Amici e nemici di Livio Zanetti

Amici e nemici Amici e nemici Disinformati, pettegoli, inutili (ma chi non legge alzi la mano) GIULIO Anselmi. Ha trasformato i giornali in oggetti di informazione. Da un lato è una bella trova ta editoriale, dall'altro è un'opera di giustizia perché elimina il privilegio di scrivere degli altri senza reciprocità. Corrado Augias. Il giornalismo sul giornalismo al quadrato rischia di mettere al quadrato gli errori della categoria. Piero Badaloni. Uno strumento prezioso per capire veramente al di là dei linguaggi rituali della comunicazione, in un momento in cui purtroppo tutto si sta novelladuemilizzando. Enzo Biagi. Ha rappresentato all'inizio qualcosa di giusto, ma poi, forse, si è un po' guastata. Andrea Barbato. Inutile agli addetti, agli altri poi... Ho smesso di leggerla, è una rivista sbagliata: parla di alcuni e non di altri. Mai della vera vita di giornale. Francesco Damato. Pettegolezzi, non notizie. Cerco di leggerla il meno possibile per conservare alta la mia concezione della categoria. E Prima non contribuisce certo a farla crescere. Strumento di lotte interne. Myriam De Cesco. E' invecchiata, 20 anni pesano molto, troppe inesattezze. Segue la strada dell'«a chi giova?». Una rivista più divertente per far dispetti che informazione. Vittorio Feltri. E' come le sigarette: dico sempre che ne posso fare a meno, che qualche volta mi danno persino la nausea. Ma poi finisco sempre per farmi fuori tutto il pacchetto. Giuliano Ferrara. La detesto. Considero insultante, degradante per la categoria, avere un giornale che fa del pettegolezzo pilotato uno strumento. Massimo Fini. E' il giornale del pettegolezzo giornalistico: non la leggo da molto per una sorta di ecologia mentale. Andrea Monti. Fingo di non leggerlo (quando parla di me) per non farmi del male, più spesso per non pensare male degli altri. In ogni caso è un giornalismo un po' forzato. Giampiero Mughini. E' una rivista un po' onanistica, di chi guarda il giornalismo altrui e si eccita. Auguri comunque di compierne altri 20 di anni. Piero Ottone. Non sempre credibile, talvolta faziosa, poco attendibile, utile senz'altro, si legge sempre: speriamo che da domani diventi anche credibile. Gianfranco Piazzesi. Non so che dire, non mi interessa. Che mi importa leggere lì chi sarà il nuovo direttore di un giornale? Non me ne frega niente. Ammetto di aver guardato qualche volta l'indice dei nomi, e se c'ero ho letto quel che sidiceya dime1:.^ Mario Pirani. Al di là delle inevitabili malignità, ha una funzione di informazione. E' tanto ampia la problematica dei mass media che l'intuizione si è rivelata vincente, con un'attenzione non conformista a quel che avviene nel settore. Claudio Rinaldi. La leggo sempre, sperando di trovare qualche indicazione su quando sbaglio nel mio lavoro, ma... Alberto Ronchey. Non la vedo da 15 anni. Sarebbe scorretto dare giudizi. Michele Santoro. Tutto quel che esiste ha una ragione d'essere. Se c'è, Prima risponde a un'esigenza. La leggevo con più piacere negli Anni 70. Ora la trovo meno interessante. Saverio Vertone. Confesso la mia quasi totale ignoranza. Avrò letto due articoli in tutta la vita. Il tempo è poco, bisogna scegliere come usarlo... Bruno Vespa. Nel bene e nel male è un giornale di cui non si può fare a meno. Livio Zanetti. E' utile per gli addetti, stimolante per i non, apre squarci sul mondo giornalistico, mostrandolo simile al mondo del teatro. E' suggestivo per il lettore lontano dalle redazioni. [s. c]