QUELL'ITALIA IN ARCHIVIO A MOSCA di Sergio Romano
QUELL'ITALIA IN ARCHIVIO A MOSCA STRATEGIA E RIVELAZIONI QUELL'ITALIA IN ARCHIVIO A MOSCA QUANDO presero il; potere nell'ottobre del 1917, i bolscevichi saccheggiarono gli archivi imperiali e pubblicarono tutto ciò che poteva nuocere al regime zarista. Oggi, a Mosca, la giustizia della storia vuole che l'arma si ritorca contro il suo inventore e che gli archivi servano a screditare il vecchio regime sovietico. Potremmo sorprenderci e indignarci per le rivelazioni di questi giorni soltanto se di quel regime ignorassimo le malefatte o avessimo qualche dubbio sulle sue ambigue collusioni internazionali. Ma non facciamoci troppe illusioni sulla possibilità di ricavare dalle carte di Poltoranin un quadro giudiziariamente esatto sui rapporti fra il pois, i partiti comunisti e altre forze politiche occidentali. A Mosca - sarebbe assurdo scandalizzarsene - non è in corso un'indagine della magistratura, ma una lotta di potere. Per conoscere i fatti in tutte le loro articolazioni, gli storici faranno bene ad attendere che la lotta sia finita. Ma nulla ci impedisce nel frattempo di porre alcune domande che ci concernono e di ricostruire per quanto possibile la strategia dell'Urss verso l'Italia nel corso degli ultimi anni. Capiremo meglio allora perché dalle carte di Mosca possano emergere informazioni sconcertanti sulla gamma delle complicità che il Gomitato centrale del partito comunista sovietico ha coltivato nel mezzo della società italiana. Vi fu certamente un periodo dopo la fine della guerra in cui l'unico interlocutore «accreditato» del regime sovietico in Italia fu il partito comunista italiano. Ma sin dalla fine degli Anni Cinquanta, e in particolare con la presidenza Gronchi,' i sovietici dovettero accorgersi che l'Italia «valeva una messa». Eravamo - e il fenomeno si è andato accentuando col passare del tempo - l'anello debole della catena occidentale, il «ventre molle» dell'Alleanza e il suo avamposto più vulnerabile. Per ragioni politiche ancor più che militari eravamo il Paese in cui l'impegno atlantico appariva, dall'alto del Cremlino, più evanescente e contesta- Sergio Romano CONTINUA A PAGINA 2 PRIMA COLONNA
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