Borse di pecari? Soltanto per il prezzo
Borse di pecari? Soltanto per il prezzo Le sorprese dopo la legge che obbligava a denunciare il possesso di pelli di animali protetti Borse di pecari? Soltanto per il prezzo E molte signore scoprono di avere comprato pezzi stampati «Borse di pecari? Generalmente si tratta di pelli di maiale importate dalla Russia, dato che quella dei porcelli nostrani, grazie a zamponi e affini, noi italiani ce la mangiamo». Nel laboratorioconceria dell'Istituto industriale del cuoio «Baldracco», il professor Giulio Pitton e il suo assistente Giovanni Agosto mettono in trappola 1'«eleganza zoologica» che la legge 150 ha riportato clamorosamente d'attualità. Selvatici protetti? Per il vocabolario della moda soprattutto «tinti», abituati a vender cara una pelle che non è la loro. Spiega il professor Pitton: «Accanto al pecari-maiale c'è il tapiro-fantasma, in quanto nella pelletteria viene ufficialmente definita tapiro non una bestia ma una lavorazione. Si prende una qualsiasi pelle, la si tinge prima con un colore chiaro e poi con uno più scuro, la si stampa e infine la si smeriglia, rischiarando i rilievi così ottenuti». Ed ecco pronto il «tapiro». Finto almeno quanto la cosiddetta renna. «Mai vista una pelle autentica. E anche in questo caso in piena legalità dato che viene considerata renna qualsiasi pelle scamosciata di vitello, capretto o montone. Come il termine iguana, anch'esso utilizzato non per l'omonimo animale ma per una lavorazione che ne imita le caratteristiche». E c'è di più. «Tutte le pelli stampate come quelle esotiche e così nobilitate, sono di "crosta", 10 strato sottostante e meno quotato della pelle. Quello esterno, viene invece utilizzato per abbigliamento di pregio». Al vertice dei prezzi e dei bluff 11 sontuoso coccodrillo che, secondo Giovanni Agosto, «ormai è falso nell'80 per cento dei casi». Precisa il professor Pitton: «Nella migliore delle ipotesi si tratta di coccodrilli allevati in America con quotazioni altissime: 70 mila lire ogni centimetro di pelle grezza misurato sulla larghezza ventrale dell'animale». E nel caso peggiore? «Sono anonime croste stampate, riconoscibili dal marchio "cocco"». Se eventuali fodere non lo nascondono. «Ho esaminato borse di falso coccodrillo che, per far risaltare le squame stampate, nascondevano una sottostante intelaiatura di sostegno. Senza contare certe mediocri lavorazioni a base di zampe oppure di pelli autentiche sezionate orizzontalmente: il primo strato con le sue vere scaglie; quello inferiore, con le squame ottenute artificialmente, venduto caro come il primo col pretesto che sempre di coccodrillo si tratta». Possibili rimedi? «L'unico sta nell'analizzare un lembo della pelle al microscopio, come ci hanno chiesto alcuni negozianti tra i più rinomati del settore scoprendo, senza Colpe, inimmaginabili bluff. Lo- g'co invece che le signore, di onte alla prospettiva di intaccare una borsetta che supera i sei o sette milioni, salomonicamente preferiscano conservare intatti dubbi e borsa». Luisella Re Sono rare le vere peli di tapiro Sono rare le vere peli di tapiro
Persone citate: Baldracco, Giovanni Agosto, Giulio Pitton, Luisella Re, Pitton
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