Ragazza killer sei pistole cariche di follia

Ragazza killer, sei pistole cariche di follia Firenze, ha ucciso i genitori con freddezza dopo essere stata rifiutata da un ospedale Ragazza killer, sei pistole cariche di follia Malata di mente, ma aveva ilporto d'armi FIRENZE DAL NOSTRO CORRISPONDENTE Da poco più di un mese aveva ottenuto un porto d'armi sportivo la ragazza che venerdì sera, in un raptus di follia, ha ucciso i genitori crivellandoli di colpi. Sì, Alessandra Brizzi, 26 anni, ai primi di maggio si era iscritta anche al poligono di tiro. Nell'occasione aveva anche presentato un certificato medico dove si dichiarava il suo perfetto stato psicofisico. Non solo. Il pomeriggio prima del duplice omicidio Alessandra si era presentata al pronto soccorso dell'ospedale di Santa Maria Nuova chiedendo, inutilmente, di essere ricoverata. Sono questi gli aspetti dell'ennesimo dramma della follia che il sostituto procuratore della Repubblica Paolo Canessa intende chiarire. L'inchiesta è appena avviata, ma non si può escludere che nelle prossime ore il magistrato invìi alcune informazioni di garanzia. C'è da verificare se qualcuno ha commesso leggerezze nei confronti di una ragazza affetta ormai da anni da problemi psichici. Problemi che, per esempio, i responsabili del poligono di tiro avevano intuito. Pochi giorni fa, accampando come Scusa il suo abbigliamento troppo eccentrico, abiti fasciati, minigonne e scolli vertiginosi, e il suo atteggiamento strafottente, l'avevano espulsa dal club. Un'offesa cocente per Alessandra che si era presentata in questura con l'intenzione di denunciare chi l'aveva allontanata dal suo hobby, ma poi non ne aveva fatto niente. A soddisfare la sua passione per le armi c'erano a casa le sue pistole. Ne possedeva sei, quattro le aveva recentemente acquistate usate in un'armeria del viale dei Mille spendendo circa 2 milioni e mezzo: una Beretta 89 calibro 22, due Beretta 98 calibro 9, tutte adatte per il tiro a segno, più una piccola Beretta 84 che aveva adocchiato in vetrina e che le era particolarmente piaciuta. E' stato proprio con due di queste armi che venerdì sera ha massacrato il padre Giancarlo, 55 anni, tenente colonnello dell'Istituto farmaceutico militare, e la mamma Massima, 54 anni. E' stata la stessa Alessandra che, alternando momenti di lucidità ad altri di completa astrazione dalla realtà, ha raccontato agli agenti del 113 cos'era successo. In un'allucinante sequenza ha ricordato la discussione davanti all'ospedale di Santa Maria Nuova con suo padre chiamato dai medici ai quali si era rivolta per un ricovero, la successiva lite una volta tornati a casa («Se proprio vuoi essere ricoverata domani ti porto in clinica», le avrebbe gridato il pad*e), la collera che l'ha assalita, la decisione di caricare la Beret- ta calibro 9 per farla finita, i colpi in rapida successione che hanno raggiunto sia Giancarlo Brizzi sia la moglie, e poi gli altri colpi, forse quelli mortali, sparati con la calibro 22 che aveva lasciato pronta all'uso sul letto di camera. Pentita? No, Alessandra durante l'interrogatorio ha mostrato un pizzico di pietà solo nei confronti della mamma. «Per il babbo non ho nessun rimpianto», ha detto agli agenti che la portavano in questura, «piuttosto state attenti ai miei gatti, se vanno in terrazza possono farsi male». Ora il sostituto procuratore Canessa vuole accertare se ci sono delle responsabilità in quello che è accaduto. Se ce ne sono da parte dei medici dell'ospedale di Santa Maria Nuova che, forse troppo frettolosamente, hanno liquidato la richiesta di Alessandra di essere aiutata; se ce ne sono da parte del commissariato di San Giovanni che ha concesso il porto d'armi, seppure di tipo sportivo (permette di maneggiare le armi in un poligono, non di portarsi in giro le proprie); se ce ne sono da parte di chi (si suppone il medico curante della ragazza) ha stilato il certificato di idonee condizioni psicofisiche. Nei confronti di Alessandra l'accusa è invece di omicidio premeditato, ma lei sembra già non rendersi più conto di quello che ha fatto. Al magistrato che le comunicava il trasferimento dagli uffici della questura al carcere di Sollicciano ha candidamente risposto: «Sollicciano? Dov'è? Può chiamarmi un taxi». Francesco Matteini p i | Nella foto grande Alessandra Brizzi al momento dell'arresto, poco dopo l'uccisione dei genitori. In alto il padre della ragazza, Giancarlo, 55 anni, accanto, la madre, Massima, 54

Persone citate: Alessandra Brizzi, Beretta, Canessa, Francesco Matteini, Giancarlo Brizzi, Paolo Canessa

Luoghi citati: Firenze