usa. Ma nelle maglie di una prassi non ancora ufficiale e la buona volontà di chi sentiva crescere il problema, potrebbe essere sfuggito il donatore o la «sacca» di sangue infetto. Lazzari, poi, fu sottoposto a trasfusioni non solo a Padova, ma anche a Milano, sei mesi dopo il trapianto, perché colpito da un coma epatico e successivamente operato allo stomaco per un'ulcera di orgine nervosa. In tutto, secondo la sua voluminosa cartella clinica, 158 trasfusioni, un mare di sangue dove si sono mescolati donatori e rischi. I medici di Padova mostrano di fronte al caso molta pacatezza. Nessuna replica a quei piccoli accenti polemici usciti dalla famiglia («Se facevano più attenzione, Ilario sarebbe ancora qui», ha detto la signora Adeli- na), mostrano comprensione, ma ostentano un «riserbo» sulle ragioni della morte di Lazzari che suona davvero come una conferma al sospetto di Aids. Un sospetto che nessuno di loro, per il momento, ha smentito. E' dunque destino che il nome di Lazzari sia legato a «prime volte». E' stato il primo a ricevere un cuore nuovo in un ospedale italiano e fu proprio il suo caso a indurre il ministro veneto della Sanità Costante Degan a firmare il decreto che autorizzava gli interventi, fino ad allora non consentiti. E subito dopo il reparto di cardiochirurgia dell'ospedale padovano, trapianti vennero effettuati a Pavia dal professor Vigano, a Bergamo dal professor Parenzan. A Padova, da quel 14 novembre 1985, sono stati effettuati 201 trapianti. Centosessanta pazienti sono vivi. Dei morti, nessuno per cause di sangue, eccetto Lazzari, primo trapiantato vittima di un male invisibile e terribile. Cesare Martinetti Ilario Lazzari in ospedale, a Padova La sua storia fa ancora discutere
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