Incidenti troppe volte le cause sono ignote di Piero Casucci
Incidenti, troppe volte le cause sono ignote Traffico e sicurezza, nodi da sciogliere Incidenti, troppe volte le cause sono ignote Nella rete autostradale ilproblema riguarda più del 50 per cento dei casi Si parla di incidenti stradali soprattutto in determinate occasioni: festività, ponti, esodi estivi, quando la nebbia rende precaria la visibilità o se il sabato sera accadono tragedie che coinvolgono i giovani. Ma gli incidenti avvengono ogni giorno secondo un rituale al quale ci siamo purtroppo assuefatti. E, quel che è peggio, sono in continuo aumento. Gli ultimi dati diffusi dall'Istituto centrale di statistica testimoniano che nel 1991 ne sono avvenuti 167.866 ( + 3,8% rispetto al 1990) con 232.781 feriti ( + 5,3%) e 7344 morti ( + 10,9%). Si tratta di cifre allarmanti che non trovano riscontro in altri Paesi, e men che mai, ad esempio, in Gran Bretagna dove i sinistri sono in costante diminuzione. Un'analisi delle cause, fin dove è possibile, non può che partire dalle autostrade, le quali sembrano tuttavia le meno indiziate. Infatti gli incidenti mortali che vi si registrano sono costantemente diminuiti negli anni. Secondo i dati forniti tiall'Aiscat (Associazione italiana società concessionarie autostrade e trafori) dal 1966 al 1991 si è passati da un tasso di mortalità di 4,05 per ogni 100 milioni di veicoli-chilometro a 1,28 nel 1991. Solo nel 1989 si registrò un tasso inferiore (1,24). Eppure il traffico in autostrada ha subito un incremento notevolissimo in questi ultimi anni. L'anno scorso sì sono superati i 53 milioni di veicolichilometro (limitatamente ai soli tronchi in concessione oggetto di rilevamento continuo). L'aumento del traffico non è soltanto da mettere in relazione con la maggiore mobilità ma con la tendenza a evitare l'attraversamento di agglomerati urbani che lo sviluppo economico e sociale registrato in questi ultimi anni ha creato. Ciò risulta evidente dal fatto che oggi il 60% dei transiti autostradali sono limitati a percorrenze di appena 50 chilometri. Al tasso di mortalità di 1,28, apparentemente «soddisfacente», corrispondono pur sempre 683 morti di cui 538 relativi a incidenti che hanno coinvolto veicoli leggeri e 145 veicoli pesanti. L'Aiscat fornisce anche una classificazione dalla quale dovrebbero emergere le principali cause dei sinistri ma essa in effetti è troppo generica per trarne indicazioni utili. Così il 56% della sinistrosità viene attribuito a «cause imprecisate». Significa che oltre il 50% degli incidenti che avvengono in autostrada sono avvolti nel mistero quanto alla loro dinamica. Nemmeno la non osservanza della distanza di sicurezza sembra essere una causa determinante, come si sarebbe portati a credere, perché limitata al 12,53% delle cause accertate. Le strade ordinarie sono presumibilmente le più temibili ai fini della sicurezza. Nel corso degli anni hanno subito importanti aggiornamenti (allargamento delle carreggiate, correzioni di tracciati, eliminazione degli attraversamenti urbani mediante circonvallazioni) ma le modifiche non appaiono adeguate al crescere della circolazione motorizzata. Un forte aumento della sinistrosità si registra anche nelle strade urbane, in cui gli incidenti sono spesso mortali perché coinvolgono in primo luogo pedoni e utenti di veicoli a due ruote. Il pedone è veramente alla mercè di tutti. La conclusione è amara. I circa 10 mila morti (a tanti si arriva se si tiene conto dei decessi che avvengono oltre il settimo giorno dall'incidente e che le statistiche non considerano) e gli oltre 230 mila feriti rappresentano un tributo intollerabile alla motorizzazione. Il problema, magra consolazione, non è soltanto italiano. Nel 1988 (ultimi dati ufficiali disponibili) nei 12 Paesi della Comunità europea sono andate perdute 48 mila vite in incidenti stradali. Piero Casucci
Luoghi citati: Gran Bretagna
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