Perot straccia Clinton

Perot straccia Clinton Per la prima volta il 18% dei democratici vota il suo nome Perot straccia Clinton Un trionfo alle Primarie del Dakota NEW YORK NOSTRO SERVIZIO Nell'ultimissima elezione primaria, quella del North Dakota, Ross Perot si è tolto un ulteriore sfizio: quello di battere il candidato democratico Bill Clinton in una specie di incontro fuori casa. Le primarie del North Dakota non erano importanti perché ormai i giochi sono fatti, Clinton e George Bush hanno già acquisito il numero dei delegati che alle «conventions» dei loro rispettivi partiti li proclameranno ufficialmente candidati e infatti nessuno dei due si è recato a perorare la propria causa presso gli elettori. Ma per chi ha voluto vedere in quella consultazione un'ulteriore prova dell'umore degli elettori americani, questa prova è che Perot continua a «tirare». Grazie al «write in», cioè alla pratica di aggiungere il nome del proprio candidato nella scheda che non lo contiene, il 18 per cento degli elettori democratici ha dato la propria preferenza a Ross Perot, mentre per Clinton ha votato solo il 5 per cento. La parte del leone, comunque, l'ha fatta il candidato «marxista leninista» Lyndon LaRouche, che si trova in prigione e che ha raccolto il 28 per cento dei consensi. In campo repubblicano, Bush ha fatto man bassa delle preferenze, con l'87 per cento dei voti espressi per lui, ma anche lì la pratica del «write in» ha indicato che quattro elettori su cento hanno aggiunto il nome di Perot, mentre un altro nove per cento ha votato per Pat Paulsen, un attore, e anche questa viene considerata una quota di voti destinata a un politico «non professionale». Insomma il «pericolo Perot» è più presente che mai, nonostante dovunque ci si sbracci per spiegare, appunto, quanto lui sia pericoloso. Fra qualche giorno, sarà il ventesimo anniversario del Watergate, più esattamente del suo primissimo atto: l'incursione degli «idraulici» nel quartier generale democratico, e un po' tutti celebrano la ricorrenza ricordandola come una delle vergogne dell'America ma anche come uno dei momenti di forza della sua democrazia. In fondo, si trattò della dimostrazione che in questa Paese il Presidente può essere deposto se' non rispetta la Costituzione. Mai data la presenza del fenomeno; Perot, quel «golpe strisciante» di. 20 anni fa viene messo in relazione a cosa mai potrebbe combinare quest'uomo se davvero la maggioranza degli elettori lo manderà alla Casa Bianca sulla base di quello che lui ha detto finora. Il minimo che ci si possa augurare, dicono quelli impegnati a rievocare le malefatte di Nixon, è di avere un Presidente che rispetti la Costituzione, ma Perot - nota per esempio Richard Cohen, uno dei principali commentatori del «Washington Post» - «mostra chiaramente di non averla mai letta, la Costitu¬ zione». La sua idea di decidere se aumentare o ridurre le tasse attraverso dei sondaggi elettronici da compiere con 1 ausilio della tv, per esempio, è qualcosa che non ha niente a che fare con la pratica democratica, senza contare che la Costituzione attribuisce al Congresso e a nessun altro il potere, appunto, di legiferare in campo fiscale. A suo tempo, Perot parlò di chiudere con dei recinti il ghetto nero di Dallas, la sua città, in modo da procedere a dei rastrellamenti casa per casa alla ricerca di armi illegali e di possibili spacciatori di droga. E anche questo non è precisamente una pratica democratica. Poi, discutendo del problema droga in modo più specifico, Perot dice che si tratta di una «guerra civile» e che quindi va combattuta come tale. Gli arrestati non devono avere garanzie, devono essere chiusi in campi di prigionia perché «questo problema può benissimo essere affrontato in termini strettamente militari». E il commento del citato Cohen è: «No, negli Stati Uniti d'America non si può». A suo tempo, è la conclusione, la reazione di Richard Nixon fu quella di tentare di licenziare quelli che indagavano per capire cosa esattamente fosse accaduto nel palazzo Watergate. Quale sarebbe la reazione di Perot se «un laccio legale gli stringesse il collo?». Franco Patita relli

Luoghi citati: America, Dallas, New York, North Dakota, Stati Uniti D'america