«Santapaola è innocente»

«Santapaola è innocente» «Santapaola è innocente» Catania, per la strage dei bimbi non bastano le accuse delpentito CATANIA. La strage dei «picciriddi» rimane senza colpevoli. Resta un mistero quello che il pentito catanese Antonino Calderone ha definito uno dei delitti «più vergognosi che la mafia abbia mai commesso dal 1600 ad oggi». Le dichiarazioni del pentito non hanno però trovato alcun riscontro. Per questo motivo, i giudici della terza sezione penale della corte d'appello di Catania hanno rigettato il ricorso della procura generale contro la sentenza di proscioglimento del giudice istruttore Luigi Russo. Ai giudici, Antonino Calderone aveva riferito dell'atroce fine di quattro giovanissimi rapinatori di S. Cristoforo «condannati a morte» per avere scippato una borsa alla madre del boss Nitto Santapaola. Il 10 luglio del 1976, per volere di Santapaola, quei quattro ragazzini, Lorenzo Pace, 14 anni; Riccardo Cristaldi, di 15; Giovanni La Greca, 14 e Benedetto Zuccaro, 15, furono rapiti per poi essere strangolati e buttati in un pozzo. I loro corpi non sono stati mai trovati. Gli investigatori non sono nemmeno riusciti a risalire con precisione al luogo dove i 4 sono stati tenuti per un paio di giorni prima di essere uccisi. Per i giudici catanesi, che considerano Calderone un pentito attendibile, mancano i «riscontri esterni» per accusare Santapaola e i suoi uomini. La scomparsa dei quattro giovani di S. Cristoforo è rimasta per anni un «giallo» inspiegabile. La fuga al Nord alla ricerca di una vita migliore sembrava essere l'ipotesi più probabile. A San Cristoforo, però, qualcuno sapeva. In una viuzza di quel quartiere, regno incontrastato di Nitto Santapaola, quei quattro sbandati avevano osato rubare una borsetta nientemeno che alla I boss Nitto Sa apaola madre del capo. La donna eia caduta a terra e si era fratturata anche un braccio. «Quei ragazzi - ha raccontato Antonino Calderone - non sapevano nemmeno che quella fosse la madre di Santapaola, e se anche lo avessero saputo, era un motivo per ammazzarli?». A decidere di dare loro una lezione fu lo stesso Santapaola insieme a due dei suoi fratelli, Antonino e Salvatore. Calderone lo ricorda nel recente libro-racconto «Gli uomini del disonore» di Pino Arlacchi. I quattro furono sequestrati e nascosti in una stalla di S. Cristoforo, prima di essere trasportati nella tenuta agricola di Francesco Cinardo, a Mazzarino, territorio controllato dal boss di Riesi, Giuseppe Di Cristina. «La maggior parte di noi ricorda Calderone - era contraria a far fuori quei bambini. Piuttosto che Uccidere quei quattro, Ciccio Cinardo disse che preferiva essere buttato fuori da Cosa Nostra. Santapaola era però deciso ad andare sino in fondo e fare tutto da solo. Se voi non ve la sentite, ripeteva, me li porto io quei piccoli fetenti e li scanno con le mie mani». Calderone prese tempo, disse che c'era bisogno del parere del fratello Giuseppe (capomafia di Catania, ucciso nel 1978) e soprattutto del consiglio di Giuseppe Di Cristina, rappresentante provinciale di Cosa Nostra. Quest'ultimo diede ragione a Santapaola: i «picciriddi» potevano essere ammazzati. Uno di loro fu addirittura gettato ancora vivo dentro il pozzo, con il cappio al collo. Calderone assistette all'esecuzione dentro a una macchina, con i finestrini chiusi per non sentire le urla di quei ragazzi. Nicola Savoca I boss Nitto Santapaola

Luoghi citati: Catania, Mazzarino, Riesi, San Cristoforo