«Al pci 46 milioni di dollari» di Massimo Gramellini
«Al pci 46 milioni di dollari» Dalle casseforti del pcus nuovi documenti sui legami col pei. Lo rivelano Panorama e Grl «Al pci 46 milioni di dollari» Ecco le ricevute dei finanziamenti russi ROMA. La ricevuta, compagni. Dagli archivi violati di Mosca continua a zampillare di tutto. In questa pagina trovate gli autografi più o meno svolazzanti dei grandi elemosinieri del pei che, secondo le ricostruzioni della Procura generale russa, andavano a batter cassa dal loro fratellone sovietico. Con discreto successo, a giudicare dalle ricevute, che certificano pagamenti per milioni di dollari avvenuti fra il 1972 e il 1983. In calce, si riconoscono le firme dei comunisti Barontini, Antelli, Stante e Cappelloni (1 milione e mezzo di dollari nel '76), oltre a quelle di Ghiotti, comunista sanmarinese, e di Lami, che nel marzo del '72 attestò di aver ricevuto 450 mila dollari «per conto del psiup». Ma gli interessati, fra i quali ci sono extesorieri del pei ed esponenti dell'ala ortodossa di Cossutta, già nei giorni scorsi avevano respinto ogni addebito. Intervistato dal settimanale Panorama, il procuratore generale russo Valentin Stepankov ha confermato che «dal 1971 in avanti, sono stati versati al pei 46 milioni di dollari». E nelle prossime settimane il procuratore volerà a Roma, nel tentativo di «recuperare le ingenti somme del pcus che furono depositate presso banche italiane». Lo stesso Gorbaciov non ha negato l'esistenza di questi canali privilegiati, precisando però che non si tratta di «illegalità favorite dal pcus, ma di possibili deviazioni avvenute all'ombra del partito». Oltre alle ricevute, dalle casseforti del pcus emergono nuovi documenti sui rapporti fra comunisti sovietici e italiani. Prima la rivelazione, contenuta in un atto del Politburo riporta- to il 6 giugno scorso dalla Stampa, sull'invio di diciannove militanti del pei a Mosca per l'addestramento alla clandestinità. L'atto porta la data del 5 maggio del 1974. Ad esso, però, vanno adesso ad aggiungersi altre carte che svelano altri «aiuti speciali» forniti ai compagni italiani a Mosca. Una lista che sembra uscire da un romanzo di Le Carré: radio ricetrasmittenti, 500 passaporti in bianco, documenti francesi e svizzeri, linee speciali di comunicazione fra il comitato centrale del pei e il terribile Kgb. Ancora nel 1990, ma qui il clima spionistico cede il posto ad un più rassicurante «volemose bene» all'italiana, negli atti del vertice sovietico si ritrovano pressanti richieste affinché ai «compagni italiani» presenti in città siano concesse agevolazioni nell'affitto degli alloggi. Le nuove rivelazioni illuminano anche un altro versante dei rapporti finanziari fra i due partiti: quelli consumati all'ombra delle società commerciali di proprietà del pei o comunque ad esso collegate. Nel protocollo di una riunione del Politburo (18 gennaio 1983) si legge l'autorizzazione a vende¬ re «a condizioni di favore» quantità ingenti di petrolio e gasolio «alla società Interexpo presiduta dal compagno L. Remigio..., in modo che i nostri amici italiani possano ricavarne circa 4 milioni di dollari». E il Grl di ieri ha messo le mani su una lettera contrassegnata dall'emozionante avviso «segreto-segreto» e scritta il 4 ottobre 1989 dal viceministro della Marina Mercantile, compagno Grabov. Vi si racconta la storia di una frode organizzata dal governo sovietico e dall'agenzia marittima ravennate Maritalia, di proprietà del pei, per finanziare la causa del comunismo italiano in barba alle leggi di entrambi i Paesi. I fatti: nel 1977 gli amministratori di Maritalia, Giovanni Belletti e Mauro Cassani, giungono a Mosca in compagnia dell'onorevole Giovanni Giadresco, autore dei saggi «I compagni di Ravenna» e «Il compromesso bizantino», ma soprattutto membro del comitato centrale del pei. Oggi è l'editore di Liberazione, il giornale di Rifondazione Comunista. Per sottrarsi al fisco italiano, i due amministratori chiedono ai sovietici di accreditare su un conto perso¬ nale di Cassani a Mosca le somme che la Maritalia fingerà di dover pagare alla «Mare d'Azov», con penali autoprocurate e fatture false. Negli anni successivi Maritalia chiederà ai sovietici di trasferire a Losanna il malloppo, salito nel frattempo a un milione e mezzo di dollari. Nel 1986, Belletti opta per la banca di Cipro a Londra, aprendovi un conto personale. Il gioco si interrompe nel 1989, quando l'azienda sovietica coinvolta nell'inghippo scrive al comitato centrale del pcus che «d'ora in avanti Maritalia e chi le sta dietro non potranno più contare sulla nostra complicità». Massimo Gramellini Chiarissime le firme di Barontini Antelli, Stante, Cappelloni e del sanmarinese Ghiotti Hanno sempre negato tutto ir' ì Guido Cappelloni (a sinistra) sanmarinese Gilberto Ghiotti Nelle foto la copia di alcune ricevute ritrovate negli archivi del pcus
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